Diversità fatto da oggetto imputazione: effetti atti precedenti

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Nell’ipotesi in cui sia accertata diversità del fatto rispetto all’oggetto dell’imputazione, atti interruttivi o sospensivi della prescrizione, verificatisi prima, non hanno nessun effetto.
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Indice

1. La questione


La Corte di Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, parzialmente riformava una sentenza con cui il G.u.p. del Tribunale di Nuoro aveva condannato uno degli imputati per il delitto di appropriazione indebita, assolvendo, invece, l’altro dalla medesima imputazione.
Ciò posto, avverso il provvedimento emesso dai giudici di seconde cure, il difensore dell’imputato condannato, oltre che il legale di quello assolto, proponeva ricorso per Cassazione il quale deduceva, tra i motivi ivi addotti, violazione della legge penale, in riferimento agli artt. 157,158,159,161 cod. pen. e 129 cod. proc. pen., nonché vizio della motivazione (reputata contraddittoria e manifestamente illogica) con riguardo all’accertamento del termine di prescrizione del reato contestato.


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2. La soluzione adottata dalla Cassazione


La Suprema Corte riteneva il motivo summenzionato fondato.
In particolare, gli Ermellini osservavano che il provvedimento di restituzione degli atti all’ufficio del P.M. (con il conseguente nuovo esercizio dell’azione penale) segna il confine oltre il quale gli eventi realizzatisi anteriormente, e che avrebbero influito sul corso della prescrizione (interruzioni e sospensioni), non possono spiegare alcun effetto, e ciò per la duplice ragione della diversità del fatto, oggetto dei distinti procedimenti, e della corrispondenza che deve sussistere tra il fatto di reato e il procedimento con il quale viene accertata la responsabilità per quello specifico fatto, al fine di valutare la progressione del termine di prescrizione e gli effetti delle eventuali cause di interruzione o sospensione del relativo corso, rilevandosi al contempo come sia nozione ormai condivisa nella giurisprudenza di legittimità quella che definisce gli effetti del provvedimento ex art. 521, comma 2, cod. proc. pen. in termini di propulsione per l’esercizio dell’azione penale in ordine al diverso fatto che sia emerso, anche nel corso e all’esito del giudizio abbreviato.
In effetti, secondo le indicazioni delle Sezioni unite, che hanno affrontato il tema dei poteri riconosciuti al giudice dell’udienza preliminare,  rilevano unicamente la diversità del fatto storico rispetto alla sua descrizione contenuta nella richiesta di rinvio a giudizio, la corretta progressione processuale prevede prima la sollecitazione rivolta al P.M. ad integrare l’atto d’imputazione e, in assenza dell’adempimento a tale invito da parte del P.M., e la restituzione degli atti che, a sua volta, determina “la regressione del procedimento onde consentire il nuovo esercizio dell’azione penale in modo aderente alle effettive risultanze d’indagine” (Sez. Unite, n. 5307 del 20/12/2007, dep. 2008, che precisò come in tal caso la restituzione degli atti deve considerarsi legittima in virtù dell’applicazione analogica dell’art. 521, comma 2, cod. proc. pen.; nello stesso senso, tra le più recenti, Sez. 3, n. 8078 del 10/10/2018), tenuto conto altresì del fatto che l’adozione del provvedimento ex art. 521, comma 2, cod. proc. pen. risponde, altresì, alla necessità logica di impedire l’insorgere dell’ostacolo del precedente giudicato, ove si dovesse pronunciare sentenza assolutoria rispetto all’originaria imputazione (Sez. 6, n. 37626 del 25/06/2019; Sez. 5, n. 34555 del 22/04/2010; Sez. 6, n. 9743 del 21/01/2004) il che, ad avviso del Supremo Consesso, conferma ulteriormente l’autonomia dell’esercizio dell’azione penale, rispetto al fatto così come rilevato dal giudice che emette il provvedimento ex art. 521, comma 2, cod. proc. pen.
Del resto, sempre per la Suprema Corte, gli effetti della sospensione del corso della prescrizione sono rigidamente regolati dalla legge, che non consente l’estensione soggettiva dell’effetto sospensivo oltre il processo in cui sia stata esercitata l’azione penale (arg. ex art. 161, comma 2, cod. pen.: Sez. 4, n. 50303 del 20/07/2018; Sez. F, n. 49132 del 26/07/2013) e condiziona l’estensione di quegli effetti alla medesimezza del fatto di reato oggetto dei diversi processi (Sez. 6, n. 3977 del 14/01/2010; Sez. 5, n. 31695 del 07/06/2001; Sez. 4, n. 8316 del 11/06/1982).
I giudici di piazza Cavour, di conseguenza, alla stregua delle considerazioni sin qui esposte, giungevano a formulare il seguente principio di diritto: “nell’ipotesi in cui il processo non si concluda con provvedimento decisorio, dovendo esser emesso per l’accertata diversità del fatto rispetto all’oggetto dell’imputazione provvedimento di restituzione ai sensi dell’art. 521, comma 2, cod. proc. pen., il conseguente nuovo esercizio dell’azione penale da parte del P.M. segna il confine oltre il quale gli eventi realizzatisi anteriormente, e che avrebbero influito sul corso della prescrizione perché costituenti cause di interruzione e sospensione della prescrizione, non possono spiegare alcun effetto perché il fatto, oggetto dei distinti procedimenti, è diverso rispetto a quello per il quale è stata in precedenza esercitata l’azione penale e in relazione al quale il corso della prescrizione ha subito eventuali interruzioni o sospensioni, difettando così la corrispondenza che deve sussistere tra il fatto di reato e il procedimento con il quale viene accertata la relativa responsabilità, al fine di valutare la progressione del termine di prescrizione e gli effetti delle eventuali cause di interruzione o sospensione del relativo corso”.
Orbene, applicando siffatto principio di diritto alla fattispecie in esame, considerando l’epoca del commesso reato, come indicata nell’imputazione e accertata dalle sentenze di merito, nell’epoca più recente dell’ottobre 2013, la Cassazione riteneva come il termine massimo di prescrizione fosse maturato, computando il periodo di sospensione ex art. 83, comma 4, d.l. 18/2020, convertito nella L. 24 aprile 2020, n. 27, il 4 giugno 2021, in epoca anteriore alla pronuncia della Corte di Appello.

3. Conclusioni


La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito che, nell’ipotesi in cui sia accertata diversità del fatto rispetto all’oggetto dell’imputazione, atti interruttivi o sospensivi della prescrizione, verificatisi prima, non sortiscono alcun effetto.
Si afferma difatti in tale pronuncia, come appena visto, il principio di diritto secondo il quale, nell’ipotesi in cui il processo non si concluda con provvedimento decisorio, dovendo esser emesso per l’accertata diversità del fatto rispetto all’oggetto dell’imputazione provvedimento di restituzione ai sensi dell’art. 521, comma 2, cod. proc. pen., il conseguente nuovo esercizio dell’azione penale da parte del P.M. segna il confine oltre il quale gli eventi realizzatisi anteriormente, e che avrebbero influito sul corso della prescrizione perché costituenti cause di interruzione e sospensione della prescrizione, non possono spiegare alcun effetto perché il fatto, oggetto dei distinti procedimenti, è diverso rispetto a quello per il quale è stata in precedenza esercitata l’azione penale e in relazione al quale il corso della prescrizione ha subito eventuali interruzioni o sospensioni, difettando così la corrispondenza che deve sussistere tra il fatto di reato e il procedimento con il quale viene accertata la relativa responsabilità, al fine di valutare la progressione del termine di prescrizione e gli effetti delle eventuali cause di interruzione o sospensione del relativo corso.
È dunque sconsigliabile, perlomeno alla luce di questo approdo ermeneutico, considerare al contrario siffatti eventi, come cause di interruzione e sospensione della prescrizione, ove si verifichi una situazione processuale di questo genere.
Ad ogni modo il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché prova a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il profilo giurisprudenziale, non può che essere che positivo.

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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