Avvocato d’ufficio: chi paga le spese per il recupero dell’onorario?

Cosa succede quando l’avvocato nominato d’ufficio deve faticare non solo per ottenere il compenso previsto, ma anche per recuperarlo?

Redazione 05/06/25
Allegati

Il tema del compenso per l’avvocato d’ufficio continua ad attirare l’attenzione della giurisprudenza. Con l’ordinanza n. 14179 del 2025, la Corte di Cassazione – Seconda Sezione Civile – ha nuovamente preso posizione su un aspetto cruciale: chi deve farsi carico delle spese sostenute dal difensore per ottenere il pagamento del proprio onorario? La risposta della Corte offre importanti chiarimenti per tutti i professionisti coinvolti nei processi penali in cui operano su nomina dello Stato. Il “Formulario commentato del nuovo processo civile – Aggiornato ai correttivi Cartabia e mediazione” di Lucilla Nigro offre un supporto pratico e operativo per affrontare ogni fase del contenzioso civile, acquistabile su Shop Maggioli e su Amazon.

Corte di Cassazione -sez. II civ.- ordinanza n. 14179 del 27-05-2025

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Indice

1. Il caso concreto: un compenso parziale e spese negate


Tutto ha avuto inizio quando un avvocato, nominato difensore d’ufficio in un procedimento penale, ha ottenuto dal Tribunale di Milano il riconoscimento di un compenso pari a 430 euro. Tuttavia, il giudice ha respinto la sua ulteriore richiesta: quella relativa al rimborso delle spese che aveva sostenuto per recuperare quel credito, come bolli, notifiche e altre imposte.
L’avvocato ha quindi deciso di ricorrere in Cassazione, sollevando due questioni: da un lato, sosteneva che le spese per il recupero dovessero essere a carico dell’Erario; dall’altro, contestava la compensazione delle spese legali tra le parti, ritenendola ingiustificata. Il “Formulario commentato del nuovo processo civile – Aggiornato ai correttivi Cartabia e mediazione” di Lucilla Nigro offre un supporto pratico e operativo per affrontare ogni fase del contenzioso civile, acquistabile su Shop Maggioli e su Amazon.

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2. Spese di recupero: è lo Stato a dover pagare l’avvocato


La Corte ha accolto il primo dei due motivi di ricorso, riconoscendo che l’avvocato non deve sostenere personalmente i costi per ottenere quanto gli spetta per il suo incarico d’ufficio. La Cassazione ha ribadito che le spese vive necessarie a incassare il compenso – come imposte di bollo, diritti di notifica, e altri costi procedurali – devono essere rimborsate dallo Stato.
Il ragionamento dei giudici è chiaro: l’attività svolta dal difensore d’ufficio è di pubblica utilità, e il professionista agisce per tutelare un diritto riconosciuto. Gravarlo anche delle spese accessorie significherebbe porre un ingiusto ostacolo al riconoscimento del suo compenso. Si tratta di un principio già affermato dalla giurisprudenza (ad esempio con la sentenza n. 22579/2019), che l’ordinanza del 2025 conferma con forza.

3. La compensazione delle spese? Giustificata


Diversa la conclusione della Corte sul secondo motivo del ricorso. L’avvocato riteneva ingiusto che le spese del giudizio fossero state compensate, cioè che nessuna delle parti fosse stata condannata a rimborsare l’altra. Secondo lui, la sua richiesta era stata accolta in buona parte, e quindi non si poteva parlare di una vera “soccombenza”.
Ma la Cassazione ha osservato che la domanda dell’avvocato era articolata su più punti: il giudice di primo grado aveva sì riconosciuto il compenso, ma aveva respinto la richiesta di rimborso delle spese. Questo rendeva legittima la compensazione delle spese legali, secondo quanto previsto dal codice di procedura civile (articoli 91 e 92 c.p.c.).

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La pronuncia ha dunque annullato l’ordinanza del Tribunale milanese, ma solo nella parte relativa al mancato rimborso. Ha inoltre deciso direttamente nel merito, riconoscendo all’avvocato 500 euro per le spese affrontate nel tentativo di ottenere quanto dovuto. Il Ministero della Giustizia è stato condannato a pagare, mentre le spese del giudizio in Cassazione sono rimaste compensate.
Il messaggio della Corte è inequivocabile: il difensore d’ufficio, nel momento in cui deve attivarsi per ottenere il suo compenso, non può essere penalizzato anche con costi ulteriori. È lo Stato, che gli ha conferito l’incarico, a doverne rispondere.

5. Una tutela effettiva per chi lavora per la giustizia


In definitiva, questa ordinanza rappresenta un passo importante verso una maggiore tutela degli avvocati che operano su incarico pubblico. Riconoscere il rimborso delle spese accessorie significa garantire che la loro attività non sia svantaggiata rispetto a quella svolta per clienti privati. Una giustizia equa deve assicurare che chi lavora al suo servizio non debba affrontare ostacoli economici per ottenere il giusto compenso.

Redazione

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