Con la sentenza n. 2487/2025, la Corte d’Appello di Venezia ha affrontato il tema dell’addebito della separazione coniugale in presenza di un presunto tradimento. La decisione conferma un orientamento ormai consolidato in giurisprudenza, secondo cui l’infedeltà, per giustificare l’addebito, deve costituire la causa determinante della crisi coniugale. Il provvedimento rappresenta un esempio chiaro di applicazione rigorosa del principio del nesso causale tra comportamento violativo dei doveri coniugali e fallimento della convivenza. Per un supporto operativo al professionista, abbiamo preparato il Formulario commentato della famiglia e delle persone, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon.
Indice
- 1. Il fatto: infedeltà contestata e crisi coniugale già in atto
- 2. L’addebito della separazione tra norma e giurisprudenza costante
- 3. Il ragionamento della Corte: irrilevanza dell’adulterio in una crisi pregressa
- 4. Le conseguenze operative: la prova del nesso causale resta centrale
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1. Il fatto: infedeltà contestata e crisi coniugale già in atto
Nel caso in esame, la moglie chiedeva la separazione con addebito al marito, lamentando un comportamento adulterino documentato da una relazione investigativa risalente a gennaio 2022. La donna allegava altresì una relazione psicodiagnostica per dimostrare il danno subito a seguito della presunta violazione del dovere di fedeltà.
La domanda veniva respinta in primo grado dal Tribunale di Verona, che riteneva insussistente il necessario nesso di causalità tra il tradimento e la crisi coniugale, collocando l’origine della disgregazione familiare già nel 2018, all’indomani della nascita della figlia. Per un supporto operativo al professionista, abbiamo preparato il Formulario commentato della famiglia e delle persone, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon.
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2. L’addebito della separazione tra norma e giurisprudenza costante
Secondo l’art. 151, secondo comma, c.c., il giudice può pronunciare la separazione con addebito qualora la crisi coniugale sia riconducibile esclusivamente al comportamento colpevole di uno dei coniugi. A tal fine, la violazione dei doveri matrimoniali (fedeltà, coabitazione, assistenza morale e materiale, collaborazione) non è sufficiente di per sé, dovendo essere dimostrato che tale violazione abbia costituito la causa efficiente e determinante dell’intollerabilità della convivenza.
La giurisprudenza di legittimità ha più volte ribadito questo principio (Cass. civ., n. 13858/2025; n. 8071/2025; n. 40795/2021), escludendo l’addebito in ipotesi di crisi già conclamata e indipendente dal comportamento trasgressivo. In particolare, la Corte di Cassazione ha affermato che la disaffezione reciproca può giustificare la separazione senza che vi sia un profilo di colpa, riconoscendo il diritto costituzionalmente garantito a sciogliere un legame affettivo esaurito.
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3. Il ragionamento della Corte: irrilevanza dell’adulterio in una crisi pregressa
La Corte d’Appello di Venezia ha evidenziato che l’addebito presuppone una prova rigorosa, non solo della condotta contraria ai doveri coniugali, ma anche del suo ruolo causale esclusivo nel determinare la crisi. Nel caso concreto, pur ipotizzando l’esistenza della relazione extraconiugale, la Corte ha escluso che essa potesse aver generato l’intollerabilità della convivenza, già compromessa da anni.
Testimonianze e relazioni dei servizi sociali hanno mostrato un progressivo deterioramento del rapporto coniugale, segnato da mancanza di intimità, esclusione del padre dalla cura della figlia e assenza di comunicazione affettiva. Tali elementi, per la Corte, erano indicativi di un disequilibrio coniugale consolidato, che rendeva irrilevante, ai fini dell’addebito, la successiva infedeltà.
4. Le conseguenze operative: la prova del nesso causale resta centrale
La sentenza in commento rafforza un orientamento operativo di estrema importanza per la pratica forense: in giudizio, la parte che richiede l’addebito deve fornire non solo la prova del comportamento colpevole, ma anche quella del nesso causale tra tale condotta e la crisi irreversibile. In mancanza di tale dimostrazione, l’addebito non può essere pronunciato, anche a fronte di comportamenti astrattamente censurabili.
Ciò implica, nella pratica, che relazioni extraconiugali, disinteresse affettivo o abbandono del tetto coniugale devono essere valutati nel contesto complessivo della relazione, tenendo conto dell’evoluzione dei rapporti coniugali. Il principio di diritto affermato dalla Corte veneta richiama a una valutazione sostanziale della crisi matrimoniale, che deve fondarsi su prove oggettive, coerenti e contestualizzate.
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