Arbitrato rituale e irrituale, gli ermellini puntualizzano le differenze

Redazione 26/08/13
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Lilla Laperuta

Con sentenza n. 19182 del 19 agosto 2013 la Corte di Cassazione, rinviando al giudice di appello la decisione sul c.d. “lodo Pandev” che aveva visto contrapposto il giocatore alla società sportiva, ha sottolineato le differenze procedurali fra arbitrato rituale e irritale evidenziando i seguenti punti:

1. nell’arbitrato rituale le parti vogliono che si pervenga ad un lodo suscettibile di essere reso esecutivo e di produrre gli effetti di cui all’art. 825 c.p.c., con l’osservanza delle regole del procedimento arbitrale mentre nell’arbitrato irrituale le stesse intendono affidare all’arbitro la soluzione di controversie soltanto attraverso lo strumento negoziale riconducibile alla volontà delle parti stesse;

2. nell’alveo degli arbitrati irrituali rientrano sia le clausole compromissorie come quelle delle Federazioni sportive, ma anche tutte le controversie in materia di lavoro privato previste sia dalla legge che dai contratti collettivi e le vertenze relative alle sanzioni disciplinari irrogate ai dipendenti della Pubblica Amministrazione;

3. al riconoscimento dell’irritualità consegue l’applicabilità del regime di impugnazione di cui all’art. 412quater c.p.c. secondo cui il lodo è impugnabile innanzi al tribunale in funzione di giudice del lavoro e che avverso la sentenza pronunciata in primo ed unico grado dal tribunale, l’unico mezzo di impugnazione proponibile è il ricorso per cassazione, diversamente da quello che accade per l’arbitrato rituale ove l’impugnazione per nullità del lodo si propone dinanzi alla Corte d’appello. Ne deriva che se il lodo irrituale viene impugnato erroneamente innanzi alla Corte d’appello anziché al Tribunale, trattandosi di incompetenza per grado, non opera il principio secondo il quale la tempestiva proposizione del gravame ad un giudice incompetente impedisce la decadenza dell’impugnazione.

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