Quando ricorre il requisito delle disagiate condizioni economiche richiesto dall’art. 6 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115. Per l’approfondimento sugli aspetti processuali della vicenda rimandiamo al volume: Formulario Annotato del Processo Penale dopo la Riforma Cartabia
Indice
1. La questione: remissione del debito per disagiate condizioni
Il Magistrato di sorveglianza di Milano respingeva una opposizione avverso un provvedimento di rigetto della richiesta di remissione del debito in relazione ad una cartella esattoriale relativa a spese processuali in relazione ad una sentenza di condanna emessa dalla Corte di Appello di Milano.
Ciò posto, avverso questo provvedimento il difensore dell’istante proponeva ricorso per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, costui deduceva vizio di violazione di legge e difetto di motivazione in quanto, a suo avviso, il Magistrato non aveva tenuto conto come il debito fosse particolarmente elevato e che, alla luce delle condizioni economiche del ricorrente, era evidente che, se anche questi avesse venduto tutti i beni e avesse attinto a tutte le sue risorse, non sarebbe riuscito ad estinguere il debito. Per l’approfondimento sugli aspetti processuali della vicenda rimandiamo al volume: Formulario Annotato del Processo Penale dopo la Riforma Cartabia
Formulario Annotato del Processo Penale
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione
Il motivo summenzionato era ritenuto fondato.
Difatti, per gli Ermellini, il Magistrato aveva omesso di considerare il rapporto tra l’entità del debito accumulato, sicuramente rilevante, e le possidenze economiche unitariamente considerate, il cui valore non appariva essere, sì come ricostruito nel provvedimento impugnato, proporzionato e tale da consentire di fare fronte al primo senza un significativo squilibrio del bilancio domestico – v Sez. 1, n. 42026 del 06/07/2018, Rv. 273974 -.
Orbene, a fronte di tale lacuna motivazionale, i giudici di piazza Cavour richiamavano quell’indirizzo interpretativo secondo il quale “il requisito delle disagiate condizioni economiche richiesto dall’art. 6 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, è integrato non solo quando il soggetto si trovi in stato di indigenza, ma anche quando l’adempimento del debito comporti un serio e considerevole squilibrio del suo bilancio domestico, tale da precludere il soddisfacimento di elementari esigenze vitali e compromettere il recupero e il reinserimento sociale e, con essi, le finalità costituzionali della pena” – v., anche, Sez. 1, n. 48400 del 23/11/2012, Rv. 253979; Sez. 1, n. 5621 del 16/01/2009, Rv. 242445 -.
Di conseguenza, proprio in virtù di tale filone ermeneutico, il Supremo Consesso reputava come il Magistrato avesse dovuto rinnovare il giudizio sulla domanda di remissione del debito, facendo applicazione del menzionato principio di diritto e quindi focalizzando l’esame, al di là della oggettivamente poco significativa eventualità della rateizzazione del debito, alla sua integrale sostenibilità senza che ne restassero pregiudicate le elementari esigenze di vita dell’interessato e del suo nucleo familiare.
L’ordinanza impugnata era pertanto annullata con rinvio per nuovo giudizio al Magistrato di sorveglianza di Milano.
3. Conclusioni
Fermo restando quanto preveduto dall’art. 6, co. 1, d.P.R., 30 maggio 2002, n. 115 (“1. Se l’interessato non è stato detenuto o internato, il debito per le spese del processo è rimesso nei confronti di chi si trova in disagiate condizioni economiche e ha tenuto una regolare condotta in libertà. 2. Se l’interessato è stato detenuto o internato, il debito per le spese del processo e per quelle di mantenimento è rimesso nei confronti di chi si trova in disagiate condizioni economiche e ha tenuto in istituto una regolare condotta, ai sensi dell’articolo 30 ter, comma 8, della legge 26 luglio 1975, n. 354. 3. La domanda, corredata da idonea documentazione, è presentata dall’interessato o dai prossimi congiunti, o proposta dal consiglio di disciplina, di cui alla legge 26 luglio 1975, n. 354, al magistrato competente, fino a che non è conclusa la procedura per il recupero, che è sospesa se in corso”), la decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito quando ricorre il requisito delle disagiate condizioni economiche richiesto da siffatto articolo.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che il requisito delle disagiate condizioni economiche, richiesto dall’art. 6 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, è integrato non solo quando il soggetto si trovi in stato di indigenza, ma anche quando l’adempimento del debito comporti un serio e considerevole squilibrio del suo bilancio domestico, tale da precludere il soddisfacimento di elementari esigenze vitali e compromettere il recupero e il reinserimento sociale e, con essi, le finalità costituzionali della pena.
Di conseguenza, ove si chieda la remissione del debito, per provare di trovarsi in disagiate condizioni economiche, ben si potrà fare riferimento a questo provvedimento.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.
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