Correlazione tra imputazione e sentenza: quando muta il fatto?

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Quando si ha mutamento del fatto in materia di correlazione tra imputazione contestata e sentenza

     Indice 

  1. La questione
  2. La soluzione adottata dalla Cassazione
  3. Conclusioni

(Riferimento normativo: Cod. proc. pen., art. 521)

1. La questione

La Corte di Appello de L’Aquila confermava una decisione del Tribunale di Teramo il quale, a sua volta, aveva condannato l’imputato alla pena ritenuta di giustizia per il reato di cui all’art. 481 cod. pen., in relazione all’art. 29, comma 3, d.P.R. n. 380 del 2001.

Ciò posto, avverso il provvedimento summenzionato proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato che, tra i motivi addotti, deduceva la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., in relazione all’art. 521 cod. proc. pen., per violazione del principio di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, sostenendosi come la Corte di merito avrebbe erroneamente rigettato il motivo di appello incentrato sulla violazione dell’art. 521 cod. proc. pen., atteso che il Tribunale aveva ravvisato la penale responsabilità per un fatto diverso da quello contestato nel capo di imputazione.


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2. La soluzione adottata dalla Cassazione

Il Supremo Consesso stimava il motivo summenzionato infondato alla stregua di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale, in tema di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto, con conseguente violazione dell’art. 521 cod. proc. pen., occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa e, di conseguenza, l’indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va di conseguenza esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale tra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l’iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione (S.U., 17 maggio 2010 n. 36551).

La nozione strutturale di “fatto“, contenuta nelle disposizioni di cui agli artt. 521 e 522 cod. proc. pen., per i giudici di piazza Cavour, va perciò coniugata con quella funzionale, fondata sull’esigenza di reprimere solo le effettive lesioni del diritto di difesa, posto che il principio di necessaria correlazione tra accusa contestata (oggetto di un potere del pubblico ministero) e decisione giurisdizionale (oggetto del potere del giudice), risponde all’esigenza di evitare che l’imputato sia condannato per un fatto, inteso come episodio della vita umana, rispetto al quale non abbia potuto difendersi (Sez. 1, 18 giugno 2013 n. 35574; Sez. 4, 15 gennaio 2007 n. 10103).

3. Conclusioni

La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito quando si ha mutamento del fatto in materia di correlazione tra imputazione contestata e sentenza.

Si afferma difatti in tale pronuncia, lungo il solco di un pregresso orientamento nomofilattico, che, in tema di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto, con conseguente violazione dell’art. 521 cod. proc. pen., occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa dal momento che la nozione strutturale di “fatto“, contenuta nelle disposizioni di cui agli artt. 521 e 522 cod. proc. pen., va coniugata con quella funzionale, cioè quella fondata sull’esigenza di reprimere solo le effettive lesioni del diritto di difesa, posto che il principio di necessaria correlazione tra accusa contestata (oggetto di un potere del pubblico ministero) e decisione giurisdizionale (oggetto del potere del giudice), risponde all’esigenza di evitare che l’imputato sia condannato per un fatto, inteso come episodio della vita umana, rispetto al quale non abbia potuto difendersi.

Tale provvedimento, pertanto, deve essere preso nella dovuta considerazione ogni volta si debba appurare se ricorra (o meno) questo mutamento del fatto.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il profilo giurisprudenziale, dunque, non può che essere positivo.

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