Emozioni e stress

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Le emozioni fino a tempi recenti sono state ignorate dalla letteratura negli ambienti di lavoro come se fossero ad essi estranei (Fineman), la loro problematicità ha indotto a non affrontarle limitando l’attenzione a precisi settori come le motivazioni, più facilmente determinabili e controllabili.

Coon ha individuato delle “emozioni primarie” che combinandosi fra loro generano “emozioni complesse”, le prime sono individuate nella:

  • rabbia;

  • disgusto;

  • tristezza;

  • sorpresa;

  • paura;

  • accettazione;

  • gioia;

  • anticipazione;

le seconde nel:

  • contemp (rabbia + disgusto);

  • rimorso (disgusto + tristezza);

  • disappunto (tristezza + sorpresa);

  • awe (sorpresa + paura);

  • sottomissione (paura + accettazione);

  • amore (gioia + accettazione);

  • ottimismo (gioia + anticipazione);

  • aggressività (anticipazione + rabbia).

Le emozioni sono qualcosa di primitivo e profondo, reazioni spontanee del mondo interno di fronte alle emergenze e agli imprevisti del mondo esterno sulla base dell’asse piacere / dispiacere, come tali sono considerate i “precursori dei sistemi motivazionali” nate dalle “discrepanze rispetto ai piani, alle mete e agli obiettivi”; le motivazioni al contrario sono “combinazioni più complesse, relativamente stabili, risultanti da combinazioni e trasformazioni di effetti e rappresentazioni sul piano del comportamento” secondo un asse possibilità / impossibilità (Pilati,Tosi).

Le emozioni, quale espressione della “mente emotiva”, vengono a influenzare la “mente razionale” nell’elaborazione dei pensieri e delle azioni (Legrenzi), questo comporta nei contesti lavorativi il manifestarsi destrutturato e individuale (emozioni sul lavoro), collegato alla personalità, di atteggiamenti e percezioni favorevoli o sfavorevoli alla cooperazione, circostanza che induce a determinare i modi (lavoro emozionale) per cui, mediante ruoli e task organizzativi, si controllano e gestiscono le reazioni emozionali volgendole a favore dell’organizzazione (Hochscild), d’altronde lo sforzo di controllare le emozioni può essere fonte di un notevole stress da cui nasceranno strategie individuali di difesa mediante ad esempio risposte codificate e distanza emotiva.

La caduta delle tensioni ideologiche, che si risolvevano in speranze collettive, indebolisce l’ordine dei valori che sorreggono la società con una possibile scelta, anche se difficilmente realizzabile, di alternative, sì che al venire meno di una disciplina emozionale ideologica si affianca la frustrazione tra il desiderio progettuale e la sua reale fattibilità.

Nei processi di individualizzazione si esasperano soggettività e narcisismo in funzione della crescita economica, attraverso consumi che dalla dichiarata massificazione si evolvono in un “personalismo massificato” il quale porta comportamenti narcisistici e individualistici nei quali le difficoltà di stabili e profondi rapporti relazionali si risolvono in acquisizioni di oggetti materiali e simbolici riferiti al Sé.

Bauman sottolinea che “…, l’appartenenza a una entità può essere condivisa e praticata simultaneamente all’appartenenza ad altre entità, in quasi tutte le combinazioni, senza provocare necessariamente una condanna o misure repressive di alcun genere. La conseguenza è che i legami hanno perso gran parte dell’intensità che possedevano un tempo.” (23 – 24), si generano quindi “fedeltà parallele” nello stesso momento, con lealtà parziali non percepite né come tradimento, né come slealtà.

L’altruismo è d’altronde parte propria dell’uomo quale membro di un gruppo in competizione con gli altri gruppi, tanto che l’egoismo individuale può venire a combaciare con l’egoismo dell’individuo quale parte del gruppo, si che il beneficio dell’individuo stesso coincide con un beneficio di gruppo (Pievani), questa circostanza può accrescere lo stress dell’individualista che estremizzi narcisisticamente il proprio agire.

L’emotività con cui si percepiscono e si affrontano gli induttori sociali dello stress ne aumentano l’effetto, solo il senso di controllo e la possibilità di sfogare l’angoscia ne diminuiscono l’impatto (Sapolsky).

Lo stress insorge quando una persona “si trova ad affrontare situazioni che richiedono risorse interne o esterne superiori a quelle che ritiene di avere” (Pilati, Tosi), esso da fattore di allerta e concentrazione se prolungato nel tempo fino ad esaurire le risorse individuali si risolve in malessere e cattive performance.

Se alcuni si fanno sopraffare dallo stress, altri reagiscono con meccanismi di coping (modalità con cui si elaborano le cause di stress in termini di una possibile “ricostruzione cognitiva positiva”) che permettono di controllare lo stato di tensione e i suoi riflessi fisiologici, psicologici e comportamentali, mentre nell’ipotesi opposta si può arrivare al rischio di riuscire ad operare solo in stato di tensione adrenalinica.

La valutazione delle situazioni stressanti come sfida migliora la motivazione, invertendo il processo di distruzione della cooperazione nel gruppo che si può innescare con comportamenti aggressivi eccessivamente competitivi, i quali a loro volta potrebbero risolversi nel rifiuto del gruppo con il conseguente allontanamento.

Lo stress lavorativo è pertanto una percezione del sé in rapporto con gli altri e il proprio ruolo all’interno del gruppo, a questo si aggiunge la resistenza fisica individuale, nonché la percezione di potere controllare i fattori esterni (locus of control ), anche in termini di conoscenze esperenziali, tutte circostanze che permettono a loro volta un possibile maggiore controllo dello stress.

Questi è spesso il risultato di un accumulo di fattori sì che difficilmente si può pensare di superarlo con un’unica azione, spesso è necessario agire su più aree con assorbimento di risorse e aiuti esterni, d’altronde individuarne le cause e accettarle può essere un notevole sforzo per il singolo. Tempo a disposizione, problemi relazionali, capacità di autocontrollo, sono tutti fattori che agiscono sullo stress, come del resto le capacità comunicative e relazionali, le quali si risolvono anche in una capacità di riconoscere i fattori e le dinamiche di stress che si sviluppano negli altri, approccio fondamentale per sviluppare una leadership valida, capace di formare un team collaborativo e responsabile (Cooper – Cartwright).

Bibliografia

  • H. L. Tosi- M. Pilati, Comportamento organizzativo, Egea, 2008;

  • AA.VV., L’azienda globale, Vol. I, Boroli ed., 2006;

  • S. Fineman, Emotion in Organizations, Sage Pubblications, London, 1993;

  • D. C. Coon, Essentials of Psychology, St. Paul, West Publishing, 1991;

  • P. Legrenzi, La mente, Il Mulino, 2006;

  • P. Legrenzi, Razionalità: economia e psicologia, in Rivista Italiana degli Economisti, 43-60, 2005;

  • A. R. Hochschild, The managet heart, Berkeley U. C. Press, 1983;

  • T. Pievani, Le ragioni dell’altruismo, in Le Scienze, 11/2009;

  • M. R. Sapolsky, Lo stress in natura, in Le Scienze, 66-72, 3/1990;

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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