Si alla vigilanza privata svolta in forma autonoma

sentenza 13/05/10
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La lettera e lo spirito della normativa nazionale di cui agli artt. 113 e 134 del T.u.l.p.s. (n. 773/1931), alla luce del diritto costituzionale (art. 4 Cost. sul diritto al lavoro) e comunitario (sulla libertà di prestazione di servizi comunque sussistente nello spazio giuridico comunitario) non contiene alcuna ragione ostativa al rilascio di un’autorizzazione a svolgere attività di vigilanza come lavoratore autonomo senza vincoli di subordinazione.

Ed invero, il citato art. 133 recita : “Gli enti pubblici, gli altri enti collettivi e i privati possono destinare guardie particolari alla vigilanza o custodia delle loro proprietà mobiliari od immobiliari.

Possono anche, con l’autorizzazione del Prefetto, associarsi per la nomina di tali guardie da destinare alla vigilanza o custodia in comune delle proprietà stesse.”

Il successivo art. 134 recita : “Senza licenza del Prefetto è vietato ad enti o privati di prestare opere di vigilanza o custodia di proprietà mobiliari od immobiliari e di eseguire investigazioni o ricerche o di raccogliere informazioni per conto di privati.

Salvo il disposto dell’art. 11, la licenza non può essere conceduta alle persone che non abbiano la cittadinanza italiana ovvero di uno Stato membro dell’Unione europea o siano incapaci di obbligarsi o abbiano riportato condanna per delitto non colposo.

I cittadini degli Stati membri dell’Unione europea possono conseguire la licenza per prestare opera di vigilanza o custodia di beni mobiliari o immobiliari alle stesse condizioni previste per i cittadini italiani.

Il regolamento di esecuzione individua gli altri soggetti, ivi compreso l’institore, o chiunque eserciti poteri di direzione, amministrazione o gestione anche parziale dell’istituto o delle sue articolazioni, nei confronti dei quali sono accertati l’assenza di condanne per delitto non colposo e gli altri requisiti previsti dall’articolo 11 del presente testo unico, nonché dall’articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575 .

La licenza non può essere conceduta per operazioni che importano un esercizio di pubbliche funzioni o una menomazione della libertà individuale”.

Orbene, l’utilizzo del termine “destinare” nel corpo della disposizione dell’art. 133 cit. non è indicativo della impossibilità di esercitare la predetta attività solo mediante contratti di lavoro subordinato.

 

N. 02661/2010 REG.DEC.

N. 01855/2005 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 1855 del 2005, proposto da:
Associazione Nazionale Guardie Giurate D’Italia, rappresentato e difeso dall’avv. ***************, con domicilio eletto presso ********************** in Roma, via del Foro ********** 1/A;

contro

*****************, rappresentato e difeso dall’avv. **************, con domicilio eletto presso ****************** in Roma, via G. Antonelli N. 50; Ministero dell’interno, rappresentato e difeso dall’Avvocatura, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Ufficio Territoriale del Governo-Prefettura di Modena, rappresentato e difeso dall’Avvocatura, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del TAR EMILIA ROMAGNA – BOLOGNA :Sezione I n. 03696/2004, resa tra le parti, concernente DINIEGO AUTORIZZAZIONE PER SVOLGERE ATTIVITA’ DI GUARDIA GIURATA AUTONOMA.

 

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ufficio Territoriale del Governo-Prefettura di Modena e di Ministero dell’Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 marzo 2010 il consigliere ******************* e uditi per le parti gli avvocati l’Avv. dello Stato ****** e l’Avv. Palli per delega dell’Avv. ****** e l’Avv. ***** per delega di *********;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con il ricorso di primo grado il sig. *****************, già guardia giurata dipendente di istituti di vigilanza, narrava di avere presentato istanza all’Ufficio Territoriale del Governo di Modena al fine di ottenere l’autorizzazione a svolgere l’attività di guardia giurata quale lavoratore autonomo.

Con provvedimento del 22 marzo 2004 la Prefettura di Modena respingeva la richiesta suddetta, ritenendo che, in virtù di quanto disposto dall’art. 133 del t.u. delle leggi di pubblica sicurezza, r.d. 18 giugno 1931 n. 773 ( T.U.L.P.S. ) l’attività di vigilanza potesse essere svolta esclusivamente da guardie giurate direttamente dipendenti da proprietari privati ovvero indirettamente alle dipendenze di istituti di vigilanza.

Avverso il predetto provvedimento si gravava l’********** innanzi al T.A.R. per l’Emilia Romagna Sezione di Bologna richiedendone l’annullamento in quanto, a suo dire, dagli art. 133 e 134 del T.U.L.P.S. non si desumerebbe alcuna limitazione relativa alla forma del rapporto fra la guardia giurata ed i proprietari delle cose da vigilare.

L’Amministrazione resisteva al ricorso.

Con la sentenza n. 3696 del 2004 il ricorso è stato accolto.

L’associazione Nazionale Guardie Giurate d’Italia, pur non avendo preso parte al giudizio di primo grado, impugnava la predetta sentenza ritenendola lesiva degli interessi di detta associazione, ritenendo violati gli artt. 133 e 134 del T.U.L.P.S.

In appello si è costituita l’Qmministrazione insistendo sulla legittimità del proprio operato.

Resiste in appello l’originario ricorrente.

DIRITTO

L’appello merita il rigetto.

Il Collegio prescinde dall’esame delle eccezioni preliminari essendo il ricorso da respingere nel merito.

L’art. 133 del T.U.L.P.S. recita : “Gli enti pubblici, gli altri enti collettivi e i privati possono destinare guardie particolari alla vigilanza o custodia delle loro proprietà mobiliari od immobiliari.

Possono anche, con l’autorizzazione del Prefetto, associarsi per la nomina di tali guardie da destinare alla vigilanza o custodia in comune delle proprietà stesse.”

L’art. 134 del T.U.L.P.S. recita : “Senza licenza del Prefetto è vietato ad enti o privati di prestare opere di vigilanza o custodia di proprietà mobiliari od immobiliari e di eseguire investigazioni o ricerche o di raccogliere informazioni per conto di privati .

Salvo il disposto dell’art. 11, la licenza non può essere conceduta alle persone che non abbiano la cittadinanza italiana ovvero di uno Stato membro dell’Unione europea o siano incapaci di obbligarsi o abbiano riportato condanna per delitto non colposo.

I cittadini degli Stati membri dell’Unione europea possono conseguire la licenza per prestare opera di vigilanza o custodia di beni mobiliari o immobiliari alle stesse condizioni previste per i cittadini italiani .

Il regolamento di esecuzione individua gli altri soggetti, ivi compreso l’institore, o chiunque eserciti poteri di direzione, amministrazione o gestione anche parziale dell’istituto o delle sue articolazioni, nei confronti dei quali sono accertati l’assenza di condanne per delitto non colposo e gli altri requisiti previsti dall’articolo 11 del presente testo unico, nonché dall’articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575 .

La licenza non può essere conceduta per operazioni che importano un esercizio di pubbliche funzioni o una menomazione della libertà individuale”.

Osserva il Collegio – in sintonia con quanto già ritenuto dalla sentenza di primo grado – che la lettera e lo spirito della normativa in esame, alla luce del diritto costituzionale (art. 4 Cost . sul diritto al lavoro ) e comunitario ( sulla libertà di prestazione di servizi , comunque sussistente nello spazio giuridico comunitario anche se non espressamente considerata da Corte di Giustizia Ce n. 283 del 2008 ) non appare contenere alcuna ragione ostativa al rilascio di un’autorizzazione a svolgere attività di vigilanza come lavoratore autonomo senza vincoli di subordinazione.

In particolare, al di là della supposta inconferenza dei precedenti citati dal giudice di prime cure, non è l’utilizzo del termine “destinare” nel corpo della disposizione ad essere indicativo della impossibilità di esercitare la predetta attività solo mediante contratti di lavoro subordinato.

In sostanza, l’attività in questione, in assenza di norme espressamente limitative, può essere esercitata anche senza vincolo di subordinazione.

Sussistono giusti ed eccezionali motivi per compensare le spese del doppio grado di giudizio, in considerazione della novità del caso.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando, nel contraddittorio delle parti, sul ricorso in epigrafe specificato così provvede:

Respinge l’appello.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 marzo 2010 con l’intervento dei Signori:

*******************, Presidente

****************, Consigliere

Giancarlo Montedoro, ***********, Estensore

******************, Consigliere

Claudio Contessa, Consigliere

 

 

L’ESTENSORE    IL PRESIDENTE

 

Il Segretario

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 07/05/2010

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Dirigente della Sezione

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