La Legge cd. sull’equo compenso (n. 49 del 21 aprile 2023, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 104 del 5 maggio 2023) con l’articolo 8 interviene sulla disciplina della decorrenza del termine di prescrizione dell’azione di responsabilità professionale, individuando nel giorno del compimento della prestazione il relativo dies a quo. Mentre la giurisprudenza segue indirizzi differenti, a seconda dell’humus normativo.
Indice
1. La legge sull’equo compenso
Il testo del provvedimento, che si compone di 13 articoli, è intervenuto sulla disciplina in materia di equo compenso delle prestazioni professionali verso particolari categorie di imprese, con la finalità di rafforzare la tutela del professionista. In dettaglio:
- ha definito quale “equo” il compenso che rispetta specifici parametri ministeriali e interviene sull’ambito applicativo della disciplina vigente, ampliandolo sia per quanto riguarda i professionisti interessati, tra i quali sono inclusi gli esercenti professioni non ordinistiche, sia per quanto riguarda la committenza che viene estesa anche a tutte le imprese che impiegano più di 50 dipendenti o fatturano più di 10 milioni di euro (artt. 1 e 2);
- ha disciplinato la nullità delle clausole che prevedono un compenso per il professionista inferiore ai parametri, nonché di ulteriori specifiche clausole indicative di uno squilibrio nei rapporti tra professionista e impresa, rimettendo al giudice il compito di rideterminare il compenso iniquo (art. 3) ed eventualmente di condannare l’impresa al pagamento di un indennizzo in favore del professionista (art. 4);
- ha previsto che gli ordini e i collegi professionali debbano adottare disposizioni deontologiche volte a sanzionare il professionista che violi le disposizioni sull’equo compenso (art. 5);
- ha consentito alle imprese committenti di adottare modelli standard di convenzione concordati con le rappresentanze professionali, presumendo che i compensi ivi individuati siano equi fino a prova contraria (art. 6);
- ha previsto la possibilità che il parere di congruità del compenso emesso dall’ordine o dal collegio professionale acquisti l’efficacia di titolo esecutivo (art. 7);
- ha disciplinato la decorrenza dei termini di prescrizione delle azioni relative al diritto al compenso (art. 5) e alla responsabilità professionale (art. 8);
- ha consentito la tutela dei diritti individuali omogenei dei professionisti attraverso l’azione di classe, proposta dalle rappresentanze professionali (art. 9);
- ha istituito, presso il Ministero della giustizia, l’Osservatorio nazionale sull’equo compenso (art. 10);
- ha previsto una disposizione transitoria che esclude dall’ambito di applicazione della nuova disciplina le convenzioni in corso, sottoscritte prima della riforma (art. 11).
2. L’articolo 8 della legge sull’equo compenso
Rubricato “Prescrizione per l’esercizio dell’azione di responsabilità professionale”, stabilisce che il termine di prescrizione per l’esercizio dell’azione di responsabilità professionale decorre dal giorno del compimento della prestazione da parte del professionista.
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3. Gli indirizzi più risalenti
La Sezione V del Tribunale meneghino, nella sentenza del 17 aprile 2014, n. 5165, aveva affermato, in tema di responsabilità professionale, che il termine di prescrizione per l’esercizio della relativa azione risarcitoria, inizia a decorrere non dal momento in cui la condotta del professionista determina l’evento dannoso, ma da quello in cui la produzione del danno si manifesta all’esterno, divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile da chi ha interesse a farlo valere. In tal modo, in ambito di responsabilità per omissione, il giudice, nel valutare la c.d. causalità omissiva, deve accertare che l’evento non si sarebbe verificato se l’agente realizzato la condotta doverosa impostagli, con esclusione di fattori alternativi, e il relativo accertamento deve essere condotto ponendo al posto dell’omissione il comportamento alternativo dovuto, per verificare se la condotta doverosa avrebbe evitato il danno lamentato dal danneggiato. Qualche anno prima la Corte d’Appello di Firenze (Sezione I Civile, Sentenza 19 gennaio 2009, n. 60), ai fini dell’accertamento della responsabilità professionale in capo all’avvocato, per inerzia nell’esecuzione dell’incarico cui era seguito l’inutile decorso del termine di prescrizione per l’esercizio dell’azione, aveva posto l’accento sulla necessità di valutare i margini del mandato ad egli conferito. In altre parole, il cliente, per il giudice territoriale fiorentino, ha l’onere di provare l’oggetto ed i limiti dell’incarico conferito. In particolare, nel caso di incarico stragiudiziale, ha l’onere di provare che il mandato conservativo dei propri diritti estende i suoi confini al di là della ricerca di documenti e del tentativo di accordo riguardando anche le attività successive alla fallita trattativa stragiudiziale.
4. Una recente pronuncia: prescrizione dell’azione di responsabilità professionale
La II Sezione Civile della Corte di Cassazione, tramite l’Ordinanza dell’8 gennaio 2025, n. 363, ha operato una sorta di recap degli orientamenti giurisprudenziali in tema di azione risarcitoria per responsabilità professionale, ai fini dell’individuazione del momento iniziale di decorrenza del termine prescrizionale. Per lo stesso collegio si deve avere riguardo all’esistenza di un danno risarcibile ed al suo manifestarsi all’esterno come percepibile dal danneggiato alla stregua della diligenza da quest’ultimo esigibile ai sensi dell’art. 1176 c.c., secondo standards obiettivi e in relazione alla specifica attività del professionista, in base ad un accertamento di fatto rimesso al giudice del merito. La fattispecie posta sotto la lente era relativa alla responsabilità di un notaio per aver redatto atto di assenso ad iscrizione ipotecaria su un bene non di proprietà del debitore; quindi, la Corte ha ritenuto il termine di prescrizione decorrente non dall’epoca dell’atto di iscrizione, ma dalla scoperta da parte del creditore dell’inesistenza della garanzia ipotecaria (Sez. 3, Sentenza n. 22059 /2017, conf. Sez. 3, Ordinanza n. 16631/2023). Infatti, ai fini della decorrenza del termine di prescrizione deve farsi riferimento al momento in cui, rispettivamente, ha luogo l’inadempimento e si concreta la manifestazione oggettiva del danno, avendo comunque riguardo all’epoca di accadimento del fatto lesivo, per come obiettivamente percepibile e riconoscibile, e non al dato soggettivo della conoscenza della mancata attuazione della prestazione dovuta e del maturato diritto al risarcimento, potendo tale conoscenza essere colpevolmente ritardata dall’incuria del titolare del diritto (Sez. 2, Sent. n. 1889/2018). D’altra parte, ha osservato il collegio, l’art. 2935 c.c., ancorando l’exordium praescriptionis al momento in cui il diritto può essere fatto valere, “si riferisce solo alla possibilità legale di esercizio del diritto, valorizzando così solo gli impedimenti di carattere giuridico e non quelli di fatto”. La medesima Corte con la sentenza n. 3176/2016 aveva rilevato, com’è stato in seguito ribadito dalla sentenza n. 6747/2016, che l’inadempimento del professionista “si configura come l’evento produttivo (o la fonte) del danno risarcibile, ma non si identifica con questo, che è invece da individuarsi nel pregiudizio (perdita subita o mancato guadagno) patito dal creditore della prestazione quale conseguenza immediata e diretta, ai sensi dell’art. 1223 cod. civ., della condotta inadempiente”. Nella specie i danni lamentati dal ricorrente, astrattamente riconducibili a un’attività negligente del notaio tutta da dimostrare, non sono dipesi dalla declaratoria di nullità del contratto, bensì dalla scoperta dell’esistenza di usi civici gravanti sul bene. Per questo motivo la Corte d’Appello aveva individuato il momento produttivo del danno, posticipandolo di ben 14 anni rispetto al momento dell’asserita ed eventuale condotta negligente del notaio nella stipula del contratto, in applicazione della giurisprudenza sopra citata secondo cui il fatto dannoso si perfeziona nel momento in cui il professionista compie l’atto contestato mentre l’effettivo danno può non determinarsi affatto, oppure essere contestuale al compimento dell’atto ovvero, ancora, sorgere in un momento successivo. La sentenza impugnata, per il collegio della II Sezione Civile, ha fatto corretta applicazione dei principi affermati dal giudice di legittimità, ovvero che la prescrizione del diritto al risarcimento del danno sorge nel momento in cui la produzione di tale danno si manifesta all’esterno, “divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile”; e che gli eventuali ostacoli all’esercizio del diritto, rilevanti ai fini dell’art. 2935 cod. civ., sono soltanto “gli impedimenti di carattere giuridico, non quelli di fatto” (sentenza n. 21026/2014). Nessun impedimento di diritto all’azione di responsabilità nei confronti del notaio è stato riscontrato nel caso di specie e, dunque, non poteva trovare applicazione il principio indicato dal ricorrente secondo cui la prescrizione del diritto al risarcimento del danno ove questo consegua all’accoglimento giudiziale di una pretesa altrui, inizia a decorrere soltanto dalla data del passaggio in giudicato di detto accoglimento ovvero dalla data in cui è emesso un provvedimento giudiziale suscettibile di essere posto in esecuzione (Sez. 3, Sentenza n. 26020/2011).
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