Concorso esterno: indispensabile un contributo causale alla realizzazione della fattispecie incriminatrice

Redazione 26/04/12
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La sentenza n. 15727 del 24 aprile 2012, intervenuta a decidere sul caso Dell’Utri, ha annullato la precedente statuizione dei giudici di merito con cui il senatore era stato condannato a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa.

Di nuovo sarà fatto quindi il processo di secondo grado dinanzi al giudice in diversa composizione. Il motivo principale dell’annullamento è la posizione dell’imputato così come valutata in base alla risultanze processuali: mancava, infatti, ad avviso dei giudici di legittimità, una reale consapevolezza dello stesso del vantaggio prodotto in favore della cosca.

L’imputato era stato individuato come mediatore dell’accordo per il quale l’ex Presidente del Consiglio pagava alla mafia cospicue somme per la sua sicurezza e quella dei suoi familiari, e tale circostanza è risultata sufficientemente provata: non altrettanto può dirsi, invece, ad avviso della Corte suprema di legittimità, della consapevolezza da parte dell’imputato di contribuire così alla realizzazione di un programma delinquenziale.

Del resto, come spiegano i giudici, la definizione dei connotati dell’istituto del concorso esterno è stata sempre di obiettiva difficoltà, in considerazione della evanescenza della posizione di un individuo che in ogni caso non intende far parte di un’associazione criminale né magari ne condivide il programma delinquenziale.

Ai fini della configurabilità del concorso esterno, pertanto, occorre che il dolo investa sia il fatto tipico oggetto della previsione incriminatrice, sia il contributo causale recato dalla condotta dell’agente alla conservazione o al rafforzamento dell’associazione, agendo il soggetto nella consapevolezza di recare un contributo alla sua realizzazione, anche parziale, del programma criminoso del sodalizio.

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