Parità retributiva tra docenti neo assunti a tempo indeterminato e docenti di ruolo: criteri

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Riferimenti normativi: D. Lgs. n. 297 del 1994, art. 485;d. l. n. 370/1970; legge 576/1970 all’articolo 3, l’articolo 11, comma 14, legge 124/1999;

 

Cassazione  Civile, Sezione IV,  del 16 dicembre 2019, n. 33138

La sentenza della Cassazione Civile in commento trae origine da una sentenza della Corte d’ Appello di Torino, che si è pronunciata sul ricorso presentato da un docente immesso in ruolo dopo 14 anni di precariato.

La Corte Territoriale non ha ritenuto giustificato l’abbattimento previsto dall’art. 485 D. Lgs. 297/1994 e ha disapplicato la disposizione, poiché in contrasto con la clausola 4 dell’Accordo Quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, ritenuta applicabile anche nell’ipotesi in cui il docente venga assunto con contratto di lavoro a tempo indeterminato.

Il M.I.U.R. ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che la Corte territoriale ha erroneamente applicato alla fattispecie, oggetto della nostra analisi, la clausola 4 dell’Accordo Quadro poiché la stessa concerne solo l’ipotesi della progressione stipendiale dei docenti assunti a tempo determinato. A seguito dell’immissione in ruolo il docente non può più chiedere il computo integrale del servizio prestato. L’abbattimento ha come finalità quella di rendere comparabili situazioni disomogenee. Sottolinea, ancora il Ministero, che la Corte territoriale, non poteva valutare compatibile la normativa interna con la direttiva europea in relazione alla singola situazione concreta il giudizio doveva essere condotto su una situazione generale, perché la differenza di trattamento è giustificata dall’avvenuto superamento del concorso.

Riconoscimento del servizio ai fini della carriera

Il legislatore ha ritenuto necessario disciplinare l’istituto del riconoscimento del servizio ai fini della carriera, nel settore scolastico, che presenta elementi di specialità rispetto ad altri settori del pubblico impiego, dove l’iimmissione in ruolo è stata  preceduta da periodi di precariato più o meno lunghi.

Il d. l. n. 370/1970, convertito con modificazioni nella legge 576/1970 all’articolo 3 riconosceva al personale insegnante il servizio ai fini della carriera, agli effetti giuridici ed economici per intero e fino ad un massimo di quattro anni nella misura di un terzo e ai soli fini economici per i restanti due terzi.

All’articolo 4 si computavano ai fini del calcolo del riconoscimento del servizio anche i periodi di gravidanza, puerperio e di congedo retribuito. Tali disposizioni sono state trasfuse nel D. Lgs. 297/1994, dove all’art. 485 statuisce che ai fini dell’inquadramento di un lavoratore in una categoria retributiva, al momento della sua assunzione, in base ai titoli, come dipendente pubblico di ruolo, si considerano i periodi di servizio prestati nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato in misura integrale fino al quarto anno e poi, oltre tale limite, a concorrenza dei due terzi. A sua volta, l’art. 489 riconosce ai fini del calcolo del servizio i periodi di gravidanza, puerperio e aspettativa retribuita.

L’articolo 11, comma 14, legge 124/1999, prevede che l’insegnamento prestato dal 1974-1975 è considerato come anno scolastico intero, se ha una durata di 180 giorni oppure se prestato ininterrottamente dal primo febbraio fino al termine dello scrutinio finale.

La Cassazione, con sentenza n. 22552/2016, ha analizzato il sistema di reclutamento scolastico, basato sulla regola del “doppio binario”: il 50% delle immissioni in ruolo avvengono attingendo dalle graduatorie dei concorsi per titoli ed esami l’altro 50% dalle graduatorie per titoli e dalle graduatorie permanenti la legge prevedeva, inoltre, la cadenza triennale dei concorsi.

La Corte giustifica l’abbattimento, oltre il primo quadriennio, in un sistema, come quello delineato dal legislatore, all’art. 400 legge n. 124/1999, che avrebbe dovuto consentire ai più meritevoli l’ immissione in ruolo, stante la prevista periodicità dei concorsi.

Purtroppo, le immissioni in ruolo non si sono avute nei modi previsti dalla legge e tutto questo ha  comportato che i docenti immessi in ruolo con la L. 107/2015, vantavano molti anni di anzianità di servizio, che sono stati poi oggetto di abbattimento da parte dell’articolo 485 d. lgs. 297/1994.

La Corte di Giustizia (Corte di Giustizia 8.11.2011 in causa C-177/10 Rosado Santana punto 43) ha affermato che la diversità di trattamento, tra docenti a tempo determinato, neo immessi in ruolo e docenti a tempo indeterminato ab origine, può essere giustificata solo da elementi precisi e concreti di differenziazione, come la modalità di lavoro le mansioni svolte.

 

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso presentato dal M.I.U.R.  riconosce la conformità ai principi di diritto della sentenza oggetto di impugnazione ed enuncia tali criteri:

1) l’art. 485 del D. Lgs. n. 297/1994, che disciplina il riconoscimento dell’anzianità di servizio dei docenti a tempo determinato, poi immessi in ruolo, deve essere disapplicato, perché viola la clausola 4 dell’Accordo Quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, tutte le volte in cui l’anzianità risultante dall’applicazione dei criteri in esso indicati, uniti a quelli fissati dall’art. 489 dello stesso decreto, integrato con l’art. 11, comma 14, legge n. 124/1999, risulti  inferiore a quella riconoscibile al docente comparabile assunto ab origine a tempo indeterminato.

2) Il giudice del merito, per accertare la discriminazione, dovrà comparare il trattamento riservato al neo assunto in ruolo, con quello del docente assunto a tempo indeterminato ab origine, considerare i periodi di interruzione fra un rapporto e l’altro, non utilizzando la regola dell’equivalenza di cui all’articolo 489.

3) L’anzianità da riconoscere al docente assunto a tempo determinato, poi immesso in ruolo, in caso di disapplicazione dell’art. 485 D. Lgs. 297/1994, deve essere computata sulla base dei medesimi criteri che valgono per l’assunto a tempo indeterminato.

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Avv. Eleonora Conte

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