Cassazione: se il lavoratore segnala in ritardo l’erroneità della liquidazione dei compensi in busta paga non può essere licenziato

Redazione 19/12/11
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A deciderlo è stata una recente sentenza della Corte di cassazione (25650 del 12 dicembre 2011), intervenuta a giudicare sulla legittimità del licenziamento di un lavoratore che aveva segnalato in ritardo l’erroneità della liquidazione dei compensi così dimostrando scarsa sensibilità aziendale.

Già i giudici di merito dopo aver rilevato che il lavoratore effettivamente aveva posto in essere il comportamento ascrittogli, avevano sottolineato come la sanzione irrogata non era proporzionata precisando che non era, infatti, leso irreparabilmente il vincolo fiduciario e, in ogni caso, nel contratto collettivo di categoria tale comportamento non era punito con la sanzione del licenziamento. I Giudici di legittimità hanno ritenuto che il giudice di merito si fosse attenuto ai principi di diritto procedendo ad una valutazione rigorosa del comportamento tenuto dal lavoratore, ed anche loro sono giunti alla conclusione della mancanza di proporzionalità fra comportamento del lavoratore e sanzione del datore.

La Suprema Corte ribadisce infatti che «in caso di licenziamento per giusta causa, ai fini della proporzionalità fra fatto addebitato e recesso, viene in considerazione ogni comportamento che, per la sua gravità, sia suscettibile di scuotere la fiducia del datore di lavoro e di far ritenere che la continuazione del rapporto si risolva in un pregiudizio per gli scopi aziendali, essendo determinante, ai fini del giudizio di proporzionalità, l’influenza che sul rapporto di lavoro esercita il comportamento del lavoratore che, per le sue concrete modalità e per il contesto di riferimento, appaia suscettibile di porre in dubbio la futura correttezza dell’adempimento e denoti una scarsa inclinazione ad attuare diligentemente gli obblighi assunti, conformando il proprio comportamento ai canoni di buona fede e correttezza. Spetta al giudice di merito valutare la congruità della sanzione espulsiva non sulla base di una valutazione astratta del fatto addebitato, ma tenendo conto di ogni aspetto concreto della vicenda processuale che, alla luce di un apprezzamento unitario e sistematico, risulti sintomatico della sua gravità rispetto ad un’utile prosecuzione del rapporto di lavoro, assegnandosi a tal fine preminente rilievo non solo alla configurazione che della mancanze addebitate faccia la contrattazione collettiva, ma anche all’intensità dell’elemento intenzionale, al grado di affidamento richiesto dalle mansioni svolte dal dipendente, alle precedenti modalità di attuazione del rapporto (ed alla sua durata ed all’assenza di precedenti sanzioni), alla sua particolare natura e tipologia».

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