Corte costituzionale: nessun automatismo fra condanna per il reato di soppressione di stato e perdita della potestà genitoriale

Redazione 28/01/13
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Lucia Nacciarone

Con la sentenza n. 7 del 23 gennaio 2013 la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 569 del codice penale nella parte in cui stabilisce che scatta sempre la sanzione accessoria della perdita della potestà genitoriale in caso di condanna per il delitto di soppressione di stato di cui all’articolo 566, comma 2, del codice penale.

La questione, sollevata dalla Cassazione, trae origine dalla seguente vicenda: due coniugi erano stati condannati in primo e secondo grado per aver omesso la dichiarazione di nascita all’anagrafe della loro figlioletta, nata nel 2000. l’evento era stato dichiarato all’ufficiale dello stato civile solo nel gennaio 2005, quindi altamente al di fuori del termine obbligatorio indicato dal D.P.R. 396/2000 (la dichiarazione può essere resa, entro dieci giorni dalla nascita, presso il Comune nel cui territorio è avvenuto il parto o in alternativa, entro tre giorni presso la direzione sanitaria dell’ospedale o della casa di cura in cui è avvenuta la nascita)

L’esistenza della bambina era rimasta nascosta per cinque anni, e di conseguenza si era configurato il reato di soppressione di stato, ed alla condanna era seguita la sanzione accessoria della perdita della potestà genitoriale.

Ad avviso dei giudici costituzionali non deve esserci alcun automatismo fra il suddetto reato e la sanzione accessoria: ciò, infatti, contrasta con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che all’articolo 24 prescrive che «in tutti gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del minore deve essere considerato preminente».

Principio analogo è desunto anche dalla Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli adottata dal Consiglio d’Europa il 25 gennaio 1996; pertanto, ne consegue che l’ordinamento internazionale considera preminente l’interesse del bambino, valore, questo, ritenuto fondamentale anche nel nostro ordinamento, dal momento che è stato posto alla base della riforma del diritto di famiglia e della disciplina dell’adozione.

Il giudice penale, continua la Corte costituzionale, deve essere libero di poter valutare caso per caso nell’interesse del minore la permanenza in capo ai genitori della potestà genitoriale.

Da oggi, quindi, la sanzione accessoria sarà ordinata se opportuna, e non più in via obbligatoria.

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