Cosa spetta alla Cassazione verificare quando si deduce il vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza

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(Ricorso dichiarato inammissibile)

(Riferimenti normativi: Cod. proc. pen., artt. 273; 311)

Il fatto

Il Tribunale di Catania, decidendo in sede di riesame, ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., confermava un provvedimento del G.i.p. del Tribunale di Catania che a sua volta aveva disposto la misura degli arresti domiciliari nei confronti di un indagato per i reati di cui agli artt. 74 e 73 d.P.R. 309/90.

In particolare, le indagini, si leggeva nella ordinanza, avevano riguardato un’associazione facente capo ad una persona dedita, in modo continuativo e stabile, al commercio di sostanza stupefacente del tipo cocaina gestendo un gruppo di spacciatori i quali dal canto loro si occupavano di smerciare al dettaglio lo stupefacente mentre costui, detenuto agli arresti domiciliari, riceveva le richieste degli acquirenti organizzando le cessioni.

Alla individuazione di tale organizzazione e alla identificazione dei numerosi partecipanti, tra i quali il ricorrente, il personale di Polizia era pervenuto attraverso minuziose indagini tecniche consistite in attività di videoripresa e intercettazioni, servizi di osservazione dei luoghi in cui avveniva lo scambio e assunzioni di informazioni dagli acquirenti i quali confermavano le ipotesi investigative dichiarando di acquistare sostanza stupefacente da colui che rivestiva questa posizione apicale da lungo tempo.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso la predetta ordinanza proponeva ricorso per cassazione l’interessato, a mezzo del suo difensore, articolando i seguenti motivi di doglianza: 1) vizio di motivazione in relazione all’art. 74 d.P.R. 309/90 dal momento che l’ordinanza impugnata, per il ricorrente, sarebbe stata meritevole di essere censurata per carenza di motivazione in ordine ai requisiti necessari e indefettibili per la sussistenza del reato di cui all’art. 74 d.P.R. 309/90; in particolare, si faceva presente come, a fronte del fatto che il Tribunale del riesame, dopo avere descritto gli episodi di cui risponde il ricorrente ai capì 28 e 31 della rubrica, non contestati dalla difesa, aveva indicato due ulteriori contatti tra il “gestore” di questo sodalizio criminoso e la madre del ricorrente e tra lo stesso capo ed altro associato che veniva incaricato di andare a prendere l’odierno impugnante evidenziandosi al contempo che quest’ultimo, in una occasione, veniva ripreso mentre si trovava sul balcone dell’abitazione del capo, tali argomentazioni sarebbero state oggettivamente inadeguate ai fini della ricorrenza, sia pure indiziaria, della fattispecie associativa, essendo espressione di episodici contatti, inidonei a configurare lo stabile e continuativo inserimento del ricorrente, per un tempo apprezzabile, nella struttura organizzata; 2) vizio di motivazione in relazione all’art 73 d.P.R. 309/90 atteso che, in relazione alla memoria difensiva con cui era stata chiesta la riqualificazione dei fatti contestati ai capi 28 e 31 della rubrica nel reato di cui all’art. 73 comma 5, d.P.R. 309/90, ad avviso del ricorrente, il Tribunale del Riesame di Catania avrebbe rigettato la richiesta con motivazione inadeguata

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

I motivi dedotti dal ricorrente venivano reputati manifestamente infondati e, pertanto, il ricorso veniva dichiarato inammissibile per le seguenti ragioni.

Si osservava a tal proposito prima di tutto come fosse opportuno evidenziare che, in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per Cassazione, il vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetti solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità ed ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’abbiano indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica ed ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013) precisandosi inoltre al contempo che, dal punto di vista indiziano, nella fase cautelare, è sufficiente il requisito della sola gravità (articolo 273, comma 1, cod. proc. pen.) giacché il comma 1-bis del citato art. 273 (introdotto, appunto, dalla suddetta legge) richiama espressamente i soli commi 3 e 4, ma non il comma 2 dell’articolo 192 cod. proc. pen., che prescrive la precisione e la concordanza accanto alla gravità degli indizi: derivandone, quindi, che gli indizi, ai fini delle misure cautelari, non devono essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti per il giudizio di merito dall’articolo 192, comma 2, cod. proc. pen. e cioè con i requisiti della gravità, della precisione e della concordanza (Sez. 4, n. 6660 del 24/01/2017; Sez. 4, n. 37878 del 06/07/2007).

Ciò posto, declinando tali criteri ermeneutici rispetto al caso di specie, gli Ermellini osservavano come a loro avviso il Tribunale avesse manifestato di avere seguito un adeguato percorso logico argomentativo avendo dato conto in maniera puntuale degli elementi risultanti a carico dell’indagato in relazione alle circostanze di cui alle imputazioni provvisorie elevate a suo carico tenuto conto altresì del fatto che, relativamente ai singoli episodi afferenti al commercio di sostanze stupefacenti, era stato effettuato un analitico richiamo alle risultanze investigative offrendo una esaustiva ricostruzione dei fatti mentre, quanto alla gravità indiziaria attinente alla ipotizzata partecipazione all’associazione, si riteneva all’uopo opportuno rilevare come i giudici avessero messo in rilievo una serie di elementi conducenti a questo fine sottolineando in tal senso la stabilità dei rapporti di frequentazione tra l’indagato ed il capo di questa consorteria criminosa, il contenuto delle dichiarazioni degli assuntori di stupefacenti e le modalità di commissione dei singoli reati fine.

La motivazione rispondeva quindi, per i giudici di piazza Cavour, ai principi stabiliti in sede di legittimità posto che sul piano processuale l’esistenza del sodalizio criminoso e la prova del vincolo permanente può essere data anche per mezzo dell’accertamento di “facta concludentia” quali: i contatti continui tra gli associati, i rapporti di frequentazione, l’impiego di beni comuni necessari per le operazioni delittuose, le forme organizzative utilizzate, la commissione di reati rientranti nel programma criminoso e le loro specifiche modalità esecutive (ex multis Sez. 5, n. 8033 del 15/11/2012: «In tema di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, la prova del vincolo permanente, nascente dall’accordo associativo, può essere data anche per mezzo dell’accertamento di “fatta concludentia, quali i contatti continui tra gli spacciatori, i beni necessari per le operazioni delittuose, le forme organizzative utilizzate, sia di tipo gerarchico che mediante divisione dei compiti tra gli associati, la commissione di reati rientranti nel programma criminoso e le loro specifiche modalità esecutive»).

In ordine poi alla condotta di partecipazione, trattandosi, per pacifica giurisprudenza, di un reato a forma libera, secondo la Suprema Corte, esso può assumere forme e contenuti diversi per cui, ai fini della ricorrenza della fattispecie di cui all’art. 74, comma 2, d.P.R. 309/90, si reputa a suo avviso necessaria e sufficiente una qualsiasi azione, eseguita con qualsiasi modalità, che risulti arrecare un contributo causale rispetto all’evento tipico: contributo che, purché consapevole e apprezzabile sul piano causale in riferimento all’esistenza o al rafforzamento dell’associazione, può essere anche minimo e limitato nel tempo (così in motivazione Sez. 4, 15/1/2014, n. 4063).

Infine, quanto al diniego della riqualificazione dei fatti, esso veniva stimato assistito da congrua motivazione posto che, anche se i sequestri delle singole dosi cedute risultavano essere state di modesta entità, per la Suprema Corte, doveva escludersi l’ipotesi di lieve entità considerando il contesto seriale in cui le cessioni venivano programmate ed eseguite a ripetizione, la qualità delle sostanze spacciate (cocaina), la circostanza che il capo e organizzatore gestiva lo spaccio organizzato da anni e dopo l’arresto, anche violando ed eludendo i vincoli giudiziari degli arresti domiciliari.

La doglianza difensiva avanzata in relazione a tale aspetto risultava essere, di conseguenza, per la Corte di legittimità ordinaria, del tutto genericamente posta poiché, nella fattispecie in esame, la valorizzazione dei singoli reati fine, attuati nell’ambito dell’articolato contesto associativo descritto in sentenza, offriva, sempre per il Supremo Consesso, un adeguato supporto giustificativo in ordine alla ritenuta gravità indiziarla per il reato di partecipazione all’associazione ipotizzata.

Conclusioni

La decisione in esame è assai interessante specialmente nella parte in cui si chiarisce cosa spetta alla Cassazione verificare quando si deduce il vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza.

Difatti, citandosi un precedente conforme, si postula in questa pronuncia che, in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per Cassazione, il vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetti solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità ed ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’abbiano indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica ed ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie.

Pertanto, ove venga addotto nel ricorso per Cassazione un vizio di questo genere, si dovrà orientare il giudizio di legittimità proprio in tale direzione ossia, come appena scritto, stigmatizzare l’operato del giudice di merito nel senso che costui non ha dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato evidenziando al contempo l’incongruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica ed ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatto provvedimento, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su cotale tematica procedurale, dunque, non può che essere positivo.

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