La Cassazione, accogliendo le doglianze del sanitario avverso la pronuncia di secondo grado, ha riconosciuto come legittimo il suo rifiuto di proseguire l’intervento iniziato, in assenza del secondo chirurgo – che non interveniva tempestivamente, ma con venti minuti di ritardo – la cui richiesta partecipazione si rendeva invece necessaria anche in considerazione delle particolari condizioni fisiche della paziente, al fine di prevenire una possibile complicanza.
Primaria l’esigenza della paziente di essere operata in sicurezza
La pronuncia di merito, in particolare, addebitava al ricorrente l’impazienza nell’attesa del secondo operatore, affermando come egli avesse dato illecita prevalenza alla sue doglianze piuttosto che alle esigenze di salute della paziente, costretta a subire i disagi di un successivo intervento. Secondo gli Ermellini tuttavia, la Corte d’appello, così argomentando, ha omesso di considerare che tra le ragioni del rifiuto di proseguire l’intervento, vi era l’esigenza della paziente, primaria ed assolutamente cogente, di essere operata in condizioni di sicurezza.
Intervento non indifferibile
Né vale ad accusare il medico ricorrente, la considerazione circa l’indifferibilità dell’intervento chirurgico rifiutato, essendone stata riscontrata l’incontestata natura elettiva e dunque la non urgenza. Una indifferibilità, conclude la Corte Suprema, che di certo non si giustifica con il disagio del paziente per il successivo intervento.
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