La costituzione spiegata all’uomo della strada -fondamenti

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Sulla costituzione si sono scritti una quantità enorme di saggi e di manuali.
La letteratura giuridica, come ovvio è piena di riferimenti alla carta fondamentale della nostra Repubblica.
Cercherò di tratteggiare in modo sommario che cos’è la costituzione, senza pretese di esaustività, ma con il preciso scopo di sfatare i luoghi comuni di molti cittadini sulla cosiddetta costituzione più bella del mondo.
Spiegherò qual è lo scopo della costituzione italiana.

Volume consigliato per approfondimenti: Compendio di Diritto costituzionale

Indice

1. I principi


A mio avviso, non si può capire la costituzione se si fatica a distinguere le disposizioni del testo (ossia gli articoli della costituzione) dai principi e dai valori che promanano dalla carta fondamentale stessa(1).
La coerenza di tutto il sistema costituzionale, infatti, poggia su questi principi, ossia astrazioni che sono la logica conseguenza delle disposizioni costituzionali.
I principi permettono di colmare le lacune normative, per evitare che gli operatori giuridici siano paralizzati nella loro attività.
I principi possono determinare la rimozione delle disposizioni vigenti se incompatibili con il dettato costituzionale, grazie alla Corte preposta a questo scopo e nei casi previsti, il rinvio delle leggi da parte del Presidente della Repubblica.
In altre parole parlare di principi significa ragionare di validità universale(o lo sforzo verso di essa) e di coerenza rispetto a un insieme di disposizioni legislative; le disposizioni in quanto tali sono enunciati, non principi.
I principi si ricavano dalle disposizioni mediante l’interpretazione giuridica che si sviluppa nel tempo attraverso la dottrina proveniente dagli studiosi del diritto e soprattutto con le sentenze delle Corti (in questo caso la Corte Costituzionale).
Può piacere o meno ai teorizzatori del “Giudice bocca delle leggi”, ma il mondo giuridico oggi è così, e onestamente, non vedo in che modo si potrebbe applicare la legge senza un’analisi che tenga conto delle disposizioni collegate a un singolo articolo, delle inevitabili lacune dell’ordinamento giuridico, dell’opacità del testo legislativo o di qualsivoglia atto dei poteri pubblici.

2. Le interpretazioni


Molti cittadini pensano che basti leggere una disposizione per essere sicuri di vantare un diritto o di avere ragione in una causa, dimenticando che esistono altre disposizioni legislative che possono ridurre il loro spazio argomentativo, ma anche delle sentenze provenienti dalle Corti che potrebbero qualificare il diritto in modo diverso rispetto alla cognizione dell’uomo della strada; in tal senso l’insigne Prof. Roberto Bin, costituzionalista, nel suo manuale scrive “Insomma il diritto è assai più dell’insieme delle regole che lo Stato ha posto, perché è anche l’insieme delle interpretazioni che di esse hanno dato i giudici chiamati ad applicarle nei casi specifici (la c.d. Giurisprudenza) e gli studiosi che si sono sforzati di ricreare attorno ad esse un sistema coerente( la c.d. dottrina).
E tutto ciò è altrettanto diritto di quanto lo siano le regole poste dallo Stato; e bene lo sa anche il nostro giurista pratico,[…]mai si avventurerebbe ad invocare l’applicazione di una norma giuridica senza prima guardare a come essa sia stata in precedenza interpretata da dottrina e giurisprudenza” e successivamente ancora il Prof. Bin ” semplicemente si constata che per assolvere a questo compito non basta leggere ciò che il legislatore ha scritto, ma bisogna compiere operazioni assai più complesse”.
Prendiamo ad esempio la Bibbia.
Chi non conosce la Bibbia potrebbe leggerla dando un’interpretazione letterale completamente sbagliata anche se fatta in buona fede; ciò che conta è l’interpretazione ufficiale della Chiesa Cattolica; dopodiché ciascuno è libero di dire ciò che vuole, è un suo diritto, ma non può mescolare la sua verità, con la verità ufficiale, a meno che non voglia uscire dal perimetro della dialettica e con ciò mettendosi alla pari con le più fantasiose e strampalate teorie del complotto.
I principi giuridici, dunque, sono l’inevitabile percorso che occorre compiere per risolvere le questioni partendo da un dato testuale; ogni testo legislativo è un insieme di enunciati linguistici, aridi, forse anche noiosi, ma che acquistano significato se l’operatore giuridico compie un’operazione d’inquadramento storico prima e di studio sull’evoluzione poi.
Vale anche per la stessa costituzione.
Chi pensa che le disposizioni costituzionali siano statiche, dovrà ricredersi leggendosi le sentenze della Corte Costituzionale circa il valore del diritto comunitario nel nostro ordinamento giuridico a costituzione invariata; e non è l’unico settore giuridico a conformarsi al diverso orientamento di una Corte.
Ovviamente esulerebbe da questo tema approfondire le teorie ermeneutiche o stabilire se la Corte Costituzionale sia un organo giuridico e tecnico super partes, o se subisce l’influsso politico più di quanto si pensi;  non tratto di questioni politiche o filosofiche; ciò che mi interessa divulgare è la perfetta inutilità di ciò che pensa il cittadino non addetto ai lavori nella lettura della costituzione se tale attività non è accompagnata dall’interpretazione dell’esperto, perché se nella Bibbia si rischia la scomunica, nel diritto si rischia di perdere le cause in Tribunale.

3. La gerarchia delle fonti


Si dice che la costituzione rispetto ad altre fonti del diritto è sovraordinata.
Anche questo aspetto giuridico va compreso partendo da un esempio.
Si sente spesso dire da molti cittadini di legiferare in un senso piuttosto che un altro; chi auspica una legge per permettere che i referendum abrogativi possano incidere su un’imposta, chi spera di uscire dall’Eurozona con un semplice referendum,  e via dicendo; lasciando da parte l’opportunità o meno di queste ipotetiche leggi o l’abnormità di alcune proposte legislative, ciò che la gente sembra dimenticare è la gerarchia delle fonti.
Se ad esempio una legge ordinaria è in contrasto con la costituzione può essere censurata dalla Corte Costituzionale, proprio perché la Corte, vigilando sul rispetto della legge fondamentale(ossia la costituzione), assicura ai cittadini quell’insieme di diritti e di doveri che nel tempo vengono per così dire” scoperti” in base ai casi che di volta in volta sono sottoposti alla Consulta.
Ciò non significa che si possa parlare di una gerarchia così netta da garantire un primato assoluto alla Costituzione, soprattutto alla luce della costante e graduale integrazione dell’Italia con l’Unione Europea.
Già si è ricordato che la costituzione è innanzitutto un insieme di valori e principi, un’ampia gamma di diritti e valori dei cittadini, ma in che modo i principi si rapportano tra loro? Esistono principi dominanti o assoluti?.
Ebbene, solo per rispondere a queste due domande si potrebbe scrivere un saggio; la letteratura giuridica è piena di considerazioni sui principi e sui valori della costituzione, sui limiti della revisione costituzionale e sui cosiddetti principi supremi; la vasta letteratura a tal proposito non deve far pensare a un’incapacità di stabilire una validità universale e generale della costituzione o a una sterminata serie di capricci intellettuali a ornamento della Giurisprudenza, ma a un contributo dei giuristi (Professori Universitari e ricercatori) teso alla miglior conoscenza dei diversi aspetti della normativa e alla sollecitazione di una migliore legislazione conforme allo spirito della costituzione ed alla interpretazione più autentica di tutte le branche del diritto, ossia della legislazione ordinaria.
Semplificando, la relazione tra principi supremi e costituzione, a mio parere è una domanda mal posta; non esiste una lista predefinita di principi valevole per l’eterno, ma un insieme di principi che vanno bilanciati tra di loro cercando di non sacrificare del tutto un principio a scapito dell’altro (es. il bilanciamento tra diritto di informazione e diritto alla riservatezza ,oppure il diritto alla vita dell’embrione e il diritto alla salute della madre nella disciplina dell’aborto, o il diritto costituzionale alla salute previsto nell’art. 32 Cost. e il principio di parità di bilancio; la costituzione dovrebbe essere vista come un bilanciamento e non come una lista di principi assoluti per dare risposte ai cittadini a livello legislativo o attraverso i Tribunali o nell’interpretazione degli operatori giuridici.


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4. La costituzione formale e materiale


Le disposizioni legislative, anche costituzionali, vanno sganciate dal contesto storico in cui furono emanate, per non incorrere a errori concettuali che possono portare fuori strada il giurista nell’interpretazione delle norme giuridiche.
Mi sembra anacronistica la visione statica della costituzione così come fu promulgata nel 1948; esiste da molto tempo ormai la constatazione che la costituzione formale (ossia quella che ciascuno di noi può leggere nel testo) sia diversa da quella materiale; vi è in altre parole uno scollamento tra legge scritta nel 1948 e quella vivente, frutto della lunga evoluzione della Giurisprudenza che attribuisce il significato più conforme alle leggi costituzionali in base ai rapporti di potere contingenti(sanciti dalle elezioni) e in base ai valori esistenti nella società; in altre parole, con la stessa costituzione del 1948 potevamo avere anche una legislazione differente da quella attuale, ma pur sempre compatibile con la costituzione formale in base alle sentenze della Consulta.
Avere una visione dinamica della nostra costituzione , oggi, significa prendere atto che l’attuale ordinamento giuridico è uno dei possibili sbocchi di questo testo costituzionale.
La norma vive nella sua concreta applicazione, attraverso le sentenze dei Tribunali e, a mio giudizio, il bravo giurista, Avvocato o Professore è colui che riesce a prevedere l’esito di una causa o gli scenari giuridici di un Paese in base al potere costituito contingente.
Il diritto è ciò che esce dalla bocca dei giudici, in particolar modo dalla Corte Costituzionale (perché è il Giudice delle leggi) e dalla Cassazione per la sua funzione nomofilattica.
L’impostazione schematica è tipica di chi non riconosce la concreta realtà della società moderna; la dinamica è fluida anche per gli stessi principi che sono condizionati dalla società perché la società stessa muta i propri presupposti culturali; l’applicazione della legge ,da sempre, non è un’operazione meccanica(2),perché molte sono le variabili da tenere in considerazione; si pensi ad esempio al peggioramento della qualità tecnica ,all’incremento della produzione legislativa, all’opacità del dato normativo frutto di compromessi; sono tutti elementi che rendono le leggi incerte e di conseguenza allargano la discrezionalità dei Giudici, ma se le leggi sono incerte, la sentenza della causa in Tribunale deve essere certa e soprattutto motivata; in parole povere, la responsabilità ultima è del legislatore e quindi del popolo, incapace di eleggere i migliori.
Solo se il tenore della norma è univoco non vi sono discrepanze teoricamente parlando, ma il diritto vivente è una realtà frutto delle cause precedentemente elencate, con le quali qualsiasi operatore giuridico deve fare i conti; l’attività del giurista è sempre un’attività interpretativa(3), perché anche le disposizioni più chiare vanno applicate alla luce di altre disposizioni in base ad ogni diversa fattispecie; non c’è scampo ed è per questo che trovo ridicolo chi parla delle leggi vaticinando un’applicazione priva di interpretazione.
Occorre una visione dinamica della costituzione, vale a dire considerare il testo materiale e non formale, e in buona sostanza significa abbandonare il dato esteriore della disposizione come prima operazione intellettuale e successivamente interpretare tale disposizione alla luce della giurisprudenza costituzionale; questa operazione può essere compresa a patto di non dimenticare che il potere costituente ci ha consegnato una carta come atto libero nel fine dove il popolo esprime la sua volontà politica all’interno delle possibilità espresse da questa carta; una carta che è limite negativo all’esercizio dei poteri pubblici, non un compendio di obblighi politici dirigisti o liberisti!, è un limite per evitare che il potere legislativo possa tradire gli ideali democratici, ma è la Corte che lo decide, non un avvocato “sovranista” qualunque e nemmeno il cittadino a digiuno di studi giuridici.

5. Cosa non deve cambiare nella costituzione


Nella costituzione italiana troviamo anche la modalità di funzionamento del sistema politico (ossia la parte organizzativa), ma ciò che importa è aver costituzionalizzato i molteplici principi che fanno da sfondo alle disposizioni e questo è assai importante, perché se la parte organizzativa di uno Stato può cambiare, ciò che non deve cambiare (o non dovrebbe cambiare) è la natura dello Stato Repubblicano con il suo portato di valori, ideali e principi.
La costituzione è un documento primario insopprimibile (salvo rotture istituzionali)(4) e rappresenta per alcuni anche un programma ideale per la politica del Paese, per altri invece tale programma non esiste o esistono delle possibilità alternative di potenziali programmi economici, sociali, politici e culturali(5); sotto questo aspetto vanno considerati i nuovi centri di produzione del diritto, come l’Unione Europea e la legislazione degli enti territoriali; giova ricordare che le Regioni vennero introdotte dopo 22 anni nel nostro ordinamento, i Sindacati non sono ancora registrati secondo quanto prescrive la costituzione, quindi, costituzione inattuata? Costituzione da buttare? Assolutamente no, a patto che si ragioni in questo modo, ossia tra le illimitate alternative, la costituzione materiale di oggi è una possibilità, però poteva andare diversamente, ma non per questo si può parlare di costituzione tradita o di incompatibilità tra costituzione e Trattati Europei.
Invece se si imposta la discussione su una presunta superiorità della nostra costituzione rispetto alle altre a livello mondiale, allora da un punto di vista politico o economico si può discutere all’infinito e mi permetto di dire che tali patenti di primazia su altre carte, mi ricordano la pomposità dei regimi fascisti nell’idealizzare le rispettive razze; ritengo sempre un errore credersi migliori, mentre trovo giusto discutere di differenze e di miglioramento in base alle caratteristiche del proprio popolo.

6. Incompatibilità tra costituzione e trattati?


A mio modo di vedere la nostra costituzione non è perfetta, ma se io indicassi le ragioni di tali imperfezioni rischierei di scivolare sul terreno della politica; mi limito ad osservare che molti “sovranisti”(ossia coloro che vogliono uscire dall’Eurozona e ripristinare la costituzione del 1948) non spiegano come mai la costituzione italiana, così perfetta, è stata(secondo loro) alterata con la progressiva integrazione dell’Italia nell’Unione Europea, dal momento che ,se fosse stata perfetta, ci sarebbero stati gli anticorpi per respingere tutti i Trattati.
In realtà non vi è alcuna incompatibilità tra Trattati e costituzione e lo dimostrano le sentenze della Corte costituzionale, è lì che la testa del toro è stata tagliata, perché conta solo ciò che afferma la Corte per ciò che concerne la presunta incompatibilità, e non piccoli o grandi giuristi(può piacere o meno ma è così); se esiste un problema va considerato da un punto di vista politico ed economico, non giuridico; nel manuale di diritto costituzionale, il Prof. Roberto Bin scrive” che una disposizione serva a fini diversi da quelli immaginati dal legislatore è assolutamente normale: la disposizione si estranea dalla volontà del legislatore, e vive di vita propria; ciò che il legislatore non ha voluto o potuto tradurre in disposizione non ha più alcun valore normativo”.
Sempre il Prof. Roberto Bin scrive nel suo manuale di diritto costituzionale per gli studenti che sussiste compatibilità tra diritto comunitario e la nostra costituzione” a)la garanzia dell’iniziativa economica privata(art.41.1) ricomprende il pluralismo competitivo tra privati come l’assetto di principio ottimale in economia; b) la Costituzione, di conseguenza, può essere letta anche nel senso che è necessaria la tutela della concorrenza e che il potere della legge di stabilire monopoli pubblici, previsto dall’art. 43, debba essere esercitato solamente dopo che sia stata constatata l’impossibilità di perseguire l’interesse generale attraverso il regime della concorrenza pluralistica, opportunamente regolata dall’ordinamento; y) i servizi pubblici indicati dall’art. 43, in relazione ai quali la legge può creare un diritto di esclusiva, devono intendersi in senso restrittivo, e cioè come forniture di beni e servizi destinati all’utilizzo quotidiano da parte di masse cospicue di cittadini, che non potrebbero reperirli altrove, in assenza di un servizio pubblico, senza gravi disagi; i programmi e i controlli sull’iniziativa economica previsti dall’art. 41 vanno considerati come strettamente strumentali al raggiungimento di fini sociali contemplati dalla costituzione, e pertanto le leggi che li prevedono dovrebbero essere sottoposte ad un vaglio stringente e penetrante da parte della Corte costituzionale, teso ad accertare che gli strumenti predisposti siano idonei a conseguire i fini sociali e che il legislatore non abbia disponibili altre alternative utili allo scopo, ma meno gravose per le libertà economiche dei privati e per il mercato.
In base a questa opinione, il documento costituzionale si presta a differenti interpretazioni e ricostruzioni del suo significato complessivo a seconda del modello di economia che l’interprete assume come premessa della sua attività, e cioè quello del dirigismo economico oppure il modello dell’economia di mercato[…]l’idea che la costituzione prescriva il dirigismo economico finisce con confondere le regole scritte con le prassi dell’applicazione prevalse sinora”; il Prof. Bin prosegue scrivendo” quanto alla giurisprudenza costituzionale, può osservarsi che già nel 1982 la Corte ha affermato che la libertà di concorrenza integra la libertà di iniziativa economica che spetta nella stessa misura a tutti gli imprenditori[…]in queste decisioni la Corte considera l’utilità del mercato, non tanto quale valore in sé, quanto come mezzo per la realizzazione di altri principi costituzionali”.
Tuttavia è difficile ragionare di trattati, quando circolano sul web (o nei Convegni) delle balle spaziali; si afferma che i trattati furono imposti in modo poco trasparente o non democratico a partire dal Trattato di Maastricht, oppure che il Trattato di Lisbona fu voluto dall’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (come se fossimo in una dittatura) in modo illegale( magari non lo dicono esplicitamente, ma fanno passare questo ragionamento al pubblico) per seminare panico, rabbia e rassegnazione tra il pubblico e magari per vendere più libri per il futuro.
Ovviamente le cose non stanno così; l’Italia ratificò il Trattato di Maastricht nel 1992 con un voto alla Camera ,403 voti favorevoli e 46 contrari; se questa è scarsa democrazia!, il Parlamento fu favorevole( e quindi il popolo che lo ha eletto) al Trattato di Maastricht; per quanto riguarda le discussioni, spero non si voglia misurare la democrazia con il numero di parole spese per approvare il trattato, in fondo il Parlamento poteva non ratificare.
Lo stesso si può dire del Trattato di Lisbona che è stato ratificato dal Parlamento italiano all’unanimità, sia al Senato, sia alla Camera con la legge 130/2008, non con un ordine del Re, e nemmeno con uno sguardo accigliato dell’ex Presidente della Repubblica.

7. Comparazioni con altri Paesi


Il vero problema da porsi è un altro; comparando la nostra esperienza costituzionale con gli altri Stati membri dell’Unione Europea, siamo in grado di trarne insegnamenti utili? Se la risposta è negativa, allora non abbiamo diritto a lamentarci, dal momento che abbiamo la cosiddetta costituzione più bella del mondo, “sacra”, scritta sulla pietra e il discorso finisce lì; se invece prendiamo ad esempio le esperienze di Francia o Spagna o Germania, potremmo introdurre delle modifiche costituzionali durante i prossimi cicli riformisti.
Prendiamo ad esempio gli articoli 58, 59, 60, 61 della costituzione francese(6) ci rendiamo conto che oltre al controllo della regolarità delle elezioni presidenziali e parlamentari , il Conseil Constitutionnel controlla preventivamente la legittimità costituzionale delle leggi organiche, dei regolamenti parlamentari e delle leggi ordinarie, l’art. 61 infatti statuisce ” Le leggi organiche, prima della loro promulgazione, le proposte di legge di cui all’articolo 11 prima di essere sottoposte a referendum, e i regolamenti delle assemblee parlamentari, prima della loro entrata in vigore, devono essere sottoposti al Consiglio costituzionale che si pronuncia sulla loro conformità alla Costituzione”.
L’art. 54 prevede che si possa ricorrere per verificare se gli impegni internazionali dello Stato francese comporti contrasti normativi con la Costituzione e quindi la necessità di procedere alla revisione della costituzione stessa, infatti ” Qualora il Consiglio costituzionale, incaricato dal Presidente della Repubblica, dal Primo ministro, dal Presidente di una delle due assemblee, da sessanta deputati o sessanta senatori, dichiari che un impegno internazionale contiene clausole contrarie alla Costituzione, l’autorizzazione a ratificare o ad approvare l’impegno internazionale in questione può intervenire solo dopo revisione della Costituzione”.
In Germania invece si possono fare ricorsi costituzionali diretti(7), ossia la possibilità per il cittadino tedesco di accedere direttamente al Tribunale costituzionale federale, senza sollevare una questione di costituzionalità in via incidentale; l’art. 93 statuisce ” Il Tribunale Costituzionale Federale decide:[…]4a. sui ricorsi di costituzionalità che possono essere promossi da chiunque ritenga di essere stato leso dalla pubblica autorità in uno dei suoi diritti fondamentali”.
In Spagna esiste l’istituto del Defensor de pueblo che difende i diritti compresi nel titolo I della Costituzione spagnola, il cosiddetto “amparo”(8), ossia l’istituto giuridico volto alla tutela dei diritti fondamentali dei cittadini da parte della Suprema Corte; tale Corte ,a differenza che in Italia, può essere chiamata in causa da qualsiasi persona fisica, senza intermediazione del Giudice di un Tribunale che potrebbe decidere di non sollevare la questione di legittimità costituzionale.
Gli strumenti di tutela non mancano come visto, manca la volontà di riformare la nostra Costituzione, perché manca la volontà politica e non si vuole ammettere che su alcuni punti la nostra Costituzione ha fatto il suo tempo(9).
Mi sembra chiaro che la nostra Costituzione ha avuto il merito d’inglobare il conflitto sociale dentro una cornice giuridica di rango primario, ma ciò deve fare i conti con la nuova realtà, composta da una molteplicità di centri di potere e da nuovi centri di produzione del diritto; il giurista non può non tenerne conto.

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Diego Solenne | Maggioli Editore 2021

  1. [1]

    Roberto Bin & Pitruzzella,Manuale di diritto costituzionale,G.Giappichelli Editore

  2. [2]

    Norme e leggi,quale ruolo per i Giudici,2016,web,il Giornale dell’Università degli studi di Padova.

  3. [3]

    Interpretazione giuridica,web,Wikiversità.

  4. [4]

    Fulco Lanchester,La costituzione tra elasticità e rottura,2011,Giuffrè Editore

  5. [5]

    Roberto Bin,che cos’è la costituzione,web,www.robertobin.it.

  6. [6]

    http://www.conseil-constitutionnel.fr/conseil-constitutionnel/root/bank_mm/site_italien/constitution_italien.pdf

  7. [7]

    Federico Del Giudice,Diritto pubblico comparato,2014,Edizioni giuridiche Simone.

  8. [8]

    Federico Del Giudice,Diritto pubblico comparato,2014,Edizioni giuridiche Simone.

  9. [9]

    Edoardo Petti,L’Italia è cambiata,perché la Costituzione è sempre uguale?,web,Linkiesta

Lorenzo Zanellato

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