Corte costituzionale: non è obbligatorio il carcere per i reati di associazione per delinquere finalizzata alla contraffazione

Redazione 04/05/12

Lucia Nacciarone

Con la sentenza n. 110 del 3 maggio 2012 è caduta la presunzione di adeguatezza della custodia cautelare in carcere per chi è indagato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione dei reati di cui agli artt. 473 (Contraffazione, alterazione o uso di marchio, segni distintivi, ovvero di brevetti, modelli e disegni) e 474 (Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi) del codice penale.

La norma su cui si è abbattuta la declaratoria di incostituzionalità è l’articolo 275 del codice di procedura penale, che, così come modificato dal D.L. n. 11/2009 (cd. pacchetto sicurezza), aveva introdotto la custodia obbligatoria in carcere per una serie di reati fra cui l’omicidio, l’associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, lo stalking.

Per talune fattispecie dei suddetti delitti la stessa Corte costituzionale aveva già dichiarato l’incostituzionalità della disposizione nella parte in cui non prevedeva la possibilità di ricorrere a misure cautelari diverse come gli arresti domiciliari (sentenze nn. 265/2010, 164 e 231/2011), in considerazione del fatto che il carcere dovrebbe essere, alla luce dei principi costituzionali, l’extrema ratio.

Lo stesso ragionamento viene fatto con la sentenza di ieri, in cui si sottolinea che ciò che lede i parametri costituzionali non è la presunzione in sé della necessità della custodia cautelare, ma il suo carattere assoluto, che causerebbe, con riferimento a talune fattispecie di reato ritenute evidentemente di non particolare allarme sociale, una totale negazione del principio del ‘minor sacrificio necessario’.

Invece, la previsione di una presunzione soltanto relativa di adeguatezza della custodia cautelare in carcere non eccede i limiti della compatibilità costituzionale: la presunzione relativa di adeguatezza di tale misura può realizzare una semplificazione del procedimento probatorio suggerita da aspetti ricorrenti del fenomeno criminoso considerato, ma è comunque superabile da elementi si segno contrario.

Il giudice delle leggi quindi censura la norma nella parte in cui non prevede la possibilità, nel caso concreto, di acquisire elementi specifici dai quali risulti che le esigenze cautelari possano essere soddisfatte con misure diverse dalla custodia cautelare in carcere.

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