La Corte di Cassazione, con sentenza n. 10247 del 29 febbraio 2024 ha fornito chiarimenti sull’abusiva occupazione di spazio demaniale di cui all’art. 1161 cod. nav.
Per approfondimenti si consiglia il seguente volume, il quale propone al professionista che si trova ad affrontare l’appello e il ricorso per cassazione in ambito penale indicazioni operative e soluzioni per una corretta redazione degli atti e per evitare gli errori più frequenti: Appello e ricorso per Cassazione penale dopo la Riforma Cartabia
Indice
1. I fatti
La decisione della Corte di Cassazione scaturisce dal ricorso presentato da una società avverso l’ordinanza del Tribunale di Cosenza che ha rigettato l’istanza di riesame proposta contro il decreto di sequestro preventivo dell’area e delle strutture costituenti lo stabilimento balneare gestito dalla stessa società, ravvisando nei confronti del legale rappresentante della società il fumus del reato di cui agli artt. 54 e 1161 cod. nav. per abusiva occupazione di suolo demaniale e realizzazione di innovazioni non autorizzate.
Il ricorso presentato dalla società era affidato a due motivi:
- erronea applicazione degli artt. 4 e 5 l. 2248/1865 in relazione agli artt. 54 e 1161 cod. nav. per aver il Tribunale disapplicato illegittimamente le concessioni demaniali e le relative proroghe ottenute dalla ricorrente, travalicando il potere attribuito al giudice penale in tema di sindacato amministrativo. Secondo la ricorrente, detto sindacato sarebbe ammesso soltanto nei confronti di provvedimenti mancanti dei requisiti di forma e di sostanza, ovvero inesistenti perché emessi da un organo assolutamente privo di potere ovvero frutto dia attività criminosa, essendo invece escluso nel caso di mero mancato rispetto delle norme che regolano l’esercizio del potere, come nella specie avvenuto senza che il Tribunale abbia peraltro individuato la categoria dei profili di illegittimità ravvisati;
- violazione dell’art. 5 cod. pen. in relazione agli artt. 54 e 1161 cod. nav. e mancanza della motivazione sul difetto di fumus del reato ipotizzato per insussistenza dell’elemento soggettivo. Nonostante la prospettazione difensiva contenuta nei motivi di riesame, l’ordinanza impugnata non aveva affrontato il tema dell’elemento soggettivo del reato, la cui insussistenza emergeva pacificamente dagli atti prodotti dalla difesa, e non aveva evidenziato condotte commissive od omissive che denotassero una possibile forma di consapevolezza dell’occupazione sine titulo dell’area in sequestro.
Per approfondimenti si consiglia il seguente volume, il quale propone al professionista che si trova ad affrontare l’appello e il ricorso per cassazione in ambito penale indicazioni operative e soluzioni per una corretta redazione degli atti e per evitare gli errori più frequenti:
Appello e ricorso per cassazione penale dopo la Riforma Cartabia
Alla luce delle novità introdotte dalla Riforma Cartabia (D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150), il volume propone al professionista che si trova ad affrontare l’appello e il ricorso per cassazione in ambito penale indicazioni operative e soluzioni per una corretta redazione degli atti e per evitare gli errori più frequenti.La prima parte è dedicata all’appello: dove va depositato? Chi può depositarlo, ed entro quando? Quali requisiti devono sussistere? E molte altre questioni di ordine pratico a cui gli autori offrono risposte attraverso richiami alla più significativa giurisprudenza di settore e con il supporto di utili tabelle riepilogative.La seconda parte si sofferma invece sul ricorso per cassazione, dai motivi del ricorso ai soggetti legittimati, dai provvedimenti impugnabili alle modalità di redazione del ricorso e degli atti successivi, con l’intento di fornire indicazioni utili ad evitare l’inosservanza o erronea applicazione della normativa e la scure dell’inammissibilità. Antonio Di Tullio D’ElisiisAvvocato in Larino, giornalista pubblicista e cultore della materia in procedura penale, è autore di numerosi articoli su riviste giuridiche telematiche.Gabriele EspositoAvvocato penalista patrocinante in Cassazione. Autore di manuali di diritto penale sostanziale e procedurale, dal 2017 è Consigliere dell’Ordine degli Avvocati di Napoli.
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2. Abusiva occupazione di spazio demaniale ex art. 1161 cod. nav.: l’analisi della Cassazione
La Corte di Cassazione, nell’analizzare il ricorso, premette che i giudici del merito cautelare hanno riconosciuto nei confronti del legale rappresentante della società il fumus del reato di cui all’art. 1161 cod. nav. che, al primo comma, per quanto qui interessa, punisce “chiunque arbitrariamente occupa uno spazio del demanio marittimo…ne impedisce l’uso pubblico o vi fa innovazioni non autorizzate“.
Secondo consolidata giurisprudenza, “l’occupazione dello spazio demaniale marittimo è arbitraria ed integra il reato di cui all’art. 1161 cod. nav. se non legittimata da un valido ed efficace titolo concessorio, rilasciato in precedenza e non surrogabile da altri atti, ovvero allorquando sia scaduto o inefficace il provvedimento abilitativo“.
La Suprema Corte, poi, sottolinea come l’occupazione dell’area demaniale fosse arbitraria, in primo luogo, per contrasto con la l.r. Calabria 21 dicembre 2005, n. 17; in secondo luogo, perché era stata palesemente violata l’unica autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla Provincia di Cosenza per la realizzazione sulla spiaggia di un chiosco-bar, trattandosi di autorizzazione che prescriveva la provvisorietà e facile rimozione delle strutture temporanee consentite su un’area occupante 150 mq di superficie coperta e 207 mq di superficie scoperta, con specifico obbligo di rimozione al termine della stagione balneare e di ripristino dello stato naturale dei luoghi.
Inoltre, la Corte evidenzia l’illegittimità di una s.c.i.a. con riguardo a variazioni essenziali sulla struttura del chiosco-bar incompatibili con la natura amovibile della stessa e con le prescrizioni del titolo in allora formalmente vigente, posto che venivano aumentate superficie coperta e volumetria e si realizzavano nuove opere.
Alla luce di quanto finora esposto, il ricorso è stato ritenuto generico perché non si confronta con la ricostruzione di cui sopra “che attesta non soltanto palese invalidità dei titoli concessori originari […] ma anche le plurime condotte di ulteriore abusiva occupazione ed installazione di manufatti commesse in assenza di qualsiasi, anche solo formale, copertura amministrativa, circostanza, quest’ultima, che per ciò solo indubbiamente integra il fumus del reato contestato senza che venga al proposito in rilievo l’unica doglianza sulla dedotta illegittimità della disapplicazione degli atti amministrativi svolta in ricorso“.
La Suprema Corte riprende un ulteriore consolidato principio secondo cui, “in tema di reati edilizi, il rilascio del permesso di costruire non esclude l’affermazione della penale responsabilità per i reati di edificazione abusiva o di lottizzazione abusiva ove emerga una difformità tra la normativa urbanistica ed edilizia e l’intervento realizzato, né impone l’eventuale disapplicazione dell’atto amministrativo, limitandosi il giudice ad accertare la conformità del fatto concreto alla fattispecie astratta descrittiva del reato prescindendo da qualunque giudizio su detto atto amministrativo“.
Inoltre, con riguardo al requisito dell’arbitrarietà che deve connotare la condotta illecita, “occore la precisa consapevolezza di occupare abusivamente uno spazio demaniale e non vale ad escluderlo la eventuale acquiescenza degli organi preposti e il conseguente consenso dell’avente diritto, configurandosi anche in tale ipotesi il reato di cui all’art. 1161 cod. nav.“.
3. La decisione della Cassazione
Alla luce di quanto finora esposto, la Corte di Cassazione osserva che “nel caso in cui il giudice penale, in presenza di un provvedimento amministrativo non conforme alla normativa che ne regola l’emanazione o alle disposizioni di settore, è tenuto a valutare la sussistenza dell’elemento normativo della fattispecie di reato che punisca condotte tenute in assenza del prescritto provvedimento abilitativo, senza che sia necessario disapplicare l’atto amministrativo illegittimo o effettuare valutazioni rimesse alla pubblica amministrazione, a fortiori non può parlarsi di disapplicazione nel caso in cui, come accade per l’art. 1161 cod. nav., la fattispecie incriminatrice neppure contenga il riferimento ad un provvedimento amministrativo, ma si limiti a punire condotte arbitrarie“.
Inoltre, secondo un consolidato orientamento interpretativo, “in sede di riesame dei provvedimenti che dispongono misure cautelari reali, al giudice è demandata una valutazione sommaria in ordine al fumus del reato ipotizzato, sicché, se è pur vero che la delibazione deve riguardare la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie contestata, compreso quello soggettivo, è al proposito sufficiente dare atto dei dati di fatto che non permetto di escludere ictu oculi la sussistenza di tale elemento“.
Nel caso di specie, ad avviso della Corte, si ricava come l’ordinanza impugnata abbia espressamente attestato la palese illegittimità dei provvedimenti amministrativi sui quali la società ricorrente pretende di fondare l’occupazione non arbitraria del suolo demaniale ed inoltre di plurime condotte di innovazione ed occupazione anche formalmente abusive.
Pertanto, il ricorso è stato rigettato con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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