Affido condiviso anche in presenza di difficoltà relazionali con uno dei genitori

Redazione 19/12/11
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di Anna Costagliola

Ha diritto ad ottenere l’affido condiviso, che è oggi la regola, anche il genitore che ha «difficoltà relazionali» con il minore che dichiara espressamente di voler stare con l’altro genitore.

È quanto stabilito, ribadendo un costante orientamento seguito dalla giurisprudenza della Cassazione in tema di affidamento condiviso, dalla Corte d’Appello di Roma che, con la sentenza n. 4877/2011, ha respinto il ricorso di un padre che chiedeva l’affido esclusivo del figlio avendogli questi manifestato la volontà di non voler stare con la madre per avere con lei «difficoltà relazionali».

L’affido condiviso, introdotto dalla L. 54/2006 in sostituzione del sistema monogenitoriale di affidamento, quale regola generale da seguire in caso di separazioni coniugali, mira a realizzare il diritto del minore alla cd. «bigenitorialità», ovvero il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale (art. 155 c.c.). La «bigenitorialità» implica infatti l’assunzione di una pari responsabilità dei genitori in ordine alla cura, all’educazione e all’istruzione dei figli, anche dopo la separazione, il divorzio o lo scioglimento della coppia convivente di fatto.

Sulla base di tali premesse il legislatore ha previsto che, in sede di separazione, il giudice debba valutare prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati ad entrambi i genitori, potendo lo stesso giudice ricorrere all’affidamento esclusivo solo quando quello condiviso risulti pregiudizievole per l’interesse del minore, perché ad esempio nei confronti di uno dei genitori sia stata accertata una condizione di carenza o di inidoneità educativa.

Nel caso in oggetto, il giudice dell’appello ha respinto la richiesta di affidamento esclusivo non risultando provata la inidoneità dell’altro genitore a gestire l’affidamento condiviso, tale da rendere lo stesso pregiudizievole per il minore. La Corte rileva, in particolare, come lo stesso minore, pur avendo dichiarato di gradire la permanenza presso il padre e di avere attualmente difficoltà a relazionarsi con la madre, abbia in ogni caso manifestato la sua disponibilità a recarsi da lei due pomeriggi la settimana, con ciò dovendosi intendere la inesistenza di una irrimediabile conflittualità nei rapporti tra madre e figlio. D’altra parte, come sottolinea la Corte, dalla consulenza d’ufficio espletata nel processo di primo grado emerge che il ragazzo, nel non breve periodo in cui è stato collocato presso la madre, aveva con lei un intenso legame affettivo e che lo stato di disagio manifestato deve verosimilmente ascriversi a fisiologiche difficoltà evolutive adolescenziali, per le quali è prevalso nel minore il bisogno di modelli identificativi maschili, costituiti dal padre e dai fratelli. Nulla si rinviene, pertanto, che consenta di ritenere pregiudizievole per il minore l’affidamento congiunto, così che, in difetto di tale pregiudizio, non può disporsi l’affidamento in via esclusiva al padre.

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