Cassa forense: può iscriversi l’avvocato titolare di una concessione per impianti di carburante se ne affida a terzi la gestione

Redazione 18/10/13
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Biancamaria Consales

Questa è la decisione espressa, nella sentenza n. 23536 depositata il 16 ottobre 2013, dalla sezione lavoro della Suprema Corte di cassazione.

Dunque, la Cassa forense non può rifiutare l’iscrizione all’avvocato ritenendolo un commerciante solo perché è titolare di una concessione di impianti di carburante nella ipotesi in cui la gestione sia stata affidata a terzi.

A nulla sono valse le motivazioni proposte dalla Cassa, che invocava, tra l’altro, l’incompatibilità dell’esercizio della professione forense.

“L’invocata incompatibilità dell’esercizio della professione forense di cui all’art. 3 del R.D.L. 1578/33, che preclude, ex art. 2, comma 3, L. 319/75, ancorché non accertata e perseguita dal Consiglio dell’Ordine competente, sia l’iscrizione alla Cassa, sia la considerazione ai fini del conseguimento di qualsiasi trattamento previdenziale forense del periodo di tempo in cui l’attività incompatibile sia stata svolta, è quella con l’esercizio del commercio in nome proprio o in nome altrui”. 
Nella fattispecie, invece, “è pacifico – si legge nella sentenza – che l’avvocato, mero titolare di una concessione per impianti di distribuzione di carburante, abbia affidato a terzi la gestione degli impianti in questione. La espressa previsione dell’esercizio del commercio da parte del professionista in nome proprio o altrui e la previsione nello stesso articolo 3 R.D.L. 1578/33 citato di ipotesi connesse all’assunzione di una determinata qualifica, a prescindere dall’effettivo svolgimento della relativa attività, induce a ritenere che la mera titolarità della concessione per impianti di carburanti non sia ostativa all’esercizio della professione forense, così come motivatamente e condivisibilmente ritenuto dal giudice del gravame.
Diversa è la situazione del professionista che sia solo titolare della concessione per impianti di carburanti, con riferimento alla quale è stato ritenuto che il contratto, con il quale il concessionario d’impianto di distribuzione di carburanti affidi la gestione dell’impianto stesso ad un terzo, comporta il trasferimento al gestore di tutti i poteri relativi alla direzione dell’impresa, con autonomia rispetto al concessionario e la conseguente assunzione del rischio di impresa, che prevede una responsabilità solidale del gestore e del concessionario per gli obblighi derivanti dalla gestione dell’impianto stesso, poiché detta responsabilità solidale è espressamente limitata agli effetti fiscali.

Infine, – continuano gli Ermellini – neanche il rilievo secondo cui l’avvocato, nella sua qualità di titolare della concessione aveva percepito dalla compagnia petrolifera compensi predeterminati contrattualmente dichiarati in sede fiscale quali redditi di impresa, vale a connotare in termini di esercizio del commercio la titolarità della concessione di impianti la cui gestione sia affidata a terzi, essendo i compensi erogati da parte della compagnia petrolifera al concessionario connessi semmai allo svolgimento di un pubblico servizio e non di un’attività commerciale, che, per quanto detto, è svolta direttamente da altri”.

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