Esonero imposta su liberalità indirette tra genitori e figli

Chiara Schena 22/03/24
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La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 7444 del 2024, ha chiarito alcuni aspetti relativi all’esonero dell’imposta sulle liberalità indirette tra genitori e figli.

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Corte di Cassazione-sez. tributaria- sent. n. 7442 del 20-03-2024

Indice

1. La questione


 Un nipote aveva ricevuto, tramite bonifico bancario, un trasferimento di denaro e titoli dallo zio paterno. Quest’operazione era stata successivamente oggetto di una procedura di collaborazione volontaria, durante la quale era emerso un valore totale di € 816.116,14. Nonostante il beneficiario avesse inizialmente accettato il trasferimento, era stata successivamente depositata una dichiarazione presso un notaio in Svizzera, con la quale tale liberalità veniva rifiutata, lasciando l’oggetto del trasferimento nella piena e assoluta disponibilità dello zio paterno.
L’Agenzia delle Entrate aveva interpretato il trasferimento come una donazione indiretta, soggetta quindi all’imposta sulle donazioni, emettendo un avviso di liquidazione per omesso pagamento dell’imposta stessa nella misura di € 65.289,00. In particolare, l’Agenzia aveva qualificato una simile operazione bancaria come donazione indiretta.
Il ricorrente contestava l’applicazione dell’imposta, argomentando che l’operazione non avrebbe dovuto essere considerata una donazione, dato che era priva della forma pubblica, e inoltre sosteneva che la sua successiva rinuncia alla liberalità avrebbe dovuto escludere il trasferimento dal campo di applicazione dell’imposta sulle donazioni.

Il principale motivo di ricorso

Il ricorrente ha evidenziato l’errore del giudice distrettuale nel considerare valida una liberalità affetta da nullità. Tale interpretazione si basa sugli artt. 762, 782 e 809 c.c., connessi agli articoli 1852 e 1834 c.c. nonché agli articoli 55 e 59 del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 69 della l. 21 novembre 2000, n. 342, e 2, commi da 47 a 53. In particolare, il ricorrente ha ritenuto che la liberalità in questione non avrebbe potuto costituire il presupposto per un’obbligazione tributaria.

3. Trasferimento di strumenti finanziari tramite bonifico bancario


La Sezioni Tributaria ha analizzato i motivi di ricorso partendo dall’arresto giurisprudenziale delle Sezioni Unite Civili, le quali hanno chiarito che il trasferimento di strumenti finanziari tramite bonifico bancario da un conto titoli del donante a quello del donatario non costituisce una donazione indiretta, ma piuttosto una donazione tipica, soggetta alla forma dell’atto pubblico, a meno che non sia di valore modico.
Tale interpretazione è stata confermata anche dalla Sezione Tributaria, che ha riconosciuto che la donazione di denaro depositato su un conto corrente tramite bonifico bancario ha implicazioni fiscali distinte.
Altresì, è stato precisato che l’ordine di bonifico è considerato un negozio giuridico unilaterale, vincolante grazie alla dichiarazione di volontà della banca di eseguire gli incarichi del cliente. Tale ordine, limitato alla banca e all’ordinante, configura una delegazione di pagamento verso il beneficiario. Al di là della mera qualificazione giuridica, è rilevante sia l’intenzione del donante e del donatario di aumentare il patrimonio del beneficiario, sia l’effettivo trasferimento di ricchezza sul conto del beneficiario.
Con l’inserimento dell’art. 56-bis nel d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, mediante l’art. 69, comma 1, lett. p) della legge 21 novembre 2000, n. 342, il legislatore ha introdotto una regolamentazione per le “liberalità diverse dalle donazioni”. Questa normativa coinvolge una vasta gamma di comportamenti e documenti che, pur non configurando necessariamente contratti scritti, possono comunque comportare trasferimenti di ricchezza. Si è così delineata una distinzione tra donazioni formali, che richiedono una stipula in forma pubblica, e donazioni indirette, che possono derivare da vari tipi di atti e comportamenti.

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4. L’articolo 56-bis del d.lgs. n. 346 del 31 ottobre 1990


L’articolo 56-bis, comma 1, del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, permette all’amministrazione finanziaria di accertare l’esistenza di tali liberalità durante un’attività di controllo delle imposte sui redditi, a condizione che la natura liberale dell’attribuzione patrimoniale gratuita emerga da dichiarazioni esplicite del contribuente e che sia superata una determinata soglia di rilevanza fiscale. Questa norma regola l’emersione di specifiche situazioni positive, volendo il legislatore incentivare l’autodichiarazione del contribuente e limitare l’esercizio del potere di accertamento dell’amministrazione finanziaria, ancorandolo alla ricorrenza di determinati presupposti.
Le liberalità sono state soggette a tassazione quando l’interessato ha dichiarato la loro presenza durante procedimenti fiscali, se il loro valore superava le franchigie attualmente in vigore: € 1.000.000,00 per il coniuge e i parenti in linea retta, € 100.000,00 per fratelli e sorelle, € 1.500.000,00 per persone con disabilità. Nei casi in cui non fossero previste franchigie, l’imposta è applicata sull’intero importo della liberalità, senza alcun limite di franchigia.

5. Argomentazioni della Corte


La Sezione Tributaria ha, inoltre, chiarito che le “dichiarazioni fatte dall’interessato nell’ambito dei procedimenti diretti all’accertamento dei tributi“, che devono attestare l’esistenza di tali donazioni, possono essere presentate sia dal donante che dal beneficiario, poiché entrambe le parti hanno un interesse comune nel dichiarare la liberalità. Pertanto, anche la richiesta di usufruire della procedura di collaborazione volontaria per la divulgazione e il recupero di capitali detenuti all’estero, come previsto dall’articolo 5-quater del d. l. 28 giugno 1990, n. 167, può essere utile a questo scopo, specialmente se la donazione riguarda “attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute al di fuori del territorio nazionale” che sono state spontaneamente divulgate a seguito di una violazione degli obblighi di dichiarazione previsti dall’art. 4, comma 3, del decreto legge 28 giugno 1990, n. 167.

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6. I principi di diritto sull’esonero dall’imposta


I principi giuridici fondamentali sanciti dalla Cassazione sono i seguenti:
 
1. Nel contesto dell’imposta sulle donazioni, l’articolo 56-bis, comma 1, del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, stabilisce che le donazioni che non rientrano nella tipologia standard, ossia quelle che comportano un arricchimento per il beneficiario a spese del donante senza l’utilizzo della forma solenne del contratto di donazione previsto dal codice civile, sono soggette a imposta. Questa imposta, con un’aliquota dell’8%, si applica solo se il valore della donazione supera le attuali franchigie stabilite: € 1.000.000 per coniuge e parenti in linea retta, € 100.000 per fratelli e sorelle, € 1.500.000 per persone portatrici di handicap.
2. Riguardo all’imposta sulle donazioni, la dichiarazione richiesta dall’articolo 56-bis, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, per l’accertamento e la tassazione delle donazioni non standard (come ad esempio i trasferimenti informali di denaro da conti esteri a favore di beneficiari italiani), può essere presentata sia dal beneficiario che dal donante. Tale dichiarazione può anche essere utilizzata per avvalersi della procedura di collaborazione volontaria al fine di regolarizzare i capitali detenuti all’estero, soprattutto quando tali capitali emergono spontaneamente a seguito di una violazione degli obblighi di dichiarazione previsti dalla legge.

7. Conclusioni


In definitiva, la sentenza stabilisce che se il trasferimento avvenuto tramite bonifico bancario non rispetta i requisiti formali di una donazione tipica (come la formalizzazione attraverso un atto pubblico), non è soggetto all’imposta sulle donazioni, a meno che non rientri nelle eccezioni previste per le donazioni di valore modico.

Chiara Schena

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