Separazione e addebito: gli screenshot delle chat senza consenso sono prove valide?

Il tema dell’utilizzo delle conversazioni digitali nei giudizi di separazione è stato nuovamente al centro di una significativa pronuncia.

Redazione 24/04/25
Allegati

Il tema dell’utilizzo delle conversazioni digitali nei giudizi di separazione è stato nuovamente al centro di una significativa pronuncia della Corte di Cassazione, che con ordinanza n. 4530/2025 ha offerto importanti chiarimenti in materia di prova dell’addebito. Per un approfondimento su questi temi, ti segnaliamo il volume “I nuovi procedimenti di famiglia”, aggiornato alle ultime novità normative e giurisprudenziali.

Corte di Cassazione -ordinanza n. 4530 del 20-02-2025

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Indice

1. La vicenda giudiziaria della separazione con addebito: dal Tribunale alla Cassazione


Il caso prende le mosse dalla decisione del Tribunale di Pesaro, che aveva pronunciato la separazione personale di due coniugi, rigettando la domanda di addebito formulata dalla moglie e disponendo un assegno di mantenimento per il figlio minore e la stessa donna. In appello, la sentenza veniva riformata: la Corte territoriale accoglieva la richiesta di addebito, ravvisando una comprovata infedeltà coniugale del marito, e aumentava l’assegno. L’uomo, ritenendo lesi i propri diritti, ricorreva in Cassazione, censurando, tra le altre cose, l’utilizzo di screenshot di conversazioni WhatsApp e Telegram allegati dalla moglie e acquisiti – a suo dire – in violazione del diritto alla riservatezza. Per un approfondimento su questi temi, ti segnaliamo il volume “I nuovi procedimenti di famiglia”, aggiornato alle ultime novità normative e giurisprudenziali.

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2. La questione giuridica: si può fondare una decisione su prove digitali acquisite senza consenso?


Al centro della controversia vi era l’utilizzabilità, a fini probatori, di chat estrapolate da un telefono cellulare appartenente al coniuge, senza il suo consenso. Tali messaggi, secondo la Corte d’Appello, erano sufficienti a dimostrare la relazione extraconiugale dell’uomo, considerata causa della crisi coniugale e della successiva separazione.
Tuttavia, la Cassazione ha ritenuto infondata la ricostruzione operata dai giudici d’appello, evidenziando gravi profili di illegittimità nell’acquisizione e nell’utilizzazione del materiale probatorio.

3. Il nodo della testimonianza “de relato actoris”


Un passaggio chiave della decisione riguarda la valutazione della testimonianza resa da un’amica della moglie, chiamata a confermare la tesi della condivisione delle password tra i coniugi e la presunta ammissione del marito riguardo alla propria infedeltà.
La Suprema Corte ha qualificato tale dichiarazione come “testimonianza de relato actoris”, ossia fondata su fatti riferiti al testimone dalla parte stessa del processo, e non direttamente percepiti. In base a consolidata giurisprudenza (si veda, tra le altre, Cass. n. 569/2015 e Cass. n. 8358/2007), questo tipo di testimonianza non può costituire né prova diretta né indizio attendibile, proprio perché non basata su esperienza diretta dei fatti.
Di conseguenza, non era possibile attribuire alcun valore probatorio alla dichiarazione sulla condivisione delle password, su cui si fondava la presunta liceità dell’accesso alle conversazioni digitali.

4. Gli screenshot: prove inutilizzabili se acquisite illecitamente


Altro profilo di rilievo riguarda la provenienza e la modalità di acquisizione degli screenshot. La Corte di Cassazione ha sottolineato che, in assenza di prova concreta del consenso all’accesso al telefono dell’altro coniuge, tali contenuti non possono essere utilizzati nel giudizio. La sola allegazione di screenshot privi di data, intestazione, mittente e destinatario identificabili non soddisfa i requisiti minimi per una prova attendibile e soprattutto lecita.
Anche in presenza di una relazione affettiva o convivenziale, il rispetto della sfera privata e digitale dell’individuo resta protetto dall’art. 8 CEDU e dall’art. 2 Cost., e non può essere derogato in assenza di una chiara e documentata autorizzazione.

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5. Le conseguenze sul giudizio di addebito


La sentenza impugnata risultava basata esclusivamente su due elementi giudicati inutilizzabili dalla Cassazione: da un lato, le chat acquisite senza consenso; dall’altro, la testimonianza indiretta e priva di valore probatorio. L’intero impianto probatorio risultava quindi compromesso.
Per questo motivo, la Corte ha accolto il ricorso del marito, annullando la sentenza d’appello e rinviando la causa ad altra sezione della Corte d’Appello per una nuova valutazione sulla base di elementi probatori leciti e utilizzabili.

6. La rilevanza della pronuncia: garanzie di riservatezza e limiti alla prova digitale


L’ordinanza n. 4530/2025 si colloca in un filone giurisprudenziale sempre più attento alla tutela della riservatezza e della dignità della persona nel contesto dei procedimenti familiari. La Cassazione riafferma due principi fondamentali:

  • Le prove digitali sono utilizzabili solo se acquisite lecitamente, nel rispetto della privacy;
  • Le testimonianze de relato actoris non hanno alcun valore probatorio, se non corroborate da ulteriori elementi oggettivi.

La separazione con addebito, pur rappresentando una questione di fatto e fondata sull’accertamento di comportamenti gravi contrari ai doveri coniugali, non può basarsi su mezzi di prova che violano diritti costituzionali o convenzionali.

7. Conclusione


L’uso di screenshot di conversazioni private tra coniugi, se non accompagnato da una prova certa di acquisizione legittima, non può fondare una sentenza di separazione con addebito. La Cassazione invita giudici e parti a muoversi con cautela nella raccolta e nell’utilizzo delle prove digitali, valorizzando strumenti compatibili con il diritto alla privacy e con il principio del giusto processo.

Redazione

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