Cassazione: la donna che rinuncia al lavoro non ha sempre diritto all’assegno divorzile

Redazione 29/05/14
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Lucia Nacciarone

A deciderlo è la Suprema Corte con la sentenza n. 11797 del 27 maggio 2014, che ha accolto il ricorso di un uomo condannato al pagamento dell’assegno divorzile di 1100 euro in favore della ex consorte e di 500 euro per ciascuno dei due figli.

I giudici di legittimità hanno fatto la seguente analisi: se è vero che la donna, laureata in medicina e chirurgia, aveva rinunciato alla carriera per seguire le faccende domestiche, è altrettanto vero che la stessa aveva ricevuto una cospicua eredità immobiliare che le consentiva di avere un tenore di vita analogo a quello vissuto durante il matrimonio.

La Cassazione ha fatto, nel caso di specie, applicazione del principio generale per cui l’accertamento del diritto all’assegno divorzile va effettuato verificando l’adeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente, raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso o quale poteva legittimamente e ragionevolmente configurarsi sulla base di aspettative maturate nel corso del rapporto. A tal fine, il tenore di vita precedente, deve desumersi dalle potenzialità economiche dei coniugi, ossia dall’ammontare complessivo dei loro redditi e delle loro disponibilità patrimoniali e nella determinazione dell’assegno divorzile i beni acquisiti per successione ereditaria dopo la separazione, ancorchè non incidenti sulla valutazione del tenore di vita matrimoniale, perché intervenuta dopo la cessazione della convivenza, possono tuttavia essere presi in considerazione ai fini della valutazione della capacità economica del coniuge onerato.

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