Aggravante odio razziale: quando procedere direttamente alla rideterminazione

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In tema di circostanza aggravante di cui all’art. 604-ter c.p., quando la Corte di Cassazione può procedere direttamente alla rideterminazione dell’entità dell’aumento di pena.
(Riferimento normativo: Cod. pen., art. 604-ter, co. 1)
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Corte di Cassazione -sez. V pen.- sentenza n. 25541 del 26-04-2023

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Indice

1. La questione


La Corte di Appello di Torino, in parziale riforma di una decisione emessa dal Tribunale della medesima città, aveva dichiarato l’imputato colpevole di atti persecutori, aggravato anche ai sensi dell’art. 604 ter c.p., nonché di lesioni personali volontarie aggravate, rideterminando la pena in anni uno e mesi otto di reclusione, e confermato nel resto al decisione di primo grado.
Ciò posto, avverso il provvedimento emesso dai giudici di seconde cure proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’accusato che, tra i motivi addotti, deduceva l’erronea applicazione dell’art. 604 ter c.p., e l’illegalità della pena, in quanto, a suo avviso, la Corte territoriale, nel rideterminare il trattamento sanzionatorio, aveva operato, ai fini della circostanza aggravante dell’odio razziale, un aumento sulla pena base, individuata in mesi otto di reclusione, pari a mesi otto di reclusione, ovvero ben oltre il limite legale che la predetta norma indica “fino alla metà“.


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2. La soluzione adottata dalla Cassazione


La Suprema Corte riteneva il motivo summenzionato fondato.
In particolare, gli Ermellini, dopo avere rammentato che l’art. 604-ter c.p. prevede, ai fini dell’aumento per la circostanza aggravante dell’odio razziale, che “la pena è aumentata fino alla metà”, evidenziavano come la Corte di Appello, nel rideterminare il trattamento sanzionatorio, avesse individuato una pena base pari a otto mesi di reclusione, rispetto alla quale, in conformità alla richiamata previsione di legge, l’aumento, pari, nel massimo, alla metà, corrisponde a mesi quattro di reclusione.
Tal che se ne faceva conseguire come risultasse essere stato erroneamente individuato, dalla sentenza impugnata, un aumento corrispondente (non già alla metà, ma) al doppio della pena base.
Orbene, a fronte di tale errore di diritto, i giudici di piazza Cavour ritenevano come l’errore di calcolo, nel quale era incorsa la Corte territoriale torinese nel caso di specie, potesse essere emendato in sede di legittimità, emergendo dalla motivazione della sentenza impugnata che il Giudice a quo aveva voluto commisurare l’aumento per la circostanza aggravante di cui all’art. 604 ter c.p., nella sua misura massima che, appunto, corrispondeva nella fattispecie in esame a mesi quattro di reclusione, atteso che la Corte di Cassazione, qualora non siano necessari nuovi accertamenti di fatto, può procedere direttamente alla rideterminazione della pena, ai sensi della nuova formulazione dell’art. 620, lett. I), c.p.p., come sostituito dalla L. n. 103 del 2017, art. 1, comma 67, sulla base degli elementi di fatto che emergono dal giudizio di merito (Sez. 6, n. 12391 del 18/01/2018).
La Suprema Corte, alla stregua delle considerazioni sin qui esposte, formulava pertanto il seguente principio di diritto: “in tema di aumento per la circostanza aggravante di cui all’art. 604 -ter c.p., la Corte di cassazione può procedere direttamente alla rideterminazione dell’entità dell’aumento di pena, quando le argomentazioni esposte nella motivazione del giudice di merito consentano alla Corte di esercitare la propria “discrezionalità vincolata”, senza necessità di svolgere ulteriori accertamenti, che sarebbero incompatibili con il giudizio di legittimità e imporrebbero il giudizio di rinvio”.
La Corte di legittimità, di conseguenza, in relazione a tale principio di diritto, annullava senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio, rideterminando la pena in anni uno e mesi quattro di reclusione.

3. Conclusioni


Fermo restando che, come è noto, l’art. 604-ter, co. 1, c.p. statuisce che, per “i reati punibili con pena diversa da quella dell’ergastolo commessi per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso, ovvero al fine di agevolare l’attività di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i loro scopi le medesime finalità la pena è aumentata fino alla metà”, la decisione in esame desta un certo interesse, essendo ivi chiarito quando la Corte di Cassazione può procedere direttamente alla rideterminazione dell’entità dell’aumento di pena in tale caso.
Si afferma difatti in siffatta pronuncia, dopo avere fatto presente, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che la Corte di Cassazione, qualora non siano necessari nuovi accertamenti di fatto, può procedere direttamente alla rideterminazione della pena, ai sensi della nuova formulazione dell’art. 620, lett. I), c.p.p., come sostituito dalla L. n. 103 del 2017, art. 1, comma 67, sulla base degli elementi di fatto che emergono dal giudizio di merito, che, in tema di aumento per la circostanza aggravante di cui all’art. 604 -ter c.p., che la Corte di Cassazione può procedere direttamente alla rideterminazione dell’entità dell’aumento di pena, quando le argomentazioni esposte nella motivazione del giudice di merito consentano alla Corte di esercitare la propria “discrezionalità vincolata“, senza necessità di svolgere ulteriori accertamenti, che sarebbero incompatibili con il giudizio di legittimità e imporrebbero il giudizio di rinvio.
Dunque, ove si verifichi una situazione di questo genere, perlomeno alla stregua di tale approdo ermeneutico, ben può la Corte di legittimità può procedere direttamente alla rideterminazione dell’entità dell’aumento di pena dovuto per effetto dell’art. 604-ter, co. 1, cod. pen..
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché prova a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il profilo giurisprudenziale, non può che essere che positivo.

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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