Cassazione: colpevole di omicidio il proprietario del pitbull che provoca la morte di una persona

Redazione 30/12/11
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A deciderlo è stata una recente sentenza (n. 48429 del 28 dicembre 2011), con cui i giudici di legittimità hanno ribadito il principio secondo il quale i cani di razza pericolosa devono essere sorvegliati e ad essi devono essere applicate misure idonee ad evitare qualsiasi danno per cose o persone. Altrimenti, come nel caso di specie, al verificarsi del danno, la responsabilità ricade sul proprietario.

La Corte, con la pronuncia in esame, ha respinto il ricorso di un uomo condannato in sede di merito per duplice omicidio colposo, in quanto i suoi due cani avevano assalito e provocato la morte di due uomini.

L’accertamento della colpa ha messo in luce soprattutto l’imprudenza del soggetto, nonché la sua negligenza per aver mancato di predisporre un sistema idoneo ad evitare le probabili fughe dei cani.

I pericolosi pitbull vanno dunque custoditi in luoghi recintati da cui è impossibile evadere, o comunque in luoghi ove non possono introdursi soggetti estranei, proprio per evitare qualsiasi contatto fra l’animale e altre persone. In mancanza di siffatte cautele, c’è sempre la colpa del proprietario.

Precisano, infatti, i giudici di legittimità che «per valutare il comportamento del soggetto tenuto alla custodia e accertarne in positivo la colpa, può e deve aversi riguardo a quanto stabilito dall’articolo 672 del codice penale che, a prescindere dall’intervenuta depenalizzazione, costituisce valido termine di riferimento per la valutazione della colpa. Con la precisazione che, in proposito, non sarebbe sufficiente rifarsi alla presunzione di responsabilità stabilita dall’articolo 2052 del codice civile, che stabilisce principi che rilevano solo in sede civile, ma con l’ulteriore, doverosa precisazione che compete pur sempre al soggetto onerato della custodia l’onere di fornire la prova del caso fortuito, ossia dell’essersi verificato un fatto assolutamente improvviso, imprevedibile e non evitabile dal custode, il quale, pur facendo uso di ogni diligenza, risulti essere stato impedito di adeguare la propria azione alla situazione creatasi, rendendo fatale la verificazione dell’evento, in assenza di colpa, anche minima».

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