Digital services pack: pubblicati in GU i due nuovi regolamenti europei per i servizi digitali

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Il Digital Services Act e il Digital Markets Act sono legge europea: entrambi i Regolamenti approvati nel luglio scorso, che costituiscono il “pacchetto” di norme europee sui servizi digitali sono stati pubblicati in Gazzetta e diventeranno esecutivi nel 2023.

Vediamo che cosa sono e che cosa prevedono i due nuovi Regolamenti.

    Indice

  1. Il Digital Services Act
  2. Il Digital Markets Act

1. Il Digital Services Act

Il Regolamento sui servizi digitali è improntato su un principio semplice, ma rivoluzionario, nella pratica: ciò che è illegale offline deve essere illegale anche online. Ovvero, basta considerare il web come un mondo a parte, una terra di nessuno dove tutto è permesso e dove nessuno controlla.

Trasparenza sulle piattaforme e sugli algoritmi di profilazione, moderazione dei contenuti, obbligo dei fornitori di collaborare con le Autorità e di sottoporsi periodicamente a audit indipendenti sono i pilastri del DSA, che si applica ai servizi di informazione, ovvero a tutti gli intermediari, ivi compresi tutti i social network, che offrono servizi a distanza per via elettronica o telematica ed ha come obiettivo principale di creare un ambiente online sicuro ed affidabile, sia in termini di contenuti proposti, sia in termini di tutela dei consumatori.

I soggetti interessati avranno quindi una serie di obblighi, tra cui:

  • indicare le condizioni di servizio e i relativi requisiti in modo chiaro;
  • fornire informazioni esplicite sulla moderazione dei contenuti e sull’uso degli algoritmi per i sistemi di raccomandazione dei contenuti;
  • adottare trasparenza nei sistemi di suggerimento e nelle pubblicità online;
  • non profilare bambini o rivolgere pubblicità rivolta ai bambini;
  • non utilizzare dati sensibili per profilare gli utenti;
  • non utilizzare dark pattern o altre pratiche ingannevoli per manipolare le scelte;
  • collaborare con le autorità nazionali;
  • denunciare i reati;
  • creare un meccanismo di reclamo e ricorso e risoluzione extragiudiziale delle controversie;
  • adottare misure contro le segnalazioni e le repliche abusive;
  • controllare le credenziali di fornitori terzi, anche attraverso controlli a campione.

Queste regole varranno per tutti, ma come se non bastasse, per i Big Tech, ovvero per le piattaforme con oltre 45 milioni di utenti al mese (il cosiddetto mondo GAFAM per intenderci) avranno una serie di obbligazioni aggiuntive, tra cui:

  • obblighi in materia di gestione dei rischi, di risposta alle crisi e di prevenzione di abuso dei propri sistemi;
  • condivisione dei propri dati chiave e dei propri algoritmi con le autorità e con i ricercatori autorizzati per comprendere l’evoluzione dei rischi online;
  • collaborazione nelle risposte alle emergenze;
  • codici di condotta specifici;
  • prevenzione dei rischi sistemici come la diffusione di contenuti illegali o con effetto negativo su diritti fondamentali, processi elettorali, violenza di genere, salute mentale;
  • obbligo di sottoporsi ad audit indipendenti, cioè alla verifica della correttezza dei dati di bilancio e delle procedure adottate;
  • abilitazione degli utenti al blocco delle “raccomandazioni” basate sulla profilazione.

Scopi principali del regolamento sono di protezione, soprattutto per i minori, (art.24, che stabilisce il divieto di impiegare “tecniche di targeting o amplificazione che trattano, rivelano o inferiscono i dati personali dei minori o delle persone vulnerabili ai fini della visualizzazione della pubblicità”), contrasto alla diffusione di contenuti illegali o di fake news, garantire una maggior concorrenza, competitività, sicurezza e trasparenza.

Le sanzioni in caso di violazione degli obblighi imposti dal DSA possono arrivare fino al 6% del fatturato annuo totale, oltre al risarcimento dei danni eventualmente richiesto dagli utenti.

A verificare che le normative vengano rispettate, sono state previste due nuove figure che si occuperanno della Governance:

il Compliance Officer, figura interna alla società, previsto solo per le piattaforme con oltre 45 milioni di utenti/mese, designato con il compito di verificare e monitorare l’osservanza del regolamento (una sorta di DPO dei servizi digitali). Inoltre, dovrebbe venire istituito un Digital Services Coordinator, nuova autorità nazionale indipendente per vigilare sulla applicazione del Regolamento con obblighi di trasparenza, imparzialità, tempestività di azione e report annuale sulle proprie attività, nonché per la gestione e risoluzione dei reclami.

I Digital Services Coordinator di tutti gli stati membri dell’Unione si riuniscono e compongono il Comitato Europeo per i Servizi Digitali, presieduto dalla Commissione Europea.

2. Il Digital Markets Act

Il secondo Regolamento facente parte del Digital Pack è il Digital Markets Act, ovvero il nuovo Regolamento Europeo sui mercati digitali, che diventerà operativo nel 2023, anch’esso promulgato in ottica di responsabilizzazione delle grandi piattaforme online, per regolare le condotte e gli obblighi in ottica preventiva.

Il Digital Markets Act introduce l’utilizzo di:

  • blacklist, ovvero liste di pratiche considerate scorrette a priori, con divieti e restrizioni a carico dei provider di servizi digitali, per prevenire la messa in atto di pratiche sleali;
  • whitelist, ovvero liste di pratiche virtuose, con elenchi di nuovi obblighi a carico delle aziende;
  • case by case assessment, cioè valutazioni da applicare caso per caso alle grandi piattaforme.

A titolo esemplificativo, nella blacklist sono comprese:

  • il leveraging, ovvero lo sfruttamento della propria posizione dominante per monopolizzare nuovi mercati;
  • il self preferencing, ovvero favorire arbitrariamente i propri prodotti sulla piattaforma a discapito di quelli proposti da altre società;
  • il rifiuto di accesso ai dati dell’utenza a terze parti terze, previa autorizzazione dell’utente stesso;
  • l’obbligo di termini e condizioni che bloccano l’accesso a determinate funzionalità;
  • le pratiche di vincolo (tying) e aggregazione (bundling), come la vendita o l’offerta congiunta e ingiustificata di beni/servizi diversi;
  • l’imposizione di termini e condizioni poco chiare;
  • la limitazione o il rifiuto della portabilità dei dati o del riuso dei dati, per scoraggiare o impedire all’utente l’abbandono della piattaforma;
  • il rifiuto immotivato di soluzioni di interoperabilità per rendere più difficile cambiare piattaforma;
  • la combinazione di dati personali dell’utente, ricavati dai servizi di piattaforma, con altri dati personali ricavati da altri servizi, anche di terze parti, senza espressa autorizzazione dell’utente stesso. (fonte: Agenda Digitale).

Mentre tra le pratiche raccomandate dalla whitelist elenchiamo:

  • possibilità per gli utenti di disinstallare qualsiasi applicazione software preinstallata;
  • astensione dal garantire posizionamento e trattamento più favorevole ai prodotti che appartengono alla stessa impresa rispetto a quelli altrui;
  • fornitura a inserzionisti ed editori di informazioni necessarie per effettuare verifica e monitoraggio dei dati indipendenti dell’offerta di spazio pubblicitario;
  • fornitura a titolo gratuito agli utenti commerciali, o a terzi autorizzati da un utente commerciale, di un accesso efficace, continuo e in tempo reale a dati aggregati e non aggregati forniti o generati nel contesto dell’uso dei pertinenti servizi di piattaforma di base (solo previo consenso dell’utente). (fonte: Agenda Digitale).

In caso di violazione delle norme, il Digital Markets Act prevede sanzioni fino al 10% del fatturato dell’azienda e fino al 20% in caso di recidiva (più del DSA e del GDPR messi insieme).

Gli obiettivi del Digital Market Act si possono dunque riassumere nell’esigenza di combattere gli abusi del mercato, stimolando la concorrenza leale, con conseguente maggiore offerta agli utenti ed inoltre una maggiore trasparenza nella gestione dei dati personali e dunque della privacy.

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Avv. Luisa Di Giacomo

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