I costi di separazione e divorzio

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Separazione/divorzio in Comune, con negoziazione assistita e in Tribunale

Se i coniugi riescono a trovare un accordo sulle condizioni del divorzio, o per la precedente separazione, si possono rivolgere al sindaco del Comune di residenza di uno di loro, o a quello dove è stato celebrato il matrimonio, perché provveda a farli divorziare in due appuntamenti a distanza, l’uno dall’altro, di almeno un mese. Si deve trattare di una separazione consensuale, procedura possibile se non ci sono figli minori, non ci sono figli maggiorenni portatori di handicap grave o incapaci, non ci sono figli maggiorenni non economicamente autosufficienti.

L’accordo di separazione non contiene patti di trasferimento patrimoniale, vale a dire gli accordi con i quali i coniugi regalano, ad esempio, la divisione dei beni mobili e immobili acquistati durante il matrimonio, anche l’arredo della casa. Resta escluso l’assegno di mantenimento.

La coppia si può separare o può divorziare in Comune anche se, tra gli accordi presi, uno dei due coniugi dovrà versare il mantenimento all’altro. Il costo di un divorzio in Comune è di 16 euro, pari ai diritti da versare all’ufficio di stato civile.

Con la procedura di negoziazione assistita i coniugi possono divorziare o si possono separare con  l’aiuto di un avvocato ciascuno. Anche in questo caso si tratta di una separazione consensuale, ottenuta con l’accordo di entrambi sugli aspetti della separazione. A differenza del divorzio in Comune, in questo caso non ci sono limiti o condizioni. Si può ricorrere alla negoziazione assistita anche in presenza di figli minori o non economicamente autosufficienti, oppure in presenza di accordi di divisione dei beni.

Per sapere tutto su questo argomento leggi anche “Le tutele legali nelle crisi di famiglia” di Michele Angelo Lupoi

Raggiunto l’accordo di separazione o di divorzio, gli avvocati devono redigere un apposito verbale. Devono certificare la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico. Il verbale viene firmato dalle parti e i legali certificano che le firme dei clienti siano autografe. Gli avvocati devono trasmettere l’accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita, al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente per una verifica dell’accordo.

Quando i coniugi non hanno figli minori o maggiorenni bisognosi di protezione, se il procuratore della Repubblica non ravvisa irregolarità, comunica agli avvocati il nullaosta per gli adempimenti presso l’ufficiale dello stato civile. Quando i coniugi hanno figli minori o maggiorenni bisognosi di protezione (incapaci, portatori di handicap grave o economicamente non autosufficienti), il procuratore della Repubblica verifica che l’accordo risponda all’interesse dei figli e lo autorizza.

Il costo di un divorzio con la negoziazione assistita è superiore a quello in Comune. Qui le parti devono pagare l’onorario al loro avvocato, che può variare (secondo delle medie stilate a campione) da 1.500 a 3.000 euro, a seconda della città e delle tariffe praticate dal legale. In compenso non è dovuto il pagamento di bolli o tasse.

Non si deve pagare il contributo unificato né per il procedimento di rilascio da parte del procuratore della Repubblica del nulla osta o dell’autorizzazione, né per la prosecuzione del procedimento davanti al presidente del tribunale (Circ. Min. Giust. 29 luglio 2015, nello stesso senso anche Parere Min. Giust. 13 marzo 2015 n. 2309).

L’Agenzia delle entrate ha escluso il pagamento dellimposta di registro, del bollo o di qualsiasi altra tassa se dall’accordo di negoziazione emerge che le disposizioni patrimoniali, contenute in esso sono funzionali e indispensabili per la risoluzione della crisi coniugale (Ag. Entrate risoluzione del 16 luglio 2015 n. 65/E).

In tribunale i costi per un divorzio variano a seconda che le parti scelgano un divorzio consensuale o un divorzio giudiziale. È sempre dovuto il contributo unificato che nel divorzio consensuale è pari a 43 euro, nel divorzio giudiziale è pari a 98 euro. Il contributo unificato viene anticipato da chi avvia prima il giudizio oppure, nella procedura consensuale, può essere diviso tra i coniugi, anche se  a pagare l’imposta debba essere uno dei due coniugi. Al contributo unificato si deve aggiungere l’onorario degli avvocati che, nel divorzio consensuale, può anche essere uno per entrambi i coniugi, con risparmio di costi. La parcella potrà essere sostenuta al 50% da marito e moglie, salvo diversi accordi.

In relazione alla parcella dell’avvocato nel divorzio consensuale, come per la negoziazione assistita, i costi sono variabili da città a città e, in media, partono da 1.000 euro e possono arrivare a 2.500/3.000 euro, nonostante il procedimento sia sempre lo stesso . Potrebbe variare la difficoltà della redazione dell’atto e il numero di sedute allo studio dell’avvocato per raggiungere l’accordo.

La parcella dell’avvocato nel divorzio giudiziale può essere molto più elevata e superare i 5.000 euro, a seconda della difficoltà e della durata della causa. Le parti che non dispongono di condizioni economiche adeguate, possono essere assistiti con il gratuito patrocinio, e non dovranno neanche pagare il contributo unificato.

Nella procedura giudiziale, il coniuge che perde la causa dovrà anche pagare le spese processuali all’avversario che, di solito, possono variare da 1.500 a oltre 4.000 euro a seconda del valore della causa, dell’importanza della posta in gioco e delle attività svolte nel corso del giudizio. Il reale costo del divorzio non è la procedura ma quello che ne deriva.

Mantenimento ed assegno di divorzio

La questione si pone per chi dei due coniugi, ha il reddito più elevato, che  sarà tenuto a versare  l’assegno divorzile all’ex coniuge (quello che comunemente si chiama “mantenimento”), il mantenimento ai figli se ce me sono, con il 50% delle spese straordinarie (ad esempio gite scolastiche e altro). Questi importi variano a seconda del reddito del coniuge obbligato e di quello beneficiario nonché del tenore di vita che la coppia aveva quando ancora era sposata.

Esistono altri parametri dei quali il giudice deve tenere conto e che possono aumentare l’importo del mantenimento.

Ad esempio, moglie casalinga, titolarità di un reddito elevato per il coniuge obbligato, o diminuirlo, la breve durata del matrimonio, la giovane età della moglie che sia ancora in grado di lavorare, l’eventuale presenza di altri figli per il coniuge obbligato, la perdita di lavoro o l’arrivo di una malattia per il coniuge obbligato o il sostenimento di ulteriori spese come un affitto in caso di assegnazione della casa all’ex.

L’accertamento del diritto all’assegno divorzile presuppone la verifica dell’inadeguatezza dei mezzi a disposizione del coniuge richiedente, in confronto a un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio e che sarebbe forse proseguito in caso di continuazione della vita matrimoniale, o quale si poteva legittimamente configurare sulla base di aspettative maturate nel corso del matrimonio.

La ricostruzione dei redditi e del patrimonio dell’obbligato viene fatta sulla base delle dichiarazioni dei redditi, però, trattandosi di documenti di parte, il giudice può anche non tenerne conto e valutare altri elementi come il tenore di vita goduto durante il matrimonio o autorizzare una consulenza tecnica d’ufficio per la ricostruzione della reale ricchezza del coniuge. In ultima istanza può disporre gli accertamenti della polizia tributaria.

In caso ci sia più di un figlio, il mantenimento può arrivare anche a coprire i tre quinti del reddito del coniuge obbligato mentre, se si deve mantenere esclusivamente la moglie, si arriva a circa un terzo.

Il pagamento del mantenimento per i figli dura sinché questi non sono indipendenti economicamente. Il mantenimento della moglie può durare anche per sempre, salvo che sopraggiungano altri elementi che portino una modifica nelle condizioni economiche dei due ex coniugi.

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Dott.ssa Concas Alessandra

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