Cassazione in tema di dichiarazioni spontanee auto indizianti

Redazione 19/07/11
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La sesta sezione penale della Cassazione ha espresso, con la sentenza n. 27464 del 13 luglio 2011, il seguente fondamentale principio: le dichiarazioni spontanee della persona non indagata, anche se auto indizianti, sono comunque ricevibili, e, se espresse in forma di denunzia, devono essere verbalizzate.

Tale principio di diritto sembrerebbe scontrarsi con il disposto dell’art. 63 c.p.p. ai sensi del quale « se davanti all’autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria una persona non imputata ovvero una persona non sottoposta alle indagini rende dichiarazioni dalle quali emergono indizi di reità a suo carico, l’autorità precedente ne interrompe l’esame, avvertendola che a seguito di tali dichiarazioni potranno essere svolte indagini nei suoi confronti e la invita a nominare un difensore. Le precedenti dichiarazioni non possono essere utilizzate contro la persona che le ha rese».

La regola dettata dall’art. 63 c.p.p. non è applicabile al caso posto all’attenzione della Corte perché – si tratti o meno di denunzia – le dichiarazioni che non possono essere raccolte, ove siano auto indizianti, sono quelle che la persona non indagata o non imputata rende nel corso di un esame e cioè su sollecitazione dell’autorità procedente e non quelle che spontaneamente esprime sia pure nel contesto di un’accusa ad altri. Di ciò viene, tra l’altro, data conferma dall’art. 350, co. 7, c.p.p., che ammette che la polizia giudiziaria possa ricevere le dichiarazioni spontanee della persona già indagata e non esclude tra queste le dichiarazioni indizianti, salva la loro utilizzabilità in dibattimento.

Dunque è possibile ricevere dichiarazioni spontanee, anche auto indizianti, a patto che la polizia giudiziaria non intervenga in alcun modo sulle dichiarazioni del soggetto, ponendo domande o in qualche altro modo, iniziando una sorta di interlocuzione con lo stesso.

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