Costituisce violazione del giudicato la condotta della P.A. che, seppure non in contrasto con il dispositivo della sentenza, ne tradisca la portata conformativa

Redazione 21/05/13
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Lilla Laperuta

Il principio è stato espresso dalla sesta sezione del Consiglio di Stato nella sentenza n. 2680 del 17 maggio.

Il giudicato amministrativo (anche quello di condanna al pagamento di una somma o di accertamento di un diritto patrimoniale), evidenziano i giudici di legittimità, è fonte di effetti più ampi rispetto alla statuizione cristallizzata nel dispositivo. Tali effetti si traducono in obblighi conformativi che impongono all’Amministrazione, nelle successive occasioni di esercizio del potere o nei successivi comportamenti relativi alla stessa vicenda già incisa dal giudicato, di tener conto anche delle qualificazioni giuridiche e delle prescrizioni contenute nella sentenza amministrativa, le quali, appunto, anche se non trovano perfetta corrispondenza nel dispositivo, hanno comunque la funzione di conformare la successiva attività o il successivo comportamento dell’Amministrazione.

Costituisce quindi violazione del giudicato, e tale violazione può essere fatta valere in sede di ottemperanza, la condotta dell’Amministrazione che, seppur formalmente non in contrasto con il dispositivo della sentenza, ne tradisca tuttavia la portata conformativa, quale desumibile appunto dalla motivazione.

La tradizionale affermazione secondo cui il giudicato amministrativo è un “giudicato a formazione progressiva”, e che il giudizio di ottemperanza non ha natura meramente esecutiva, ma anche cognitiva, vuole esprimere proprio questo principio, ovvero che la regola di comportamento che deriva dal giudicato in capo all’Amministrazione non è solo quella enunciata nel dispositivo. Si tratta, al contrario, di una regola più ampia, dotata di margini di elasticità e suscettibile di essere puntualizzata e concretizzata dal giudice dell’ottemperanza. L’individuazione del reale contenuto di tale regola è così oggetto di un processo di formazione progressiva, nel senso che essa viene definitivamente esplicitata proprio nel giudizio di ottemperanza, il quale, quindi, non è meramente esecutivo, ma anche cognitivo, dovendo il giudice dell’ottemperanza anzitutto delimitare la reale portata della regola conformativa derivante dal giudicato ottemperando.

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