Amministratori locali, è di chiusura la norma del Tuel che disciplina le cause ostative alla candidatura

Redazione 03/05/12
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Lilla Laperuta

L’art. 58, co. 1, lett. c), D.Lgs. 267/2000, recante il Testo unico degli enti locali (Tuel), norma a tenore della quale non possono essere candidati alle elezioni comunali “coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva alla pena della reclusione complessivamente superiore a sei mesi per uno o più delitti commessi con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio diversi da quelli indicati nella lett. b” (corruzione in atti giudiziari, peculato, corruzione di incaricato di pubblico servizio), contiene una norma di chiusura. Lo ribadisce il Consiglio di Stato, sent. n. 2485 del 28 aprile, richiamando l’indirizzo ermeneutico già espresso dalla Corte di legittimità (Cass. civ. sez. I, 27 luglio 2002, n. 11140 e 14 febbraio 2004, n. 2896). Si tratta di una norma volta ad includere nell’area della norma inabilitante, aperta e residuale, tutti i comportamenti non specificamente previsti, ma ugualmente lesivi dell’interesse protetto, con la conseguenza che la predetta causa ostativa impedisce l’assunzione di pubblici uffici elettivi da parte di soggetti che a qualsiasi titolo siano rimasti implicati, con una condotta penalmente rilevante, nella commissione di illeciti penali commessi con abuso di poteri e violazione di doveri inerenti ad una pubblica funzione e ad un pubblico servizio. In particolare, proseguono i giudici di palazzo Spada, in caso di unificazione dei reati nel vincolo della continuazione, l’unicità del disegno criminoso che avvince le singole condotte ai sensi del capoverso dell’art. 81 c.p. impedisce una valutazione atomistica delle singole fattispecie criminose e mette in luce il collegamento di tutti i comportamenti criminosi con l’abuso di poteri e la violazione dei doveri che connotano, alla stregua di elemento costitutivo, l’integrazione del reato proprio di abuso d’ufficio.

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