Abusivismo edilizio, i provvedimenti di repressione non vanno comunicati all’interessato

Redazione 24/11/11
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Gli atti di repressione degli abusi edilizi hanno natura urgente e strettamente vincolata, essendo emanati a motivo dell’insussistenza del titolo per l’avvenuta trasformazione del territorio. Ne consegue che, ai fini della loro adozione, non sono richiesti apporti partecipativi del soggetto destinatario. In altri termini viene meno l’obbligo di comunicazione di cui all’art. 7 L. 241/1990, legge generale sul procedimento amministrativo. La precisazione proviene dal TAR Campania, sez. III, sent. 22-11-2011 n. 5480.

Di più: nella fattispecie all’esame del giudice di merito le doglianze attoree sono state ritenute infondate anche in ordine all’insufficienza della motivazione.

La comunicazione di avvio, si ricorda, costituisce, il primo atto del complessivo iter procedimentale e si configura quale obbligo per l’amministrazione procedente di notiziare dell’attivazione i soggetti che potrebbero essere compromessi dagli effetti del provvedimento finale.

Solo in presenza di ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento viene meno l’obbligo della comunicazione in parola. L’articolo 7 succitato esprime invero un principio generale dell’ordinamento giuridico, per cui le limitazioni espresse alla sua osservanza si devono intendere in modo rigoroso e restrittivo. Al riguardo si è anzi puntualizzato che deve trattarsi non di un’urgenza qualsiasi, piuttosto di un’urgenza qualificata e che la decisione della pubblica amministrazione di derogare all’obbligo di comunicazione deve essere supportata da idonea motivazione circa i presupposti di urgenza che hanno giustificato la stessa. (cfr. Cons. Stato, sez. IV, sent. 5832/2006).

Nella fattispecie particolare di abuso edilizio l’ordinanza di demolizione non richiede, in linea generale, una specifica motivazione; l’abusività costituisce di per sé motivazione sufficiente per l’adozione della misura repressiva in argomento. Presupposto per l’emanazione dell’ordinanza di demolizione di opere edilizie abusive è soltanto la constatata esecuzione di queste ultime in assenza o in totale difformità del titolo concessorio, con la conseguenza che, essendo l’ordinanza di demolizione atto dovuto, essa è sufficientemente motivata con l’accertamento dell’abuso. È “in re ipsa” l’interesse pubblico alla sua rimozione, mentre un eventuale obbligo di motivazione al riguardo potrebbe ravvisarsi solo se l’ordinanza stessa intervenga a distanza di tempo dall’ultimazione dell’opera avendo l’inerzia dell’amministrazione creato un qualche affidamento nel privato. In tal caso ad essere minato è l’interesse superiore alla certezza del diritto (cfr. sul punto Cons. Stato, sez. V, sent. 3270/2006). (Lilla Laperuta)

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