Contratto di appalto: responsabilità dell’appaltatore

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A norma dell’articolo 1655 del codice civile, rubricato “nozione”

L’appalto è il contratto con il quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro

In caso di difformità e vizi dell’opera (art. 1667 c.c.) che non incidono in misura rilevante sulla sua durata ed efficienza, il committente deve, a pena di decadenza, denunciare all’appaltatore le difformità o i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta, salvo che l’appaltatore li abbia riconosciuti oppure occultati.
Il termine decorre da quando il committente prende atto del fatto che il vizio o il difetto derivano dall’imperfetta esecuzione dell’opera da parte dell’appaltatore, che spesso coincide con il rilascio di una perizia di parte che determina le responsabilità, oppure da quando i vizi sono accertati dal direttore dei lavori nominato dal committente stesso.
Una volta inviata la diffida bisogna agire in tribunale al massimo entro due anni dalla consegna dell’opera, in caso contrario scatta la prescrizione.
La garanzia a favore del committente agisce a condizione che l’opera sia stata completata.
Se l’esecuzione non è integrale oppure in caso di ritardo o di rifiuto di consegna, scattano le regole sull’inadempimento contrattuale che danno la possibilità di sciogliere il contratto e non pagare il corrispettivo pattuito.
Se ci sia stata violazione delle condizioni di contratto concordate in precedenza dalle parti o delle regole dell’arte imposte dalla tecnica.
Il committente non è coperto da garanzia se accetta l’opera e le difformità o i vizi da lui conosciuti o riconoscibili e non sono stati in malafede taciuti dall’appaltatore.
Ad essere chiamati in giudizio saranno il progettista, se i vizi e le difformità nell’esecuzione dell’opera dipendono anche da suoi errori, il direttore dei lavori che ha omesso di vigilare sugli operai.
Se a consegna avvenuta ci si accorge di alcuni difetti non visibili in modo semplice, si dovranno contestare le difformità all’appaltatore entro sessanta giorni dalla scoperta e chiedergli, entro due anni dalla fine del lavoro, con una causa in tribunale, di procedere ad eliminare a sue spese gli stessi, o che il prezzo del lavoro sia diminuito in proporzione, oppure lo scioglimento del contratto se le difformità rendono l’opera inadatta alla sua destinazione.
In ognuno di questi casi è possibile chiedere anche il risarcimento del danno.
Se i vizi e le difformità erano stati contestati al momento della consegna, i sessanta giorni decorrono da questa data.
Se la cattiva esecuzione del lavoro comporta la necessità di un rifacimento o di una sostituzione, si deve chiedere all’appaltatore di rifare il lavoro.
Se la cattiva esecuzione del lavoro determina una diminuzione di valore dell’opera, si deve chiedere all’appaltatore una restituzione proporzionale del prezzo pagato.
Se a causa delle difformità o dei vizi l’opera è insensibile, si si deve risolvere il contratto e chiedere la restituzione dell’intero prezzo pagato oltre al risarcimento dei danni.
Esiste anche una garanzia in caso di rovina o gravi difetti dell’immobile.
Sono quei vizi più gravi, come infiltrazioni di acqua, crepe sui muri o sui balconi, cedimenti e sgretolamento del cemento, il pericolo di crollo, il mancato funzionamento di un impianto di riscaldamento, o l’insufficiente isolamento dal rumore o dal freddo.
In simili casi il committente gode di una garanzia di dieci anni dal compimento dell’opera stessa.
Quando si verificano questi casi si devono denunciare al costruttore/appaltatore i gravi vizi entro un anno dalla loro scoperta.
L’azione, a pena di prescrizione, deve essere avviata entro un anno dalla denuncia.
I primo termine scatta quando il committente conosce con sicurezza le cause del difetto.
Non basta vedere una crepa sul muro o una chiazza di umidità per fare decorrere il termine annuale, è necessaria una relazione di parte determini le responsabilità.
La conoscenza del difetto coincide di solito con il momento nel quale esso si manifesta in modo indubbio ed evidente come nel caso di cadute o di rovine, oppure quando sono disposte delle indagini tecniche, con il deposito della relativa consulenza, o relazione peritale, se i vizi e la loro derivazione dall’attività di esecuzione dell’opera possono emergere con sicurezza e in modo esclusivo da questa consulenza.
La garanzia dura dieci anni, che decorrono dal giorno nel quale finiscono i lavori.
Il termine non inizia a decorrere dall’ultimazione delle singole parti sulle quali si riscontrano i difetti.
La garanzia si può estendere ai danni che emergono dopo i dieci anni, e devono dipendere da difetti evidenziati in questo intervallo di tempo.
In simili casi l’appaltatore è tenuto a rifare il lavoro a sue spese, a regola d’arte, e a risarcire i danni, restituendo il corrispettivo ricevuto, interamente o in parte, per il lavoro difettoso, e a pagare il costo dei rifacimenti, delle riparazioni e dei beni eventualmente danneggiati dal crollo.
L’appaltatore non è responsabile esclusivamente in caso di rovina e difetti di un immobile di recente costruzione o di ricostruzione di parte di un immobile, ma anche in caso di lavori di ristrutturazione. La responsabilità aggravata dell’appaltatore si estende anche in caso di manutenzioni dirette a una lunga durata nel tempo e di riparazione straordinarie.
Numerose sentenze hanno affermato che se l’appaltatore si fa carico di eliminare i vizi dell’opera, il committente si potrà avvalere di una distinta e autonoma garanzia, che si prescrive in dieci anni senza fare la preventiva denuncia del vizio e senza il termine di prescrizione dell’azione.
L’impegno spontaneo determina un’obbligazione autonoma di fare, in aggiunta a quelle previste dalla legge, svincolata dai termini più ridotti di decadenza e prescrizione.

Dott.ssa Concas Alessandra

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