Il Parlamento modifica il codice penale, il codice di  procedura  penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica

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Vediamo come

Premessa

Con la legge, 19 luglio 2019, n. 69, pubblicata sulla G.U. n. 173 il 25 luglio del 2019 la cui entrata in vigore è prevista per il 9 agosto del 2019, il legislatore ha modificato il codice penale, il codice di  procedura  penale  e  altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica.

Orbene, vediamo in cosa consistono queste modifiche rilevando sin d’ora come questo atto normativo consti di 21 articoli.

Obbligo di riferire la notizia del reato

L’art. 1 di questa legge dispone che all’“articolo 347, comma 3, del codice di procedura penale,  dopo le parole: « nell’articolo 407, comma 2, lettera a), numeri da  1)  a 6)» sono inserite le seguenti: « , del presente codice, o di uno dei delitti previsti dagli articoli 572,  609-bis,  609-ter,  609-quater, 609-quinquies, 609-octies,  612-bis  e  612-ter  del  codice  penale, ovvero dagli articoli 582 e 583-quinquies  del  codice  penale  nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, del  medesimo codice penale, »”.

Tal che ne discende che, anche per questi illeciti penali, è adesso previsto che la comunicazione della notizia di reato è data immediatamente anche in forma orale.

Assunzione di informazioni

L’art. 2 della legge n. 69/2019 dispone quanto segue: “1. Dopo il comma 1-bis dell’articolo 362 del  codice  di  procedura penale e’ aggiunto il seguente: «1-ter. Quando si procede per i  delitti  previsti  dagli  articoli 572,  609-bis,  609-ter,  609-quater,  609-quinquies,  609-octies  e 612-bis del codice penale, ovvero dagli articoli 582 e  583-quinquies del codice penale nelle ipotesi aggravate  ai  sensi  degli  articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1,  e secondo comma, del medesimo  codice,  il  pubblico  ministero  assume informazioni dalla persona offesa e da chi  ha  presentato  denuncia, querela o istanza, entro il termine  di  tre  giorni  dall’iscrizione della notizia di reato, salvo che sussistano imprescindibili esigenze di tutela di minori di  anni  diciotto  o  della  riservatezza  delle indagini, anche nell’interesse della persona offesa»”.

Da ciò ne discende che, per i summenzionati delitti, è adesso riconosciuta all’autorità requirente la possibilità di assumere informazioni da parte della parte offesa o da chi ha presentato denuncia, querela o istanza, entro il termine di tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato.

Questo ristretto lasso temporale, tuttavia, non sussiste allorchè vi siano delle esigenze irrinunciabili afferenti la tutela dei minori o per preservare la riservatezza delle indagini.

Nell’uno, che nel secondo caso, tali condizioni, per espresso dettato legislativo, ricorrono pure ove si renda ciò necessario per tutelare l’interesse della vittima.

Pur tuttavia, ad avviso di chi scrive, il termine di 3 giorni non è previsto a pena di decadenza non essendo espressamente stabilito ciò mentre, come è noto, l’art. 173, c. 1, c.p.p. dispone che i “termini si considerano stabiliti a pena di decadenza soltanto nei casi previsti dalla legge”.

Atti diretti e atti delegati

L’art. 3 della legge in commento statuisce quanto sussegue: “1. Dopo il comma 2 dell’articolo 370 del codice di procedura penale sono inseriti i seguenti: «2-bis. Se si tratta di uno dei  delitti  previsti  dagli  articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, 612-bis e  612-ter  del  codice  penale,  ovvero   dagli   articoli   582   e 583-quinquies del codice penale  nelle  ipotesi  aggravate  ai  sensi degli articoli 576, primo comma, numeri  2,  5,  5.1,  e  577,  primo comma, numero 1, e secondo comma, del  medesimo  codice,  la  polizia giudiziaria procede senza ritardo al compimento degli atti delegati dal pubblico ministero. 2-ter. Nei casi di cui al comma 2-bis, la polizia giudiziaria  pone senza ritardo a disposizione del pubblico ministero la documentazione dell’attivita’ nelle forme e con le modalita’ previste  dall’articolo 357»”.

Pertanto, per effetto di questo novum legislativo, è ora sancito che il compimento degli atti delegati dal pubblico ministero alla polizia giudiziaria, in ordine a questi illeciti penali, sia posto in essere senza particolari vincoli di forma da parte di quest’ultima fermo restando che, in detti casi, la polizia giudiziaria  pone senza ritardo a disposizione del pubblico ministero la documentazione dell’attivita’ nelle forme e con le modalita’ previste  dall’articolo 357 c.p.p. il quale, come è risaputo, dispone quanto segue: “1. La polizia giudiziaria annota secondo le modalità ritenute idonee ai fini delle indagini, anche sommariamente, tutte le attività svolte, comprese quelle dirette alla individuazione delle fonti di prova. 2. Fermo quanto disposto in relazione a specifiche attività, redige verbale dei seguenti atti: a) denunce, querele e istanze presentate oralmente; b) sommarie informazioni rese e dichiarazioni spontanee ricevute dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini; c) informazioni assunte, a norma dell’articolo 351; d) perquisizioni e sequestri; e) operazioni e accertamenti previsti dagli articoli 349, 353 e 354; f) atti, che descrivono fatti e situazioni, eventualmente compiuti sino a che il pubblico ministero non ha impartito le direttive per lo svolgimento delle indagini. 3. Il verbale è redatto da ufficiali o agenti di polizia giudiziaria nelle forme e con le modalità previste dall’articolo 373. 4. La documentazione dell’attività di polizia giudiziaria è posta a disposizione del pubblico ministero. 5. A disposizione del pubblico ministero sono altresì poste le denunce, le istanze e le querele presentate per iscritto, i referti, il corpo del reato e le cose pertinenti al reato”.

Il “nuovo” art. 387 bis cod. pen.

 

L’art. 4 della legge n. 69/2019, intitolato “Introduzione dell’articolo 387-bis del codice penale  in  materia  di  violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla  persona  offesa”, prevede che dopo “l’articolo 387 del codice penale e’ inserito il seguente: «Art. 387-bis (Violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai  luoghi  frequentati dalla persona offesa). – Chiunque, essendovi  legalmente  sottoposto, violi gli obblighi  o  i  divieti  derivanti  dal  provvedimento  che applica le misure cautelari di cui agli articoli  282-bis  e  282-ter del codice di procedura penale  o  dall’ordine  di  cui  all’articolo 384-bis del medesimo codice e’ punito con la reclusione da sei mesi a tre anni»”.

Per effetto dell’introduzione di questa norma incriminatrice, di conseguenza, è adesso sancito che chiunque, essendovi legalmente sottoposto, violi gli obblighi  o  i  divieti  derivanti  dal  provvedimento  che applica le misure cautelari di cui agli articoli  282-bis  e  282-ter del codice di procedura penale  o  dall’ordine  di  cui  all’articolo 384-bis del medesimo codice (e quindi, ad avviso di chi scrive, a dispetto dell’uso della parola “chiunque”, si tratta di un reato proprio dovendo l’autore del reato essere soggetto ad una di queste misure), è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni.

La condotta materiale, pertanto, consiste nella violazione degli obblighi o dei divieti disposti dal giudice della cautela che ha disposto una di queste misure cautelari e dell’ordine di cui all’art. 384 bis cod. proc. pen., mentre l’elemento soggettivo consiste nel dolo generico ossia nella coscienza e volontà di volere trasgredire gli obblighi o i divieti disposti con questi provvedimenti.

Formazione degli operatori di polizia

L’art. 5 della legge n. 69/2019 prevede, da un lato, che, entro “dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Polizia di Stato, l’Arma dei  carabinieri  e  il  Corpo  di Polizia  penitenziaria  attivano  presso  i  rispettivi  istituti  di formazione  specifici  corsi  destinati  al  personale  che  esercita funzioni di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria in  relazione alla prevenzione e al perseguimento dei reati di cui agli articoli 1, 2 e 3 o che interviene nel trattamento  penitenziario  delle  persone per essi condannate” (primo comma, primo capoverso) e la “frequenza dei corsi e’  obbligatoria  per  il personale individuato dall’amministrazione di appartenenza” (primo comma, secondo capoverso), dall’altro, che, al “fine di assicurare l’omogeneita’ dei corsi di cui al comma 1, i relativi contenuti sono definiti con  decreto  del  Presidente  del Consiglio dei ministri, di concerto con i Ministri  per  la  pubblica amministrazione, dell’interno, della giustizia e della difesa” (secondo comma).

La norma de qua, pertanto, così concepita, prevede la formazione di appositi corsi volti a fornire un adeguato addestramento per le forze dell’ordine allo scopo di prevenire e perseguire i reati summenzionati.

Modifica all’articolo 165 del codice penale in materia di sospensione  condizionale della pena

L’art. 6 di questa normativa modifica l’art. 165 c.p. nella seguente maniera: “1. All’articolo 165 del codice penale,  dopo  il  quarto  comma  e’ inserito il seguente:  «Nei casi di condanna per i  delitti  di  cui  agli  articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies,  609-octies  e  612-bis, nonche’ agli articoli 582 e 583-quinquies nelle ipotesi aggravate  ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2,  5  e  5.1,  e  577, primo comma, numero 1, e secondo comma, la  sospensione  condizionale della pena e’ comunque subordinata alla  partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati».  2. Dall’attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 non  devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.  Gli oneri derivanti dalla partecipazione ai  corsi  di  recupero  di  cui all’articolo 165 del codice penale, come modificato dal citato  comma 1, sono a carico del condannato”.

Tal che ne deriva che, per potere usufruire di questo beneficio, ove si venga condannati per uno di questi illeciti penali, è adesso richiesta la partecipazione specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati.

Il “nuovo” art. 558-bis cod. pen.

L’art. 7 della legge n. 69/2019 dispone quanto segue: “1. Dopo l’articolo 558 del codice penale e’ inserito il seguente: «Art. 558-bis (Costrizione o induzione al matrimonio). –  Chiunque, con violenza o minaccia, costringe una persona a contrarre matrimonio o unione civile e’ punito con la reclusione da uno a cinque anni. La  stessa  pena  si  applica  a  chiunque,   approfittando   delle condizioni  di  vulnerabilita’  o  di  inferiorita’  psichica  o   di necessita’ di una  persona,  con  abuso  delle  relazioni  familiari, domestiche, lavorative o  dell’autorita’  derivante  dall’affidamento della persona per ragioni di cura, istruzione o educazione, vigilanza o custodia, la induce a contrarre matrimonio o unione civile. La pena e’ aumentata se i fatti sono commessi in danno di un minore di anni diciotto. La pena e’ da due a sette  anni  di  reclusione  se i fatti  sono commessi in danno di un minore di anni quattordici. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche quando il fatto e’ commesso all’estero da cittadino  italiano  o  da  straniero residente in Italia ovvero in danno di cittadino  italiano o di straniero residente in Italia»”.

Dunque, alla luce di questa previsione di legge, è ora contemplata una nuova fattispecie delittuosa attraverso la quale viene perseguito chiunque (e dunque si tratta di un reato comune) con violenza o minaccia, costringe una persona a contrarre matrimonio o unione civile attraverso la comminazione di una sanzione detentiva da uno a cinque anni di reclusione.

E’ necessario dunque che la costrizione volta a indurre una persona a contrarre il matrimonio o una unione civile avvenga con violenza o minaccia (ossia la prospettazione di un male ingiusto e futuro).

Inoltre, alla stessa pena, soggiace chi approfittando delle condizioni  di  vulnerabilita’  o  di  inferiorita’  psichica o di necessita’ di una  persona,  con  abuso  delle  relazioni  familiari, domestiche, lavorative o  dell’autorita’  derivante  dall’affidamento della persona per ragioni di cura, istruzione o educazione, vigilanza o custodia, la induce a contrarre matrimonio o unione civile; dunque, anche in tale caso, la sanzione è da uno a cinque anni di reclusione fermo restando che, ad avviso di chi scrive, l’approfittarsi delle condizioni  di  vulnerabilita’  o  di  inferiorita’  psichica o di necessita’ di una  persona,  con  abuso  delle  relazioni  familiari, domestiche, lavorative o  dell’autorita’  derivante  dall’affidamento della persona per ragioni di cura, istruzione o educazione, vigilanza o custodia rappresenta una condizione di punibilità, e segnatamente una condizione di punibilità intrinseca.

La norma de qua, inoltre, contempla due aggravanti  e, precisamente, per un verso, un aumento sino ad un terzo se i fatti sono commessi in danno di un minore di anni diciotto, per altro verso, un incremento della pena, pari ad una sanzione detentiva da due a sette anni, se i fatti  sono commessi in danno di un minore di anni quattordici.

Come già evidenziato prima, infine, è stabilito che quanto sin qui enunciato si applica anche quando il fatto e’ commesso all’estero da cittadino  italiano  o  da  straniero residente in Italia ovvero in danno di cittadino  italiano o di straniero residente in Italia.

Modifica all’articolo 11 della  legge  11  gennaio  2018,  n.  4,  in  materia di misure in favore degli orfani per  crimini  domestici  e  delle famiglie affidatarie

L’art. 8 di siffatta disciplina legislativa statuisce quanto segue: “1. All’articolo 11 della legge 11 gennaio 2018, n. 4, il comma 1 e’ sostituito dal seguente: «1. La dotazione del Fondo di cui all’articolo 2,  comma  6-sexies, del  decreto-legge  29  dicembre  2010,  n.  225,   convertito,   con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10,  come  modificato dall’articolo 14 della legge 7 luglio 2016, n. 122,  e’  incrementata di 2 milioni di euro per ciascuno  degli  anni  2017  e  2018,  di  5 milioni di euro per l’anno 2019 e  di  7  milioni  di  euro  annui  a decorrere dall’anno 2020, per le seguenti finalita’ a valere su  tale incremento: a) una quota pari a 2 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2017 e’ destinata all’erogazione di borse di studio in  favore  degli orfani per crimini domestici e  al  finanziamento  di  iniziative  di orientamento, di formazione  e  di  sostegno  per  l’inserimento  dei medesimi nell’attivita’ lavorativa ai sensi delle disposizioni  della presente legge, assicurando che almeno il 70 per cento di tale  somma sia destinato agli interventi in favore dei minori  e  che  la  quota restante,  ove  ne  ricorrano  i  presupposti,  sia  destinata   agli interventi in favore  dei  soggetti  maggiorenni  economicamente  non autosufficienti; b) una quota pari a 3 milioni di euro  per  l’anno  2019  e  a  5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno  2020  e’  destinata,  in attuazione di quanto disposto dall’articolo 5, comma 4, della legge 4 maggio 1983, n. 184, a misure di sostegno e  di  aiuto  economico  in favore delle famiglie affidatarie, secondo criteri di equita’ fissati con apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze entro trenta  giorni  dalla  data  di  entrata  in  vigore  della  presente disposizione». 2. Alla copertura  dei  maggiori  oneri  derivanti  dall’attuazione delle disposizioni di cui al comma 1, pari a 3 milioni  di  euro  per l’anno 2019 e a 5 milioni di euro annui a decorrere  dall’anno  2020, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento  del fondo speciale di parte  corrente  iscritto,  ai  fini  del  bilancio triennale 2019-2021, nell’ambito del programma «Fondi  di  riserva  e speciali»  della  missione  «Fondi  da  ripartire»  dello  stato   di previsione del Ministero dell’economia e  delle  finanze  per  l’anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando  l’accantonamento  relativo al medesimo Ministero”.

E’ dunque previsto un incremento dei fondi per il 2017 e il 2018 e uno stanziamento dei fondi  per il 2019 e il 2020 per quel che riguarda le misure in favore degli orfani per  crimini  domestici  e  delle famiglie affidatarie.

Modifiche agli articoli 61, 572 e 612-bis del codice penale, nonche’ al codice delle leggi antimafia e delle misure di  prevenzione,  di   cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159

L’art. 9 della legge n. 69/2019 contempla delle modifiche agli articoli 61, 572 e 612-bis del codice penale,  nonche’   al codice delle leggi antimafia e delle misure di  prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.

Orbene, analizziamo queste emende una per una.

Il comma primo di questo articolo prevede innanzitutto che all’“articolo 61, numero 11-quinquies,  del  codice  penale,  le parole: «, contro la liberta’ personale nonche’ del  delitto  di  cui all’articolo 572,» sono  sostituite  dalle  seguenti:  «e  contro  la liberta’ personale,»”.

Non è più dunque prevista l’aggravante comune ad effetto comune di aver commesso il fatto in presenza o in danno di un minore di anni diciotto ovvero in danno di persona in stato di gravidanza in ordine al delitto di cui all’art. 572 cod. pen. stante anche le modifiche fatte a questa norma codicistica (che vedremo da qui a poco).

Il comma secondo di tale precetto normativo, a sua volta, modifica l’art. 572 c.p. stabilendo: I) “a) al primo comma, le parole: «da due a sei anni» sono sostituite dalle seguenti: «da tre a sette anni»”; II) “b) dopo il primo comma e’ inserito il seguente: «La pena e’ aumentata fino alla meta’ se il fatto e’ commesso  in presenza o  in  danno  di  persona  minore,  di  donna  in  stato  di gravidanza o di  persona  con  disabilita’  come  definita  ai  sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n.  104,  ovvero se il fatto e’ commesso con armi”; III) “c) e’ aggiunto, in fine, il seguente comma: «Il minore di anni diciotto che assiste ai maltrattamenti di  cui al presente articolo si considera persona offesa dal reato.»”.

Tal che, per effetto di questa innovazione legislativa, è adesso: 1) previsto un innalzamento della pena per il reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi, nella ipotesi non circostanziata, da due a sei anni a da tre a sette anni: 2) contemplata una aggravante ad effetto speciale [in quanto superiore ad un terzo (“fino alla metà”)] se il fatto e’ commesso  in presenza o  in  danno  di  persona  minore,  di  donna  in  stato  di gravidanza o di  persona  con  disabilita’  come  definita  ai  sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n.  104,  ovvero se il fatto e’ commesso con armi; 3) espressamente sancito che il minore che presenza ai maltrattamenti si considera persona offesa del reato.

A sua volta il comma terzo, disponendo che all’“articolo 612-bis, primo comma, del codice penale, le parole: «da sei mesi a cinque anni» sono sostituite dalle  seguenti:  «da  un anno a sei anni e sei mesi»”, contempla un aumento di pena per il delitto di atti persecutori, nell’ipotesi base, in questi termini.

Per quanto invece riguarda le modifiche apportate al codice antimafia, da una parte, è disposto che all’“articolo 4, comma 1, lettera i-ter), del codice delle  leggi antimafia  e  delle  misure  di  prevenzione,  di  cui   al   decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, le parole: «del delitto di  cui all’articolo 612-bis» sono sostituite dalle seguenti: «dei delitti di cui agli articoli 572 e 612-bis»” (art. 9, c. 4, legge n. 69/2019), dall’altra, che all’“articolo  8,  comma  5,  del  codice  di  cui  al   decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, le parole  da:  «di  cui»  fino alla fine del comma sono sostituite  dalle  seguenti:  «di  cui  agli articoli 1, comma 1, lettera c), e 4, comma  1,  lettera  i-ter),  il divieto di avvicinarsi a determinati luoghi, frequentati abitualmente dalle persone cui occorre prestare protezione o da minori»” art. 9, c. 5, legge n. 69/2019).

Pertanto, alla stregua di queste previsioni di legge, è ora disposto che: a) anche in ordine al delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi sono configurabili le misure di prevenzione personali applicate dall’autorita’ giudiziaria; b) con il provvedimento con cui il Tribunale dispone l’applicazione di una misura di prevenzione, il divieto di avvicinarsi a determinati luoghi può essere disposto non solo in relazione a quei luoghi frequentati abitualmente dai minori ma anche in riferimento alle persone cui occorre prestare protezione fermo restando che, sempre per effetto di questa riforma, siffatto divieto può essere disposto non solo a proposito dei soggetti di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c), codice antimafia, ma anche per quelli di cui all’articolo 4, 4, comma 1, lettera i-ter), codice antimafia.

Leggi anche:”Approvato il Codice Rosso: ora è legge”

Il “nuovo” art. 612-ter cod. pen.

L’art. 10 della legge n. 69/2019 introduce una nuova ipotesi di reato stabilendo quanto segue: “1. Dopo  l’articolo  612-bis  del  codice  penale  e’  inserito  il seguente: «Art. 612-ter (Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti). – Salvo  che  il  fatto  costituisca  piu’  grave  reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna,  cede, pubblica  o  diffonde  immagini  o  video  a  contenuto  sessualmente esplicito, destinati a rimanere  privati,  senza  il  consenso  delle persone rappresentate, e’ punito con la reclusione da uno a sei  anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000. La stessa pena  si  applica  a  chi,  avendo  ricevuto  o  comunque acquisito le immagini o i video di cui  al  primo  comma,  li  invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle  persone rappresentate al fine di recare loro nocumento. La pena e’ aumentata se i fatti sono commessi  dal  coniuge,  anche separato o divorziato, o da persona che  e’  o  e’  stata  legata  da relazione affettiva alla  persona  offesa  ovvero  se  i  fatti  sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici. La pena e’ aumentata da  un  terzo  alla  meta’  se  i  fatti  sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorita’  fisica  o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza. Il delitto e’ punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela e’ di sei  mesi.  La  remissione  della querela  puo’  essere  soltanto  processuale.  Si  procede   tuttavia d’ufficio nei casi di cui al quarto comma, nonche’ quando il fatto e’ connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio»”.

Questa norma incriminatrice, pertanto, sanziona, sempre che il fatto non costituisca un più grave reato, chiunque (e si tratta quindi di un reato comune) dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna,  cede, pubblica  o  diffonde  immagini  o  video  a  contenuto  sessualmente esplicito, destinati a rimanere  privati,  senza  il  consenso  delle persone rappresentate attraverso la previsione di una pena edittale da uno a sei anni di reclusione e una multa da euro 5.000 e euro 15.000.

Dunque, la condotta materiale consiste nell’inviare, consegnare,  cedere, pubblicare  o  diffondere  immagini  o  video  a  contenuto  sessualmente esplicito, destinati a rimanere  privati,  senza  il  consenso  delle persone rappresentate.

E’ sufficiente quindi che sia posta in essere una di queste condotte purchè queste immagini  o  tali video  a  contenuto  sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, siano stati sottratti e divulgati senza il consenso delle persone ivi rappresentate.

Il dolo è generico essendo sufficiente la coscienza e la volontà di agire in uno di questi modi senza il consenso delle persone raffigurate in tali immagini o video.

La stessa pena, inoltre, è prevista per chi, avendo  ricevuto  o  comunque acquisito le immagini o i video di cui  al  primo  comma,  li  invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle  persone rappresentate al fine di recare loro nocumento.

Di conseguenza, anche chi riceve questi video o tali immagini risponde di tale illecito penale.

Le condotte materiali, per questo soggetto, consistono, dopo aver acquisito tali immagini o video, nell’inviarli, consegnarli, cederli, pubblicarli o diffonderli senza il consenso delle  persone rappresentate fermo restando, che essendo richiesto il fine di recare loro nocumento, il dolo, in tal caso, è specifico.

La norma de qua, oltre a ciò, prevede le seguenti aggravanti: 1) una ad effetto comune allorchè i fatti siano commessi  dal  coniuge,  anche separato o divorziato, o da persona che  e’  o  e’  stata  legata  da relazione affettiva alla  persona  offesa  ovvero  se  i  fatti  siano commessi attraverso strumenti informatici o telematici; 2) una ad effetto speciale (da un terzo alla metà) ove i  fatti  siano commessi in danno di persona in condizione di inferiorita’  fisica  o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza.

E’ infine stabilito che il delitto e’ punito a querela della persona offesa e il termine per la proposizione della querela e’ di sei  mesi fermo restando che, per un verso, la  remissione  della querela  puo’  essere  soltanto  processuale, per altro verso, si  procede  d’ufficio nei casi di cui al quarto comma (ossia, come appena visto, quando i fatto sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorita’  fisica  o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza) nonche’ quando il fatto e’ connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.

 

Modifiche all’articolo 577 del codice penale

 

L’art. 11 della legge n. 69/2019 modifica l’art. 577 cod. pen. nel seguente modo: “1. All’articolo 577 del codice penale sono  apportate  le  seguenti modificazioni: a) al primo comma, numero 1, dopo le parole: «o  il  discendente» sono  inserite  le  seguenti:  «anche  per  effetto  di  adozione  di minorenne» e le parole: «o contro la persona legata al  colpevole  da relazione  affettiva  e  con  esso   stabilmente   convivente»   sono sostituite  dalle  seguenti:  «o  contro   la   persona   stabilmente convivente con il colpevole o ad esso legata da relazione affettiva»; b) al secondo comma, dopo le parole: «l’altra  parte  dell’unione civile, ove cessata,» sono inserite le seguenti: «la  persona  legata al  colpevole  da  stabile  convivenza  o  relazione  affettiva,  ove cessate,» e dopo le parole: «la sorella,» sono inserite le  seguenti: «l’adottante o l’adottato nei casi regolati dal titolo VIII del libro primo del codice civile,»;  c) dopo il secondo comma e’ aggiunto il seguente: «Le circostanze attenuanti,  diverse  da  quelle  previste  dagli articoli 62, numero 1, 89, 98 e 114, concorrenti con  le  circostanze aggravanti di cui al primo comma, numero 1, e al secondo  comma,  non possono essere ritenute prevalenti rispetto a queste»”.

Pertanto, alla luce di tali innovazioni legislative, è ora disposto che: a) si applica la pena dell’ergastolo se il fatto preveduto dall’articolo 575 è commesso se la vittima è l’ascendente o il discendente è tale anche per effetto di adozione di minorenne riformulando al contempo, in ordine sempre a quanto previsto dall’art. 577, c. 1, c.p., le parole “o contro la persona legata al  colpevole  da relazione  affettiva e con  esso stabilmente convivente” con le seguenti “o  contro   la   persona stabilmente convivente con il colpevole o ad esso legata da relazione affettiva” e pertanto distinguendo l’ipotesi in cui la vittima è legata all’autore dell’omicidio da relazione affettiva dal caso in cui costoro siano stati stabilmente conviventi; b) in materia di omicidio, la pena della reclusione da ventiquattro a trenta anni è prevista anche se la vittima era legata al  colpevole  da  stabile  convivenza  o  relazione  affettiva,  pure ove cessate nonché ove questo delitto sia compiuto nei confronti dell’adottante o dell’adottato nei casi regolati dal titolo VIII del libro primo del codice civile; c) non è possibile riconoscere la prevalenza delle circostanze attenuanti,  diverse  da  quelle  previste  dagli articoli 62, numero 1, 89, 98 e 114, concorrenti con  le  circostanze aggravanti di cui al primo comma, numero 1, e al secondo  comma dell’art. 577 c.p..

 

Modifiche al codice penale in materia  di  deformazione  dell’aspetto   della  persona  mediante  lesioni  permanenti  al   viso,   nonche’   modifiche all’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354

 

L’art. 12 di questa legge appone diverse modificazioni al codice penale in materia  di  deformazione  dell’aspetto   della  persona  mediante  lesioni  permanenti  al   viso,   nonche’   modifiche all’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354.

Ebbene, vediamo in cosa consistono queste emende.

Il primo comma di questo articolo, prima di tutto, introduce una nuova ipotesi di reato prevedendo che, dopo “l’articolo 583-quater del  codice  penale  e’  inserito  il seguente:  «Art.  583-quinquies  (Deformazione  dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso). – Chiunque  cagiona  ad  alcuno lesione personale dalla quale derivano la deformazione o  lo  sfregio permanente del viso e’ punito con la reclusione da otto a quattordici anni.  La condanna ovvero l’applicazione della  pena  su  richiesta  delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per il reato di cui al presente articolo comporta l’interdizione perpetua da qualsiasi  ufficio   attinente   alla   tutela,   alla   curatela   e all’amministrazione di sostegno»”.

Tal che, per effetto di questa norma incriminatrice, chiunque (e quindi si tratta di un reato comune) cagiona  ad alcuno lesione personale dalla quale derivano la deformazione o  lo  sfregio permanente del viso e’ punito con la reclusione da otto a quattordici anni.

Questo reato, dunque, si pone in un rapporto di specialità con quello preveduto dall’art. 582 c.p. atteso che qui la lesione personale deve comportare la deformazione o  lo  sfregio permanente del viso.

Chiarita la condotta materiale, il dolo è generico essendo sufficiente la coscienza e la volontà di voler cagionare una lesione personale dalla quale derivi questa deformazione o tale sfregio.

Il comma secondo dell’art. 583-quinquies c.p. contempla una pena accessoria, applicabile nel caso di condanna, anche se si patteggia la pena, è consiste nell’interdizione perpetua da qualsiasi  ufficio   attinente   alla   tutela,   alla   curatela   e all’amministrazione di sostegno.

Ciò posto, il comma secondo dell’art. 12 della legge n. 69/2019, invece, nello stabilire che all’“articolo 576, primo comma, numero 5, del codice penale, dopo la parola: «572,» e’ inserita la seguente: «583-quinquies,»”; fa sì che, in caso di omicidio, la pena dell’ergastolo sia comminabile anche nel caso in cui tale reato sia commesso  nell’atto di commettere il delitto appena esaminato in precedenza.

Il comma terzo, viceversa, nel disporre che all’“articolo 583, secondo comma, del codice penale, il numero  4 e’ abrogato”, fa venir meno la sussistenza della lesione grave nel caso di deformazione, o di sfregio permanente del viso, e ciò per una evidente esigenza di coordinamento stante l’introduzione dell’art. 583-quinquies cod. pen..

Inoltre, stante quanto previsto dall’art. 12, c. 4, legge n. 69/2019 (“All’articolo 585,  primo  comma,  del  codice  penale,  dopo  la parola: «583-bis» e’ inserita la seguente: «, 583-quinquies»”), anche per il caso previsto dall’art. 583.quinquies c.p., è stabilito che la pena è aumentata da un terzo alla metà, se concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste dall’articolo 576, ed è aumentata fino a un terzo, se concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste dall’articolo 577, ovvero se il fatto è commesso con armi o con sostanze corrosive, ovvero da persona travisata o da più persone riunite.

Da ultimo, il quinto comma stabilisce quanto segue: “All’articolo 4-bis della legge 26  luglio  1975,  n.  354,  sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1-quater, dopo le parole: «per i delitti di cui  agli articoli» e’ inserita la seguente: «583-quinquies,»; b) al comma 1-quinquies, dopo le parole: «per i  delitti  di  cui agli articoli» e’ inserita la seguente: «583-quinquies,»”.

Tal che ne discende che, anche in relazione al delitto di cui all’art. 583-quinquies c.p., per un verso, l’assegnazione al lavoro all’esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI della legge n. 354/1075 possono essere concessi solo sulla base dei risultati dell’osservazione scientifica della personalita` condotta collegialmente per almeno un anno anche con la partecipazione degli esperti di cui al quarto comma dell’articolo 80 della legge n. 354/1075, per altro verso, sempre ai fini della concessione di questi benefici, il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza valuta la positiva partecipazione al programma di riabilitazione specifica di cui all’articolo 13-bis della legge n. 354/1975.

 

Modifiche agli articoli 609-bis, 609-ter, 609-quater,  609-septies e 609-octies del codice penale

 

L’art. 13 della legge n. 69/2019 pone in essere una serie di modifiche agli articoli 609-bis, 609-ter, 609-quater,  609-septies  e  609-octies del codice penale.

Orbene, vediamo in cosa consistono siffatte modificazioni.

Il primo comma dispone che all’“articolo 609-bis, primo comma, del codice penale le  parole: «da cinque a dieci anni» sono sostituite dalle seguenti:  «da  sei  a dodici anni»” e dunque, per il delitto di violenza sessuale la pena è incrementata in questa misura.

A sua volta il comma secondo emenda le aggravanti prevedute dall’art. 609-ter c.p. nel seguente modo: “All’articolo  609-ter  del  codice  penale  sono  apportate  le seguenti modificazioni: a)al primo comma: 1) all’alinea, le parole: «La pena e’ della reclusione da sei a dodici anni se i fatti di cui all’articolo 609-bis»  sono  sostituite dalle seguenti: «La pena stabilita dall’articolo 609-bis e’ aumentata di un terzo se i fatti ivi previsti»; 2) il numero 1) e’ sostituito dal seguente: «1) nei confronti di  persona  della  quale  il  colpevole  sia l’ascendente, il genitore, anche adottivo, o il tutore»;  3) il numero 5) e’ sostituito dal seguente: «5) nei confronti di persona  che  non  ha  compiuto  gli  anni diciotto»;  b) il secondo comma e’ sostituito dal seguente: «La pena stabilita dall’articolo 609-bis e’ aumentata della meta’ se i fatti ivi previsti sono commessi nei confronti  di  persona  che non ha compiuto gli anni quattordici. La pena  e’  raddoppiata  se  i fatti di cui all’articolo 609-bis  sono  commessi  nei  confronti  di persona che non ha compiuto gli anni dieci»”.

Tal che ne discende che: a) le aggravanti prevedute dall’art. 609-ter c.p. non comportano più un aumento della pena da sei a dodici anni ma di un terzo; b) è adesso previsto che operino queste aggravanti nei confronti di  persona  della  quale  il  colpevole  sia l’ascendente, il genitore, anche adottivo, o il tutore; c) è ora stabilito che tali elementi accidentali rilevino nei confronti di persona  che  non  ha  compiuto  gli  anni diciotto e non più nei riguardi di persona che non ha compiuto gli anni sedici della quale il colpevole sia l’ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore; d)  se prima era disposto che la pena è della reclusione da sette a quattordici anni se il fatto è commesso nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni dieci, è adesso sancito che la pena stabilita dall’articolo 609-bis e’ aumentata della meta’ se i fatti ivi previsti sono commessi nei confronti  di  persona  che non ha compiuto gli anni quattordici mentre e’  raddoppiata  se  i fatti di cui all’articolo 609-bis  sono  commessi  nei  confronti  di persona che non ha compiuto gli anni dieci.

Ciò posto, il comma terzo, a sua volta, dispone che all’“articolo 609-quater del  codice  penale  sono  apportate  le seguenti modificazioni:   a) dopo il secondo comma e’ inserito il seguente: «La pena e’ aumentata se il compimento degli atti sessuali con il minore che non abbia compiuto gli anni quattordici avviene in  cambio di denaro o di qualsiasi altra utilita’, anche solo promessi»;  b) al terzo comma, le parole: «tre anni»  sono  sostituite  dalle seguenti: «quattro anni»”.

Di conseguenza, per il reato di atti sessuali con minorenne, da un lato, è prevista una nuova aggravante ad effetto comune ove il compimento degli atti sessuali con il minore che non abbia compiuto gli anni quattordici avvenga in cambio di denaro o di qualsiasi altra utilita’, anche solo promessi, dall’altro, un aumento della pena da tre a quattro anni per l’ipotesi preveduta dall’art. 609-quater, c. 3 (c. 2?).

Il comma quarto dell’art. 13 della legge n. 69/2019, dal canto suo, prevede che all’“articolo 609-septies del codice  penale  sono  apportate  le seguenti modificazioni: a) al primo  comma,  le  parole:  «articoli  609-bis,  609-ter  e 609-quater» sono  sostituite  dalle  seguenti:  «articoli  609-bis  e 609-ter»; b) al  secondo  comma,  la  parola:  «sei»  e’  sostituita  dalla seguente: «dodici»; c) al quarto comma, il numero 5) e’ abrogato”.

Tal che, in ragione di questa previsione, ne deriva che: I) il delitto di atti sessuali con minorenne diviene procedibile d’ufficio; II) il termine della proposizione della querela, in ordine ai delitti di cui agli artt. 609 bis e 609 ter c.p., è elevato da sei a dodici mesi; III) viene meno, per una evidente esigenza di coordinamento la previsione di cui all’art. 609-septies, c. 4, n. 5, c.p. (“Si procede tuttavia d’ufficio: (…) se il fatto è commesso nell’ipotesi di cui all’articolo 609-quater, ultimo comma”) dato che, come appena visto, il delitto di atti sessuali con minorenne è ora procedibile ex officio.

Infine, il comma quinto dell’art. 13 dispone che all’“articolo 609-octies del  codice  penale  sono  apportate  le seguenti modificazioni: a) al secondo comma, le parole: «da  sei  a  dodici  anni»  sono sostituite dalle seguenti: «da otto  a quattordici anni»;  b) al terzo comma, le parole: «La pena e’ aumentata  se  concorre taluna delle» sono sostituite dalle seguenti: «Si applicano le»”.

Dunque, in materia di violenza sessuale di gruppo, è stabilito un aumento di pena per questo illecito penale da sei a dodici anni a da otto a quattordici anni fermo restando che il comma terzo dell’art. 609-octies c.p. è stato modificato sostituendo le parole “La pena è aumentata se concorre taluna delle circostanze aggravanti previste dall’articolo 609-ter” con le seguenti: “Si applicano le circostanze aggravanti previste dall’articolo 609-ter”.

 

Modifiche alle norme di attuazione, di  coordinamento e  transitorie del codice di procedura penale e agli articoli 90-bis e 190-bis del  codice di procedura penale

L’art. 14 della legge n. 69/2019 modifica talune norme att. del c.p.p. oltre che gli artt. 90-bis e 190-bis cod. proc. pen.: vediamo come.

Il primo comma dispone che dopo “l’articolo 64 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del  codice  di  procedura  penale,  di  cui  al  decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e’ inserito il seguente: «Art. 64-bis (Trasmissione obbligatoria di provvedimenti al giudice civile). – 1. Ai fini della decisione dei procedimenti di separazione personale dei coniugi o delle cause relative ai figli minori di  eta’ o all’esercizio della potesta’ genitoriale, copia delle ordinanze che applicano misure cautelari personali o ne dispongono la sostituzione o la revoca, dell’avviso di conclusione delle  indagini  preliminari, del provvedimento con il quale e’ disposta  l’archiviazione  e  della sentenza emessi nei confronti di una  delle  parti  in  relazione  ai reati previsti dagli  articoli  572,  609-bis,  609-ter,  609-quater, 609-quinquies, 609-octies,  612-bis  e  612-ter  del  codice  penale, nonche’ dagli articoli 582 e 583-quinquies del  codice  penale  nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo  comma,  del  codice penale e’ trasmessa senza ritardo al giudice civile procedente»”.

Tal che è ora previsto che copia delle ordinanze che applicano misure cautelari personali o ne dispongono la sostituzione o la revoca, dell’avviso di conclusione delle  indagini  preliminari, del provvedimento con il quale e’ disposta  l’archiviazione  e  della sentenza emessi nei confronti di una  delle  parti  in  relazione ai reati previsti dagli  articoli  572,  609-bis,  609-ter,  609-quater, 609-quinquies, 609-octies,  612-bis  e  612-ter  del  codice  penale, nonche’ dagli articoli 582 e 583-quinquies del  codice  penale  nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo  comma,  del  codice penale e’ trasmessa senza ritardo al giudice civile procedente ai fini della decisione dei procedimenti di separazione personale dei coniugi o delle cause relative ai figli minori di  eta’ o all’esercizio della potesta’ genitoriale.

A sua volta il comma secondo stabilisce che all’“articolo  90-bis,  comma  1,  lettera  p),  del  codice  di procedura penale, le parole: «e alle case  rifugio»  sono  sostituite dalle seguenti: «, alle case rifugio e ai servizi di assistenza  alle vittime di reato»” e di conseguenza, per effetto di questo novum legislativo, alla persona offesa, sin dal primo contatto con l’autorità procedente, vengono fornite, in una lingua a lei comprensibile, informazioni non solo case rifugio ma anche ai servizi di assistenza alle vittime di reato.

Il comma terzo, infine, nello stabilire che all’“articolo 190-bis,  comma  1-bis,  del  codice  di  procedura penale, le parole: «anni  sedici»  sono  sostituite  dalle  seguenti: «anni diciotto»”, comporta che l’art. 190-bis, c. 1, c.p.p. si applica quando si procede per uno dei reati previsti dagli articoli 600-bis, primo comma, 600-ter, 600-quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all’articolo 600-quater.1, (3) 600-quinquies, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies del codice penale, se l’esame richiesto riguarda un testimone minore non più degli anni diciotto (come previsto prima), ma di anni sedici.

Modifiche agli articoli 90-ter, 282-ter, 282-quater, 299 e 659 del  codice di procedura penale

L’art. 15 della legge n. 69/2019 emenda gli articoli 90-ter, 282-ter, 282-quater, 299 e 659 del  codice di procedura penale nei seguenti termini.

Il primo comma prevede innanzitutto che all’“articolo 90-ter del codice di procedura penale e’  aggiunto, in fine, il seguente comma: «1-bis. Le comunicazioni previste al comma 1 sono sempre effettuate alla persona offesa e al suo difensore, ove nominato, se  si  procede per  i  delitti  previsti  dagli  articoli  572,  609-bis,   609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis  del  codice  penale, nonche’ dagli articoli 582 e 583-quinquies del  codice  penale  nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo  comma,  del  codice penale»”.

Da ciò deriva che le comunicazioni dell’evasione e della scarcerazione, in riferimento ai procedimenti per delitti commessi con violenza alla persona sono sempre effettuate alla persona offesa e al suo difensore, ove nominato [stante quanto previsto dall’art. 15, c. 3, legge n. 69/2019 (“Al comma 1 dell’articolo  282-quater  del  codice  di  procedura penale,  dopo  le  parole:  «alla  parte  offesa»  sono  inserite  le seguenti: «e, ove nominato, al suo difensore»”)], se  si  procede per taluno di questi delitti.

A sua volta il comma secondo statuisce che al “comma 1 dell’articolo 282-ter del codice di procedura  penale sono aggiunte, in fine,  le  seguenti  parole:  «,  anche  disponendo l’applicazione delle  particolari  modalita’  di  controllo  previste dall’articolo 275-bis»” e, di conseguenza, con il provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o dalla persona offesa, il giudice può disporre una delle particolari  modalita’  di  controllo  previste dall’articolo 275-bis c.p.p. ossia le procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici.

Dal canto suo il comma quarto, nel disporre che al “comma 2-bis dell’articolo 299 del codice di procedura penale, le parole: «al difensore della  persona  offesa  o,  in  mancanza  di questo, alla persona offesa» sono sostituite  dalle  seguenti:  «alla persona offesa e, ove nominato, al suo difensore»”, fa si che i provvedimenti di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 299 c.p.p. relativi alle misure previste dagli articoli 282-bis , 282-ter, 283, 284, 285 e 286, applicate nei procedimenti aventi ad oggetto delitti commessi con violenza alla persona, devono essere immediatamente comunicati non più al difensore della  persona  offesa  o,  in  mancanza  di questo, alla persona offesa, ma alla persona offesa e, ove nominato, al suo difensore.

Il comma quinto, da ultimo, dispone che dopo “il comma 1 dell’articolo 659 del codice di procedura penale e’ inserito il seguente: «1-bis. Quando  a  seguito  di  un  provvedimento  del  giudice  di sorveglianza deve essere disposta la scarcerazione del condannato per uno dei  delitti  previsti  dagli  articoli  572,  609-bis,  609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis  del  codice  penale, nonche’ dagli articoli 582 e 583-quinquies del  codice  penale  nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo  comma,  del  codice penale, il pubblico ministero che cura l’esecuzione ne da’  immediata comunicazione, a mezzo della polizia giudiziaria, alla persona offesa e, ove nominato, al suo difensore»”.

La comunicazione da parte dell’autorità requirente a favore della persona offesa e, se nominato, al suo legale, dunque, ricorre pertanto adesso anche nel caso di scarcerazione, disposta dal giudice di sorveglianza, a favore del condannato per uno dei  delitti  previsti  dagli  articoli  572,  609-bis,  609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis  del  codice  penale, nonche’ dagli articoli 582 e 583-quinquies del  codice  penale  nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo  comma,  del  codice penale.

 

Modifica all’articolo 275 del codice di procedura penale

 

L’art. 16 di questo testo normativo modifica l’art. 275 cod. proc. pen. nella seguente maniera: “1. All’articolo 275, comma 2-bis, del codice di  procedura  penale, dopo la parola: «612-bis» e’ inserita la seguente: «, 612-ter»”.

Tal che ne deriva che, anche per il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti non rileva l’art. 275, c. 2-bis, c.p.p., segnatamente nella parte in cui dispone, da un lato, che non “può essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena” (primo capoverso), dall’altro, che, salvo “quanto previsto dal comma 3 e ferma restando l’applicabilità degli articoli 276, comma 1-ter, e 280, comma 3, non può applicarsi la misura della custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all’esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni” (secondo capoverso), nella misura in cui, stante quanto previsto dall’art. 274, c. 2.bis, terzo capoverso, c.p.p., “rilevata l’inadeguatezza di ogni altra misura, gli arresti domiciliari non possano essere disposti per mancanza di uno dei luoghi di esecuzione indicati nell’articolo 284, comma 1, del presente codice”.

 

Modifiche all’articolo 13-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di trattamento  psicologico  per  i  condannati  per reati  sessuali, per maltrattamenti contro familiari o  conviventi  e per atti persecutori

 

L’art. 17 della legge n. 69/2019 modifica l’art. 13-bis della legge n. 354/1975 in questi termini: “1. All’articolo 13-bis della legge 26 luglio  1975,  n.  354,  sono apportate le seguenti modificazioni: a) al comma 1,  le  parole:  «nonche’  agli  articoli  609-bis  e 609-octies del medesimo codice,  se  commessi  in  danno  di  persona minorenne » sono sostituite dalle seguenti: «nonche’  agli  articoli 572,  583-quinquies,  609-bis,  609-octies  e  612-bis  del  medesimo codice»;  b) e’ aggiunto, in fine, il seguente comma: «1-bis. Le persone condannate per i delitti di  cui  al  comma  1 possono essere ammesse a  seguire  percorsi  di  reinserimento  nella societa’ e di recupero presso enti o associazioni che si occupano  di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati, organizzati previo accordo tra i suddetti  enti o associazioni e gli istituti penitenziari»; c)  la  rubrica  e’  sostituita  dalla   seguente: «Trattamento psicologico per i condannati per reati sessuali,  per  maltrattamenti contro familiari o conviventi e per atti persecutori»”.

Dunque, per effetto di queste modifiche, è ora previsto che: a) le persone condannate per i delitti di cui agli artt. 572, 583-quinquies e 612-bis del codice penale possono sottoporsi a un trattamento psicologico con finalita’ di recupero e di sostegno; b) le persone condannate per i delitti di  cui  al  comma  1 dell’art. 13-bis della legge n. 35471975 possono essere ammesse a  seguire  percorsi  di  reinserimento  nella societa’ e di recupero presso enti o associazioni che si occupano  di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati, organizzati previo accordo tra i suddetti  enti o associazioni e gli istituti penitenziari; c) la rubrica dell’art. 13-bis della legge n. 354/1975 è «Trattamento psicologico per i condannati per reati sessuali,  per  maltrattamenti contro familiari o conviventi e per atti persecutori» e non più «Trattamento psicologico per i condannati per reati sessuali in danno di minori».

 

Modifica all’articolo 5-bis del decreto-legge 14 agosto 2013, n.  93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119,   in materia di riequilibrio territoriale dei centri antiviolenza

 

L’art. 18 di questa normativa, nel disporre che all’“articolo 5-bis, comma 2, lettera d),  del  decreto-legge  14 agosto 2013, n. 93, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  15 ottobre 2013, n. 119, le parole da: «, riservando un terzo» fino alla fine della lettera sono soppresse”, prevede adesso che il Ministro delegato per le pari opportunita’, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, provvede annualmente a ripartire tra le regioni le risorse di cui al comma 1 tenendo conto unicamente della necessita’ di riequilibrare la presenza dei centri antiviolenza e delle case-rifugio in ogni regione mentre viene meno l’obbligo di riservare un terzo dei fondi disponibili all’istituzione di nuovi centri e di nuove case-rifugio al fine di raggiungere l’obiettivo previsto dalla raccomandazione Expert Meeting sulla violenza contro le donne – Finlandia, 8-10 novembre 1999.

 

Modifiche al decreto legislativo 9 novembre  2007, n. 204, recante attuazione della direttiva 2004/80/CE relativa all’indennizzo delle vittime di reato

 

Il decreto legislativo n. 204/2007 è stato modificato dall’art. 19 della legge n. 69/2019 nella seguente maniera: “a)  all’articolo  1,  le  parole:  «la  procura  generale   della Repubblica  presso  la  corte  d’appello»  sono  sostituite,  ovunque ricorrono, dalle seguenti: «la procura  della  Repubblica  presso il tribunale»; b) all’articolo 3, comma 1, le parole:  «procura  generale  della Repubblica presso la corte d’appello» sono sostituite dalle seguenti: «procura della Repubblica presso il tribunale»; c) all’articolo 4, le parole: «procura generale della  Repubblica presso la corte d’appello» sono sostituite, ovunque ricorrano,  dalle seguenti: «procura della Repubblica presso il tribunale»;     d) all’articolo 7, comma 1, le parole: «delle procure generali presso le corti d’appello» sono  sostituite  dalle  seguenti:  «delle procure della Repubblica presso i tribunali»”.

Dunque, per effetto di questa norma giuridica, è adesso stabilito che: 1) spetta alla procura della Repubblica, e non più alla procura generale presso il tribunale, allorche’ nel territorio di uno Stato membro dell’Unione europea sia stato commesso un reato che da’ titolo a forme di indennizzo previste in quel medesimo Stato e il richiedente l’indennizzo sia stabilmente residente in Italia, svolgere i compiti ad essa assegnati dall’art. 1, c. 1, d.lgs. n. 204/2007; 2) le informazioni essenziali relative al sistema di indennizzo previsto dallo Stato membro dell’Unione europea in cui e’ stato commesso il reato sono adesso trasmesse dalla procura della Repubblica, e non più dalla procura generale presso il tribunale ; 3) per evidenti esigenze di coordinamento rispetto alle precedenti modifiche, con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri dell’interno, degli affari esteri e dell’economia e delle finanze, da adottarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, sono definiti gli aspetti organizzativi relativi allo svolgimento delle attivita’ di competenza delle procure della Repubblica presso i tribunali e non più delle procure generali presso le corti d’appello (come previsto prima), del punto centrale di contatto di cui all’art. 5 del d.lgs. n.204/2007, nonche’ le modalita’ di raccordo con le attivita’ di competenza delle autorita’ di decisione.

 

Modifica all’articolo 11 della legge 7 luglio 2016, n. 122, in materia di indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali  violenti

 

L’art. 20 della legge in esame, nel modificare l’art. 11 della legge 7 luglio 2016, n. 122 stabilendo che all’“articolo 11, comma 2, della legge 7  luglio  2016,  n.  122, dopo le parole: «secondo comma, del codice penale» sono  inserite  le seguenti:  «nonche’  per  il  delitto  di  deformazione  dell’aspetto mediante lesioni permanenti al viso di cui all’articolo 583-quinquies del codice penale»”, ha previsto l’indennizzo in favore della vittima di questo reato.

 

Clausola di invarianza finanziaria

L’art. 21 della legge n. 69/2019, infine, stabilisce che dall’“attuazione delle disposizioni di cui  alla  presente  legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri  a  carico  della  finanza pubblica” (primo capoverso) e  le  “amministrazioni  interessate  provvedono  ai  relativi adempimenti  con  le  risorse  umane,   strumentali   e   finanziarie disponibili a legislazione vigente” (secondo capoverso).

Conclusioni

La legge in questione, ad una prima sommaria lettura, contiene diversi elementi positivamente rivolti a rafforzare la tutela delle vittime di violenza domestica.

Non resta dunque che aspettare come questa normativa verrà applicata in sede giudiziale al fine di verificarne la sua effettiva idoneità a perseguire gli scopi che il legislatore si è prefissato di raggiungere con l’approvazione di questo provvedimento legislativo.

 

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Il presente volume, pubblicato grazie al sostegno economico dell’Università degli Studi di Milano (Piano di sostegno alla ricerca 2016/2017, azione D), raccoglie i contributi, rivisti ed aggiornati, presentati al convegno internazionale del 7 giugno 2016, al fine di consentire, anche a coloro che non hanno potuto presenziare all’evento, di vedere raccolte alcune delle relazioni, che sono confluite in un testo scritto, e i posters scientifici che sono stati esposti, in quella giornata, a Palazzo Greppi (Milano) e successivamente pubblicati sulla Rivista giuridica Diritto Penale Contemporaneo (www.penalecontemporaneo.it). Raffaele Bianchetti è un giurista, specialista in criminologia clinica; lavora come ricercatore presso il Dipartimento di Scienze giuridiche “Cesare Beccaria” dell’Università degli Studi di Milano e come magistrato onorario presso il Tribunale di Milano. Da anni insegna Criminologia e Criminalistica e svolge attività didattica all’interno di corsi di formazione post-lauream e di alta formazione in Italia e all’estero; partecipa come relatore a convegni, congressi e incontri di studio nazionali ed internazionali; fa parte di gruppi di ricerca, anche di natura transnazionale, coordinandone alcuni come responsabile dei progetti. È autore di scritti monografici e di pubblicazioni giuridiche di stampo criminologico, alcune delle quali sono edite all’interno di opere collettanee e di riviste scientifiche specializzate. Membro componente di comitati scientifici e di comitati redazionali, è condirettore  di due collane editoriali.Luca Lupária Professore Ordinario di Diritto processuale penale nell’Università degli Studi di Roma Tre e visiting professor  in Atenei europei e americani, è autore di scritti monografici su temi centrali della giustizia penale e di oltre cento pubblicazioni scientifiche, apparse anche su riviste straniere e volumi internazionali. È responsabile di programmi e gruppi di ricerca transnazionali sui diritti delle vittime, sulle garanzie europee dell’imputato e   sui rimedi all’errore giudiziario. Condirettore di collane editoriali, è vice-direttore della rivista “Diritto penale contemporaneo” .Elena Mariani è laureata in giurisprudenza e specialista in criminologia clinica. Da oltre dieci anni collabora con la Catte- dra di Criminologia e Criminalistica del Dipartimento di Scienze giuridiche “Cesare Beccaria” dell’Università degli Studi di Milano, effettuando seminari e attività di ricerca sui temi della giustizia penale minorile, della vittimologia, dell’esecuzione penale e delle misure di prevenzione. Svolge da anni attività didattica in corsi di formazione post-lauream e di alta formazione presso diversi atenei italiani. È autrice di una monografia in tema di sistema sanzionatorio minorile e per gli adulti edita in questa Collana e di varie pubblicazioni in materia criminologica, edite all’interno di opere collettanee e di riviste scientifiche specializzate. Attualmente   è componente esperto del Tribunale di Sorveglianza di Milano e dottoranda di ricerca in diritto penale presso l’Università degli Studi di Milano. 

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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