Immigrazione, ricongiungimento familiare

Redazione 24/07/18
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Diritto dell’Unione europea e favor minoris

La disciplina del ricongiungimento familiare è assoggettata a vincoli piuttosto labili di armonizzazione del diritto europeo (si veda in particolare la direttiva 2003/86/CE).

Va comunque sin d’ora segnalata l’importanza dell’interpretazione auten­tica del diritto europeo da parte della Corte di Giustizia, secondo la quale il carattere fondamentale del diritto alla vita familiare impone, per quanto possibile, di interpretare ampiamente le disposizioni della citata direttiva che garantiscono il ricongiungimento familiare e restrittivamente, invece, quelle che vi pongono limiti.

La Corte ha anche affermato che l’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/86/CE “deve essere interpretato nel senso che, se è pur vero che gli Stati membri possono chiedere che il soggiornante dimostri di disporre di risorse stabili e regolari sufficienti per mantenere se stesso e i suoi familiari”, tuttavia nel fare ciò essi devono “esaminare le domande di ricongiungimento familiare nell’interesse dei minori interessati oltre che nell’ottica di favorire la vita familiare”, evitando di pregiudicare l’obiettivo di tale direttiva ed il suo effetto utile.

Proprio il favor minoris sembra inoltre sospingere la Corte europea dei diritti dell’uomo oltre il consueto limite della tutela della vita familiare degli immigrati solo riguardo alle famiglie già costituitesi sul territorio degli Stati membri, affermando che il diniego del ricongiungimento familiare del figlio debba comunque essere ben ponderato dalle autorità tenendo nel debito con­to l’interesse del minore.

 

La legislazione interna

Quanto all’ordinamento interno, l’art. 28 D.Lgs. n. 286/1998 (t.u. sull’immigrazione) riconosce in primo luogo, “il diritto a mantenere o a riacquistare l’unità familiare agli stranieri titolari di carta di soggiorno (oggi: permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lun­go periodo) o di permesso di soggiorno di durata non inferiore a un anno rilasciato per motivi di lavoro subordinato o autonomo, ovvero per asilo, per studio, per motivi religiosi o per motivi familiari”.

Hanno dunque diritto al ricongiungimento familiare sia gli stranieri titola­ri di protezione sussidiaria, sia gli stranieri titolari di un permesso di sog­giorno per motivi umanitari, tanto più dopo l’estensione della validità di que­sto titolo di soggiorno a due anni quando il suo rilascio sia stato deciso dalla Commissione per il riconoscimento della protezione internazionale.

Può peraltro ritenersi che qualsiasi autorizzazione al soggiorno di durata non inferiore ad un anno legittimi la richiesta di ricongiungimento familiare. In tal senso sembrano porsi il prevalente orientamento giurisprudenziale ed alcuni importanti interventi della Consulta.

L’art. 28 del testo unico non va inteso nel senso che al momento della richiesta di ricongiungimento la scadenza della validità del permesso di sog­giorno non debba essere inferiore all’anno. Occorre invece fare riferimento alla durata legale del titolo di soggiorno, come riportata nel documento di soggiorno stesso.

Norme derogatorie consentono però il ricongiungimento familiare anche ad alcuni privilegiati titolari di permessi di soggiorno della durata inferiore ad un anno, come nel caso dei titolari di un permesso di soggiorno per ricerca scientifica (art. 27-ter, c. 8, t.u, anche in mancanza del requisito di idoneità dell’alloggio); nonché dei titolari Carta blu UE (art. 27-quater, c. 16 e nei casi di cui all’art. 27-quinquies, c. 23).

Inoltre, in ragione della particolare stabilità del permesso di soggiorno, a prescindere dalla sua formale durata, il diritto al ricongiungimento è stato ri­conosciuto dalla Cassazione, pur in assenza di una specifica norma, anche al titolare del permesso di soggiorno per acquisto della cittadinanza italiana.

Va poi ricordato che, ai sensi dell’art. 9-bis, lo straniero titolare del permes­so di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo rilasciato da altro Stato membro che decida di stabilirsi in Italia per un periodo superiore ai tre mesi può farsi accompagnare o raggiungere dai familiari, senza che per essi vi sia obbligo di visto, purché siano in possesso “di un valido titolo di soggiorno rila­sciato dallo Stato membro di provenienza”; e sarà loro rilasciato un permesso di soggiorno per motivi di famiglia, “previa dimostrazione di aver risieduto in qualità di familiari del soggiornante di lungo periodo nel medesimo Stato membro e di essere in possesso dei requisiti di cui all’articolo 29, c. 3”.

Ai sensi dell’art. 29 del t.u. lo straniero può chiedere il ricongiungimento solo per alcuni suoi familiari.

Il presente contributo è tratto da 

Redazione

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