Malattie professionali: ai parenti del deceduto compete solo la dimostrazione del nesso patologia-lavoro

Redazione 16/12/11
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Con la sentenza n. 26879 del 14 dicembre 2011 la sezione lavoro della Cassazione ha fornito una precisazione sull’onere della prova in materia di «morti sospette».

In particolare, i giudici di legittimità hanno previsto che ai familiari di un soggetto deceduto per una malattia contratta in servizio spetta soltanto la dimostrazione del nesso fra la patologia e l’attività lavorativa svolta e non la dimostrazione che il datore ignorasse le misure di sicurezza necessarie.

Spetta, infatti, all’azienda l’onere di provare di aver adottato tutte le misure di sicurezza adeguate.

I familiari della vittima si erano visti respingere la richiesta di risarcimento dei danni collegati alla morte avvenuta per una forma di cancro connesso all’esposizione ad amianto perché non avevano dimostrato la violazione da parte del datore di lavoro delle norme di prevenzione dirette ad evitare la dispersione di fibre di amianto nell’ambiente di lavoro.

Dunque i giudici di merito, pur riconoscendo che fosse stato probabile contrarre la malattia durante il servizio, ponevano a carico dei familiari la suddetta prova.

La Cassazione ha ribaltato i termini della questione stabilendo che agli eredi spetta la prova del nesso causale fra malattia e lavoro, e già questa è una prova difficile, perché contrariamente a quanto avviene in ambito INAIL non vi sono presunzioni circa la natura professionale della patologia; spetta, invece, al datore dimostrare di avere adottato tutte la cautele idonee ad evitare i rischi per i lavoratori.

Redazione

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