Accertamenti di proprietà: necessaria la delibera

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L’amministratore non può agire per accertare la proprietà comune di una terrazza senza una valida delibera che lo autorizzi a proporre la lite attiva
>>>Corte di Cassazione – sez. II – sentenza n. 37739 del 23-12-2022<<<

Indice

1. La vicenda

Un condominio citava in giudizio due condomini chiedendo che (anche tenendo conto del regolamento) fosse accertata la comproprietà condominiale pro indiviso della terrazza a livello dell’ottavo piano  (attigua all’appartamento di proprietà dei convenuti) e la conseguente illegittimità delle opere eseguite dai medesimi nella proprietà comune; il condominio pretendeva la condanna dei condomini a rimuovere le dette opere abusive, ripristinando lo status quo ante, oltre al risarcimento dei danni subiti dal condominio, da liquidarsi in via equitativa. I convenuti si costituivano in giudizio ed eccepivano, in via preliminare, il difetto di legittimazione attiva dell’amministratore, la mancanza di una valida delibera assembleare, nonché l’insussistenza di interesse ad agire in capo al condominio. In ogni caso sostenevano di aver regolarmente acquistato la terrazza in questione, unitamente all’appartamento; di conseguenza, allo scopo di essere manlevati da ogni eventuale pregiudizio conseguente all’eventuale accoglimento delle richieste della collettività condominiale, chiedevano di chiamare in causa i venditori. Quest’ultimi si costituivano in giudizio sostenendo di aver acquistato a titolo di usucapione per possesso ultradecennale la terrazza a livello in questione, nonché la legittimità del trasferimento di detta copertura in favore dei convenuti; di conseguenza ritenevano nulla e/o inefficacia la norma del regolamento condominiale che riservava la proprietà di detto bene al condominio. Il Tribunale dava ragione al condominio e condannava i convenuti, in solido, al ripristino dello status quo ante, mediante rimozione delle opere realizzate. La Corte di Appello (che confermava la decisione di primo grado), in merito alla ribadita eccezione di carenza di legittimazione attiva dell’amministratore, osservava che lo scopo dell’azione non era l’astratto accertamento della proprietà della terrazza, bensì all’eliminazione dei manufatti che su di essa erano stati abusivamente realizzati, con la conseguenza che l’azione esercitata aveva una connotazione prettamente conservativa; secondo i giudici di secondo grado tale conclusione era coerente con una delibera assembleare che aveva conferito all’avvocato incaricato ogni più ampio mandato affinché tutelasse i diritti del condominio e dei singoli condomini.

3. La soluzione

La Cassazione ha notato che l’amministratore per essere legittimato ad agire per accertare la proprietà comune della terrazza aveva bisogno dell’autorizzazione assembleare. In particolare, secondo i giudici supremi l’azione intrapresa dal condominio non è conservativa, cioè volta a salvaguardare l’integrità materiale del bene comune avverso la realizzazione di condotte lesive del decoro architettonico e dell’estetica. Come evidenzia la Suprema Corte la pretesa volta ad ottenere la rimessione in pristino di detto bene è stata pacificamente subordinata al previo accertamento della proprietà condominiale della terrazza a livello, che ha costituito il punto controverso su cui si è fondata la lite. Di conseguenza l’azione con cui i condomini di un edificio chiedono l’accertamento della contitolarità della proprietà di un bene è un’azione di natura reale che esula dalle attribuzioni dell’amministratore.

4. Le riflessioni conclusive

Secondo un principio consolidato le azioni (reali) nei confronti dei terzi, a difesa dei diritti dei condomini sulle parti comuni di un edificio, tendono ad ottenere statuizioni relative alla titolarità ed al contenuto dei diritti medesimi e, pertanto, esulando dall’ambito degli atti meramente conservativi, non possono essere proposte dall’amministratore del condominio. Infatti, mentre, secondo l’art. 1131 c.c., secondo comma, la legittimazione passiva è attribuita all’amministratore con riferimento a qualsiasi azione concernente le parti comuni, al contrario, l’art. 1130, n. 4, c.c. ne limita la legittimazione attiva agli atti conservativi delle parti comuni dell’edificio (Cass. civ., sez. II, 11/10/2016, n. 20453). Alla luce di quanto sopra si può affermare che l’azione di rivendicazione richiede un mandato speciale rilasciato da ciascun condomino (Cass. civ., sez. II, 08/01/2015, n.40).
Allo stesso modo, ai sensi degli art. 1130 c.c. e 1131 c.c., comma primo, l’esperimento da parte dell’amministrazione del condominio di edificio di “actio confessoria servitutis“, nei confronti del singolo condomino o del terzo, richiede l’autorizzazione dell’assemblea o il mandato espresso dei singoli partecipanti, vertendosi in tema di azione reale con finalità non meramente conservativa, la quale esula dai limiti delle normali attribuzioni dell’amministratore (Cass. civ., sez. II, 25/06/1994, n. 6119); alle stesse conclusioni si deve arrivare per la domanda diretta ad ottenere la costituzione di una servitù di transito a carico di terzi, perché comporta l’estensione del diritto dominicale di ciascun condomino.

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Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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