Governo di parte e bene comune con riferimento alla costituzione

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Governo di parte e bene comune con riferimento alla costituzione formale e alla costituzione materiale del nostro paese -Come conciliare il conservatorismo e il progressismo.

Indice

1. Le norme della costituzione italiana

Premesso che nel nostro paese vige un regime di repubblica parlamentare-costituzionale e che le decisioni del parlamento vengono prese a maggioranza: vedasi Costituzione della Repubblica italiana , Parte II, Ordinamento della Repubblica ,Titolo  I, Il Parlamento , Sezione I-Le Camere, art.55. – “Il parlamento si compone della camera dei deputati e del senato della repubblica”; Sezione II, La formazione delle leggi, art.70.-” La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due camere”; Sezione I, art. 64.- comma 3”Le deliberazioni di ciascuna camera e del Parlamento non sono valide se non è presente la maggioranza dei loro componenti, e se non sono adottate a maggioranza dei presenti…. (omissis)”

2. I contenuti della legge e gli interessi della maggioranza

Ora la maggioranza viene formata dai partiti che hanno ottenuto il maggior numero di voti nelle elezioni, per cui, a seconda appunto dell’esito elettorale, tale maggioranza potrà essere di destra (c.d. conservatori) o di sinistra (c.d. progressisti) o distribuita fra più partiti che si accordino con o senza coalizioni elettorali (p.es. il c.d. pentapartito o il c.d. centro-sinistra). Ne consegue che la volontà della maggioranza diventa legge. La maggioranza porterà avanti gli interessi che le sono propri e che non sempre coincidono con l’interesse generale del paese (c.d. bene comune nazionale). Autorevole studioso (v. De Toqueville ne La democrazia in America, ed. BUR  1999, pag.257) ha, addirittura, ipotizzato la possibilità di una “tirannide della maggioranza” con ovvia valenza negativa. Altro ben noto studioso ha affrontato il problema della democrazia e della maggioranza che la governa, J.J. Rousseau ne Il Contratto sociale ed. BUR Superclassici 1993.

3. Stato, democrazia e maggioranza nel pensiero politico degli illuministi, in particolare di J. J. Rousseau

È noto che uno dei punti centrali del pensiero di Rousseau è costituto dal concetto di “volontà generale”.
La società nata dal contratto sociale viene così descritta, pag.64 op.cit.: “immediatamente in luogo della persona singola di ciascun contraente, questo atto di associazione produce un corpo morale collettivo, composto di tanti membri quanti sono gli aventi diritto al voto dell’assemblea. il quale proprio attraverso questo atto riceve la sua unità, il suo ‘io’ comune, la sua vita e la sua volontà. Questa persona pubblica che si forma attraverso l’unione di tutte le altre si chiamava una volta città e ora si chiama repubblica o corpo politico; questo a sua volta vien detto dai suoi membri stato quando è passivo, sovrano quando è attivo, potenza nei rapporti coi suoi simili. Per quanto riguarda gli associati essi collettivamente prendono il nome di popolo, mentre singolarmente si dicono cittadini in quanto partecipi della autorità sovrana e sudditi in quanto soggetti alle leggi dello stato”.
Ma questo corpo politico dovrà avere un governo, “una forza universale e propulsiva per spingere e disporre ogni parte nel modo più conveniente per il tutto”. Il patto sociale, secondo Rousseau, dà al corpo politico un potere assoluto sui suoi soggetti ed è appunto questo potere che guidato dalla volontà generale porta il nome di sovranità.
Sul significato della nozione di volontà generale ed il suo rapporto con la volontà della maggioranza si è a lungo dibattuto.
A questo punto rinviamo a un nostro saggio. [M. Viceconte Riflessioni sulla democrazia e altri saggi ed. Booksprint 2022] pag.85 ss.

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4. Nascita dello stato civile (società) guidato dalla volontà della maggioranza (intesa come volontà dei più), diretta al bene comune

Già il Locke (ne Il secondo trattato sul governo, ed. Rizzoli 2009) descriveva la dinamica del funzionamento di questo nuovo stato civile  uscito dallo stato naturale nel senso che “essendo necessario che ciò che costituisce un solo corpo si muova. 
 in una sola direzione,” è necessario che quel corpo si muova nella direzione in cui lo spinge la forza maggiore e cioè il consenso della maggioranza” e ancora “ la deliberazione della maggioranza è considerata come deliberazione della totalità” e poco dopo “così ogni uomo ,consentendo con altri a costituire un solo corpo politico sotto un solo governo, si sottopone, nei riguardi di ciascun membro di quella società, all’obbligo di sottomettersi alla decisione della maggioranza”.
Deve concludersi per tal modo che la società deve agire secondo la volontà della maggioranza ed essa maggioranza deve intendersi, non vè dubbio , come la volontà dei più.
In teoria la volontà di tale maggioranza dovrebbe tendere a realizzare il bene comune. Ma purtroppo nella realtà così non è. La maggioranza anzicché il bene di tutti può perseguire il bene di una fazione o di partito, magari proprio il suo. Nella realtà il sillogismo che funziona è capovolto nel senso che si considera bene comune tutto ciò che vuole la maggioranza.>>

5. La posizione di J. J. Rousseau ne “il contratto sociale”: la volontà generale

Ancora pag.86 op.cit. << Ove Rousseau avesse seguito questa costruzione sarebbe caduto in una palese contraddizione col suo pensiero precedente. Accettare cioè che la volontà della maggioranza decida quali leggi porre in essere a suo arbitrio avrebbe potuto assecondare un disegno particolare a scapito del popolo.
La vera novità di Rousseau è stata l’introduzione nel sistema della c.d. volontà generale, si noti bene non “volontà della maggioranza” che abbiamo su visto potere essere errata o malvagia o ingiusta che sì voglia (salvo chiarire il significato dei singoli termini) bensì “volontà generale” che, lo ripetiamo non è la volontà dei più’ o almeno non può ridursi alla volontà dei più, ma è la volontà dei più, trasformatasi in “volontà generale” .
La volontà propria del corpo sociale o sovrano è quindi non la “volontà della maggioranza” ma la volontà generale, che non è la sommatoria delle volontà particolari, ma la volontà che tende sempre all’utilità generale e che quindi non può sbagliare.
Rousseau distingue la “volontà generale” dalle decisioni che il popolo prende e perfino dalla volontà di tutti.
La volontà della maggioranza (o, se si vuole anche della totalità) diventa volontà generale quando si riempie di idonei contenuti, quando cioè essa è diretta a realizzare il bene pubblico.>>
Ma v. pag 87 op.cit. <<Come si individua la volontà generale?
Per maggior chiarezza citiamo testualmente le parole dì Rousseau, che ci descrivono la dinamica attraverso la quale si forma la volontà generale, con vera formula algebrica:
Vi è di sovente molta differenza tra la volontà di tutti e la volontà generale: questa riguarda solo l’interesse comune, l’altra l’interesse privato e non è che una somma di particolari volontà; ma se si toglie da queste volontà stesse quelle che con le loro richieste in più o in meno si eliminano tra loro resterà come risultato della somma delle differenze la volontà generale.” >>.

6. Le due grandi correnti di pensiero (ideologie) della politica

Per approfondire il tema che ci siamo dati nel sottotitolo occorre distinguere tra progressismo e conservatorismo.
Un noto saggista [Zeev Sternhel Contro l’Illuminismo , Baldini Castoldi Dalai editore 2007) ha introdotto il concetto delle due modernità che sono appunto individuate  come due correnti di pensiero che così vengono descritte:
La grande divisione tra i due rami della modernità: la modernità portatrice di valori universali, della grandezza e autonomia dell’ individuo padrone del suo destino, una modernità che vede la società e lo Stato come strumenti nelle mani dell’individuo avviato alla conquista della libertà e della felicità; e la modernità comunitaria, storicista, nazionalista, una modernità per la quale l’indivividuo è determinato e limitato dalle origini etniche, dalla storia, dalla lingua e dalla cultura. Per Herder l’uomo è quello che hanno fatto di lui i suoi antenati, la «zolla» (Erdscholle) nella quale essi sono seppelliti e dalla quale lui stesso è nato; non sono le buone istituzioni e le buone leggi che plasmano gli uomini, non è la politica che li modella: la politica è esterna all’uomo, è la cultura che ne costituisce l’essenza>.
Esse sono appunto progressismo che viene fatta coincidere con la sinistra politica e conservatorismo che per lo più viene fatto coincidere con la destra politica.
Il primo viene fatto risalire a Hobbes e Locke, il secondo a Vico, Herder, Burke.

7. L’alternanza al potere di destra e sinistra e la volontà generale: volontà generale come gioco di maggioranza e minoranza

Ove si accetti questa visione generale ci viene da domandare come si possa con una fazione al governo, portatrice di interessi di parte, sia essa di destra che di sinistra, realizzare una politica che guardi non agli interessi particolari della parte al governo ma al bene comune.
Dobbiamo pertanto riprendere il filo del ragionamento sulla volontà generale.
Abbiamo escluso che gli stessi concetti di maggioranza e perfino di totalità garantiscano il bene comune. Abbiamo altresì specificato che è ai contenuti che occorre guardare perché possa dirsi che è raggiunto il bene comune. E allora ?
Autorevole studioso [A. Visalberghi in Introduzione a Rousseau Emilio ed. Laterza 1992] sul pensiero roussoiano considerava: “C’è chi giu­dica il pensiero politico di Rousseau ‘ una forma estrema di collettivismo’ e chi obbietta che “è sempre il proprio interesse che il cittadino considera quando si sottomette alla volontà generale”. Così radicali divergenze d’interpretazione sono rese possibili dal fatto che Rousseau, pur ben conscio che la volontà generale non è tale in base al numero delle persone che la professano, pur comprendendo che è piuttosto la sua intima struttura a caratterizzarla, non riesce a distinguerla chiaramente dalla volontà legislativa comune, che si esprime a maggioranza, anzi tende a identificarla con quest’ultima dimostrandosi fiducioso che il popolo-sovrano radunato in piazza e ‘sufficientemente informato’ e protetto da mene e brighe e convogliamenti parziali di interessi, prenderà delibe­razioni ‘sempre buone’ (11, 3). Rousseau non mostra di avvedersi dell’importanza fondamentale che ai fini di questa ‘sufficiente informazione’ ha quella che oggi noi chiamiamo la funzione della minoranza, sicché in effetti la sua concezione della democrazia può facil­mente slittare verso forme di collettivismo misticheg­giante, che presuppongono una sorta di  ‘illumina­zione interna’ sul retto e sul giusto., Vi sono invece altri passi in Rousseau, soprattutto quello del Contratto sociale ove si accenna al rap­porto fra maggioranza e minoranza come istituito da una ‘ convenzione anteriore ‘ (1, 5), nei quali parrebbe profilarsi vagamente un concetto di volontà generale rispondente più da vicino allo spirito della democrazia moderna, per cui volontà democratica e, si potrebbe  dire, volontà generale, è quella che istituisce e continuamente perfeziona quel gioco di maggioranza e minoranza che per esser serio esige il  più ampio riconoscimento dei diritti di quest’ultima . Una tale con­cezione sembrerebbe la più adatta a dar ragione dei molti vantaggi che Rousseau riconosce alla convivenza civile fondata sulla volontà generale, e conferisce altresì un senso preciso all’idea altrimenti inesplicabile per cui esso [contratto ndr.] potrebbe ‘costringere’ un individuo “ad essere libero” e a quella che in generale la libertà dell’individuo non sarebbe menomata neppure se costretta a ottemperare a deliberazioni che non condivide.”
Pur se lodevole questa conclusione a noi non pare coerente A bel leggere il testo originale, V. Rousseau op. cit. pag.62:” In realtà, se non vi fosse un accordo anteriore, su cosa si appoggerebbe — salvo il caso di una elezione unanime — l’obbligo per la minoranza di sottomet­tersi alla scelta della maggioranza? E in base a che cosa cento che vogliono un padrone hanno diritto di votare contro dieci che non lo vogliono?”, non sarebbe giustificata l’interpretazione del Visalberghi. Il richiamato patto anteriore giustifica soltanto il prevalere dei più sui meno ma nulla dice sulla volontà generale.
Altra possibile interpretazione del concetto di volontà generale su richiamato- che consenta di concretamente attuarla- secondo il quale “se si toglie da queste volontà stesse [delle opposte fazioni-destra e sinistra] quelle che con le loro richieste in più o in meno si eliminano tra loro resterà come risultato della somma delle differenze la volontà generale”, è che occorre guardare a una “media” tra le posizioni della maggioranza e quelle della minoranza . Ma questa interpretazione richiederebbe che vi fosse un terzo che interviene,- che in pratica non esiste a meno di guardare a un ricorso ad un organo ( la Corte Costituzionale) o all’intervento del Presidente della Repubblica, non sempre praticabili- ,che avendo un metro di misura ( la Carta costituzionale), si sostituiscano alla volontà della maggioranza. Ma sempre sulla falsariga dell’acuta interpretazione del Visalberghi, facendo perno, però, sul qui sopra citato passo del testo roussoiano, si potrebbe concludere, con una valorizzazione della funzione del parlamento, nella cui sede si dovrebbe compiere   uno “sforzo”  sia da parte della  maggioranza che da parte dell’opposizione  che porti ad eliminare le posizioni più estreme di entrambe portando a raggiungere così quella “media” che rappresenta la volontà generale e quindi il bene comune.
Questo gioco di maggioranza e minoranza rientra nella c.d. costituzione materiale, laddove la costituzione formale prevede procedure formali e rigide. [1]

  1. [1]

    Sulla nozione di costituzione materiale ,vedi Mortati, Istituzioni di diritto pubblico, Tomo I, ed.Cedam, 1975:pag.30 e 31:” Rimanendo nell’ordine di idee per ultimo esposte di una raffigurazione della costituzione che colleghi strettamente in sé la società e lo stato, è da ribadire quanto si è detto sull’esigenza che la prima sia intesa come entità già in sè dotata di una propria struttura, in quanto ordinata secondo un particolare assetto in cui confluiscano, accanto ad un sistema di rapporti economici, fattori vari di rafforzamento, di indole culturale, religioso ecc., che trova espressione in una particolare visione politica, cioè in un certo modo d’intendere e di avvertire il bene comune e risulti sostenuta da un insieme di forze collettive che siano portatrici della visione stessa e riescano a farla prevalere dando vita a rapporti di sopra e sotto-ordinazione, cioè ad un vero assetto fondamentale ,che si può chiamare <costituzione materiale> per distinguerla da quella cui si dà il nome di <formale> per indicare il conferimento di una specifica forma consistente nella raccolta, in uno o più documenti scritti,  delle norme che si intendono collocare al sommo della gerarchia delle fonti.”

Avv. Viceconte Massimo

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