Compensazione tra le parti secondo l’art. 541 comma 2 cpp.

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      Indice

  1. Il fatto
  2. I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
  3. Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
  4. Conclusioni

(Riferimento normativo: Cod. proc. pen., art. 541, co. 2)

1. Il fatto

La Corte di Appello di Trieste compensava tra le parti private le spese di lite tenuto conto della reciproca soccombenza e della complessità dei rapporti giuridici intercorsi.

In particolare, se il ricorrente era stato assolto nei due gradi di merito dai reati di appropriazione indebita e di danneggiamento, con le formule perché il fatto non sussiste (quanto al primo reato) e perché il fatto non è previsto dalla legge come reato (quanto al secondo), i giudici di seconde cure, con riguardo alla posizione del ricorrente, confermavano la sentenza di primo grado, rigettando l’appello della parte civile.

2. I motivi addotti nel ricorso per Cassazione 

Ricorreva per Cassazione il difensore dell’imputato, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione per non avere la Corte territoriale, nonostante le statuizioni adottate, condannato la parte civile al pagamento delle spese di lite, invece compensandole.


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3. Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il ricorso era ritenuto fondato.

Gli Ermellini osservavano a tal proposito la sussistenza di un principio di diritto secondo cui, in tema di condanna della parte civile al pagamento delle spese di giudizio, la compensazione è ammessa, ai sensi dell’art. 541, comma 2, cod. proc. pen., solo per gravi ed eccezionali ragioni, in analogia a quanto richiesto nell’ambito del processo civile dall’art. 92 cod. proc. civ. (come risultante all’esito della sentenza della Corte cost., n. 77 del 2018) (Sez. 6, n. 35931 del 24/06/2021,).

Orbene, a fronte di tale approdo ermeneutico, ad avviso del Supremo Consesso, la Corte di appello triestina aveva errato, in primo luogo, nel ritenere esistente una “reciproca soccombenza tra le parti” poiché tanto non si evinceva dalla motivazione della sentenza impugnata, laddove, al contrario, risultava che il ricorrente era stato ritenuto totalmente estraneo ai fatti ed alle condotte del coimputato e, in secondo luogo, nel richiamare la “complessità dei rapporti giuridici intercorsi tra le parti“, non rispettando in tal guisa, sempre secondo i giudici di piazza Cavour, lo specifico obbligo motivazionale volto ad enucleare le gravi ed eccezionali ragioni che avrebbero dovuto sorreggere la statuizione.

La Suprema Corte, di conseguenza, alla luce di siffatte considerazioni, annullava il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo giudizio, ritenendo assorbita ogni altra questione, anche con riferimento al contenuto della memoria della parte civile. 

4. Conclusioni 

La decisione in esame desta un certo interesse, essendo ivi chiarito quando è ammessa la compensazione ai sensi dell’art. 541, comma 2, cod. proc. pen..

Difatti, in tale pronuncia, si afferma, lungo il solco di un pregresso orientamento nomofilattico, che, in tema di condanna della parte civile al pagamento delle spese di giudizio, la compensazione è ammessa, ai sensi dell’art. 541, comma 2, cod. proc. pen., solo per gravi ed eccezionali ragioni, in analogia a quanto richiesto nell’ambito del processo civile dall’art. 92 cod. proc. civ..

Tale provvedimento, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione ogni volta si debba appurare se sia ammissibile la compensazione a norma dell’art. 541, co. 2, cod. proc. pen. che, come   noto, dispone quanto segue: “Con la sentenza che rigetta la domanda indicata nel comma 1 (ossia la domanda di restituzione o di risarcimento del danno ndr.) o che assolve l’imputato per cause diverse dal difetto di imputabilità, il giudice, se ne è fatta richiesta, condanna la parte civile alla rifusione delle spese processuali sostenute dall’imputato e dal responsabile civile per effetto dell’azione civile, sempre che non ricorrano giustificati motivi per la compensazione totale o parziale. Se vi è colpa grave, può inoltre condannarla al risarcimento dei danni causati all’imputato o al responsabile civile”.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il profilo giurisprudenziale, dunque, non può che essere positivo.

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