La magistratura di sorveglianza, definizione e caratteri

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La magistratura di sorveglianza, nell’ordinamento giudiziario italiano, individua una parte della magistratura che funzionalmente si occupa della sorveglianza sull’esecuzione della pena (diritto dell’esecuzione penale).

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Lineamenti essenziali della magistratura di sorveglianza

Essa è nata con la legge di Riforma dell’Ordinamento Penitenziario, legge 26 luglio 1975 n. 354, attuativa dell’articolo 27 della Costituzione.

Il suo ruolo è esteso, oltre che alle questioni relative ai diritti dei detenuti durante l’esecuzione della pena, anche alla concessione e alla gestione delle pene alternative alla detenzione, sia per la parte finale della pena sia prima dell’inizio della sua esecuzione.

Mentre in altri sistemi si ritiene che l’esecuzione della pena, anche detentiva, abbia natura semplicemente amministrativa, in Italia si è ritenuta necessaria la sua piena giurisdizionalizzazione.

Il suo ruolo si svolge nel settore penale e, temporalmente, dopo che la sentenza di condanna è stata pronunciata, cioè la sua attività è regolata dal diritto dell’esecuzione penale e dal diritto penitenziario.

Si compone di due organi giurisdizionali, il Magistrato di Sorveglianza, riuniti in piccoli gruppi che fanno parte dell’Ufficio di Sorveglianza, competente per l’intero, o più spesso, per parte, del distretto di Corte d’Appello e il Tribunale di Sorveglianza.

Il Tribunale di sorveglianza, sino al 1986 denominato Sezione, è costituito con competenza territoriale estesa all’intero distretto di Corte d’Appello.

È un organo collegiale e specializzato, composto di magistrati ordinari diretti a svolgere in via esclusiva queste funzioni, e di esperti non togati (in psicologia, servizi sociali, pedagogia, psichiatria e criminologia, nonché docenti di scienze criminalistiche).

Giudica in un collegio di quattro membri, costituito per metà da magistrati ordinari e per metà da esperti.

Una diversa composizione del collegio darebbe senz’altro luogo a nullità.

Le decisioni del Tribunale di Sorveglianza sono impugnabili attraverso ricorso per cassazione.

L’Ufficio di Sorveglianza è costituito su base pluricircondariale, ed è composto da uno o più Magistrati di sorveglianza, che sino al 1986 erano denominati Giudici di Sorveglianza.

Il Magistrato di Sorveglianza è organo monocratico, dotato di forte autonomia, sottoordinato al Tribunale di sorveglianza nel senso che la maggioraza delle sue decisioni sono impugnabili o reclamabili davanti al Tribunale di Sorveglianza e che in altri casi può anticipare in via provvisoria decisioni di competenza del Tribunale di Sorveglianza, che molto spesso decide dopo molti mesi, anziché entro i quarantacinque giorni previsti dalla legge.

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Funzioni della magistratura di sorveglianza

La magistratura di sorveglianza ha il compito di vigilare sull’esecuzione della pena nel rispetto dei diritti dei detenuti e degli internati.

Svolge la sua funzione in materia di applicazione di pene alternative alla detenzione, di esecuzione di sanzioni sostitutive, di applicazione ed esecuzione delle misure di sicurezza, esclusa la Sorveglianza speciale di Pubblica Sicurezza, che è applicata dal Tribunale penale ordinario, su proposta dell’Autorità di Pubblica Sicurezza, ed è definita anche misura di prevenzione.

In particolare, il magistrato di sorveglianza ha il compito di vigilare sulla organizzazione degli Istituti penitenziari, segnalare al ministero della Giustizia le esigenze dei servizi, approvare il programma di trattamento individualizzato per ogni singolo detenuto e i provvedimenti di ammissione al lavoro all’esterno, provvede sulla remissione del debito e sulla situazione dei condannati per infermità psichica, decide sulle concessioni dei permessi, sulle misure di sicurezza e sui reclami disciplinari e in materia di lavoro dei detenuti e degli internati.

Al magistrato di sorveglianza sono conferiti ampi poteri di dire la sua, su reclamo del detenuto, in materia di lavoro e di disciplina, con ordinanza, e non più con “ordine di servizio”.

A questo scopo la legge pone al magistrato l’obbligo di recarsi di frequente in carcere e di sentire i detenuti che chiedono di conferire.

Il Tribunale si occupa della concessione e revoca delle misure o pene alternative alla detenzione in carcere (affidamento in prova ordinario e particolare, semilibertà, liberazione anticipata, detenzione domiciliare, liberazione condizionale, differimento della esecuzione delle pene).

L’Ufficio di sorveglianza decide in materia di permessi ordinari e premiali, è competente anche per le licenze ai semiliberi e agli internati, sulla applicazione e revoca delle misure di sicurezza, sulla approvazione dei programmi di trattamento rieducativo, individualizzato, che l’amministrazione è tenuta per legge a redigere, alla fine del primo periodo di osservazione intramurale di ogni condannato definitivo.

Il Tribunale di sorveglianza svolge la sua attività sia come giudice di primo grado sia come giudice di secondo grado rispetto al Magistrato di sorveglianza.

In primo grado è competente in tema di concessione e di revoca delle misure alternative alla detenzione, della liberazione condizionale e di rinvio obbligatorio o facoltativo dell’esecuzione delle pene detentive.

Come giudice di appello, il Tribunale decide le impugnazioni proposte contro alcuni provvedimenti del Magistrato di sorveglianza.

Il Tribunale di sorveglianza decide sempre con ordinanza, adottata in camera di consiglio da un collegio composto da presidente, da un magistrato di sorveglianza e due esperti.

Uno dei due magistrati componenti il collegio deve appartenere all’Ufficio di Sorveglianza competente per territorio rispetto al luogo nel quale si trova il soggetto interessato.

Le ordinanze del Tribunale sono soggette al ricorso per cassazione.

La componente non togata è nominata dal Consiglio Superiore della Magistratura su proposta del Presidente del tribunale di sorveglianza.

Secondo la circolare del Consiglio Superiore della Magistratura, che reca i “criteri per la nomina e conferma degli esperti dei tribunali di sorveglianza “, “la qualifica di esperto conduce a ravvisare nel componente privato del tribunale di sorveglianza un “cittadino idoneo estraneo alla Magistratura”.

Questa qualifica “non presuppone necessariamente il conseguimento della laurea, ma l’ulteriore attributo di “professionista” ne rende, di fatto, imprescindibile l’ottenimento.

In relazione al livello di professionalità richiesto, la dizione “professionista esperto” evidenzia che il legislatore non si è limitato a pretendere il possesso del titolo di studio, ma ha richiesto anche un’esperienza maturata nel vivo dell’esercizio professionale.

Non è sufficiente un’attività semplicemente teorica o di studio e di ricerca, ma il concreto impegno in un settore che abbia lati di contatto con le questioni del tribunale di sorveglianza.

Non possono essere proposti per l’incarico in esame gli avvocati, i quali rivestano la qualità di esperti in una delle materie elencate dalla legge ed esercitino la professione nel distretto, salvo che la specificità del caso concreto, segnalata motivatamente dal presidente del tribunale di sorveglianza, porti ad escludere ogni pericolo di interferenza e ogni menomazione all’immagine dell’Ufficio.

La durata dell’incarico è di tre anni rinnovabili indefinitamente.

La legge non definisce il numero degli esperti, affidando al Consiglio Superiore della Magistratura il compito di nominarli in numero adeguato alle necessità del servizio presso ogni tribunale di sorveglianza.

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