Esami di avvocato, la prova scritta non si annulla se il plagio non è significante

Redazione 15/06/11
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È illegittimo l’annullamento per copiatura delle prove scritte degli esami di abilitazione alla professione di avvocato, ex art. 23, ultimo comma, R.D. 37/1934, se, a seguito della comparazione fra l’elaborato e il testo non ammesso a consultazione, non si riscontri alcuna sovrapponibilità delle parti iniziali, né si rinvengano, nel corso dello sviluppo espositivo dell’elaborato periodi uguali di qualche estensione e autonomamente significanti.

In tali termini si è pronunciata la quarta sezione del Consiglio di Stato, nella sentenza del 10 giugno 2011 n. 3515 (di annullamento della sentenza n. 731/2011 del Tar Campania concernente l’esclusione dalla procedura relativa all’esame per l’abilitazione forense).

Il succitato art. 23 del regio decreto, si ricorda, prevede l’obbligo della commissione esaminatrice di annullare la prova, nel caso in cui accerti che il lavoro sia in tutto o in parte copiato da altro lavoro o da qualche pubblicazione. Tale norma di immediata valenza precettiva è volta a garantire l’originalità del prodotto intellettuale del candidato quale elemento rivelatore del grado di maturità e di preparazione richiesto per assolvere le prove concorsuali (così Cons. Stato, sez. VI, 9 aprile 2010 n. 2440).

Già in altre occasioni i giudici di palazzo Spada hanno avuto modo di argomentare che la disposizione in esame può dirsi violata (e quindi ricorre un’ipotesi di plagio) non solo quando emerga una riproduzione fedele del testo non ammesso a consultazione, ma anche qualora si riscontri un’impostazione del tema, o di parte di esso, che costituisca un’imitazione, con carattere pedissequo e fraudolento, del testo assunto a parametro di confronto, tale da escludere ogni autonoma rielaborazione del candidato (Cons. Stato, sez. VI, 6102/2008; 2440/2010).

Ebbene, nel caso in esame, si è ritenuto di poter accogliere l’appello in quanto si è rilevata l’erroneità del presupposto dell’annullamento della prova, dedotta in primo grado, sostenendo i giudici di non esservi, in concreto, le palesi ed inequivoche forme di copiature integrali addotte dalla commissione esaminatrice. (Lilla Laperuta)

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