Cassazione: impossibile per le detenute-madri accedere alla detenzione domiciliare se condannate per reati gravi

Redazione 17/12/13
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Lucia Nacciarone

 

Con la sentenza n. 49366 del 13 dicembre 2013 i giudici di legittimità hanno confermato quella interpretazione secondo cui le recenti riforme intervenute in tema di esecuzione della pena (Legge 62/2011 e D.L. 78/2013) non consentirebbero in realtà a tutte le detenute madri di bambini sotto i dieci anni di ottenere la detenzione domiciliare speciale a prescindere dal reato commesso.

Sarebbe da considerarsi valida, invece, l’interpretazione restrittiva secondo cui è da negare il beneficio ai condannati per i reati gravi, fra cui i reati di mafia.

E ciò, in base alle seguenti considerazioni: il comma 1 dell’art. 47 quinquies o.p. detta i requisiti generali per l’ammissione alla detenzione domiciliare speciale, stabilendo il quantum di pena che deve essere stato già espiato per potere la condannata madre avere accesso alla misura alternativa, mentre il comma 1 bis, aggiunto dalla riforma stabilisce condizioni di favore nelle modalità di espiazione di quella frazione di pena, escludendo chi ha riportato condanna per i delitti più gravi di cui all’art. 4 bis o.p., che resta soggetto al regime dell’esecuzione della pena in carcere.

Tuttavia, proseguono i giudici, dalla lettura delle disposizioni è errato far emergere che se le detenuta hanno già scontato il quantum di pena richiesto per accedere al beneficio possano automaticamente accedere alla detenzione domiciliare speciale: infatti, il riferimento ‘salvo che nei confronti delle madri condannate per taluno dei delitti indicati nell’articolo 4 bis’ deve intendersi a coloro che possono essere ammesse alle misure alternative per il superamento delle condizioni ostative alla fruizione dei benefici penitenziari, in quanto le altre ne restano escluse e, pertanto, per queste ultime non si pone la questione del quantum del dove espiare la porzione di pena detentiva prima di ottenere la detenzione domiciliare.

Conferma di ciò viene data dalla lettura del D.L. 78/2013 che, se da un lato ha ampliato il novero dei soggetti che possono accedere al beneficio, dall’altro non è intervenuto a modificare i paletti che riguardano i reati che ostano alla concessione della misura alternativa.

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