La clausola di non concorrenza è un accordo mediante il quale il lavoratore si impegna a non svolgere attività concorrenziali nei confronti dell’ex datore di lavoro dopo la cessazione del rapporto di lavoro. Questo vincolo può riguardare lo stesso settore di attività, un determinato ambito territoriale o specifici clienti.
Indice
1. La funzione della clausola di non concorrenza
La finalità principale è tutelare il know-how aziendale e prevenire la concorrenza sleale. Infatti, in molti settori il lavoratore acquisisce informazioni sensibili, come strategie commerciali, tecniche produttive, dati sui clienti o fornitori, che potrebbero avvantaggiare un’impresa concorrente.
Tuttavia, la clausola non può comprimere eccessivamente il diritto al lavoro e alla libera iniziativa economica, tutelati dagli artt. 4 e 41 della Costituzione. Per questo, l’ordinamento impone limiti rigorosi alla sua validità.
2. Requisiti di validità (art. 2125 c.c.)
L’articolo 2125 del Codice Civile stabilisce tre condizioni essenziali per la validità della clausola di non concorrenza:
- Forma scritta
- La clausola deve essere stipulata per iscritto.
- Un accordo solo verbale è nullo e privo di efficacia.
- Limiti territoriali, temporali e oggettivi
- La restrizione deve essere circoscritta a un determinato settore di attività e a un ambito territoriale specifico.
- Non può impedire completamente al lavoratore di svolgere la propria professione, ma solo limitarla in misura ragionevole.
- La durata massima è di:
- Se la clausola prevede un vincolo superiore, il limite viene automaticamente ridotto a 3 o 5 anni.
- Corrispettivo economico
- Il datore di lavoro deve corrispondere un’indennità proporzionata al sacrificio richiesto al lavoratore.
- Non esiste un minimo legale, ma la giurisprudenza ha stabilito che il compenso deve essere significativo rispetto alla retribuzione.
- Se il corrispettivo è simbolico o irrisorio, la clausola è nulla.
3. Nullità della clausola
Una clausola di non concorrenza è nulla se:
- Non prevede un corrispettivo economico → senza pagamento, il vincolo è nullo.
- Ha limiti troppo vaghi o generici → per esempio, se vieta di lavorare in tutto il settore senza specificare in che ambito.
- Supera i limiti temporali massimi → viene ridotta alla durata legale.
- Limita eccessivamente la libertà lavorativa → se di fatto impedisce al lavoratore di trovare un impiego nel suo settore.
Effetti della nullità:
- Il lavoratore non è vincolato e può lavorare per un concorrente.
- Il datore di lavoro non può richiedere il rispetto della clausola né il risarcimento danni.
4. Violazione della clausola
Se il lavoratore viola il patto di non concorrenza, il datore di lavoro può:
- Richiedere un risarcimento danni → deve dimostrare il pregiudizio subito.
- Far valere una clausola penale → se il contratto la prevede, il lavoratore deve pagare una somma prestabilita.
- Chiedere un provvedimento inibitorio → il giudice può ordinare al lavoratore di interrompere l’attività concorrenziale.
5. Giurisprudenza rilevante
Alcune sentenze chiave hanno chiarito importanti aspetti interpretativi:
- Cass. n. 1912/2017 → Il corrispettivo deve essere proporzionato al sacrificio richiesto al lavoratore. Un pagamento troppo basso rende la clausola nulla.
- Cass. n. 4278/2019 → Un limite territoriale eccessivamente ampio può rendere la clausola nulla, perché impedisce al lavoratore di trovare impiego.
- Cass. n. 6924/2022 → Se la clausola non è sufficientemente determinata, è inapplicabile.
6. Clausole collegate
Le clausole di non concorrenza si combinano spesso con altre previsioni contrattuali:
- Obbligo di fedeltà (art. 2105 c.c.) → Durante il rapporto di lavoro, il dipendente non può danneggiare l’azienda con attività in concorrenza.
- Patto di riservatezza → Impedisce al lavoratore di divulgare informazioni aziendali riservate.
- Patto di stabilità → Vincola il lavoratore a non dimettersi prima di un certo periodo.
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