È stata approvata in via definitiva e pubblicata sulla G.U. del 25 settembre 2025 la Legge n. 132/2025 recante “Disposizioni e deleghe al Governo in materia di intelligenza artificiale”. La norma entra in vigore oggi, il 10 ottobre 2025 e rappresenta il primo intervento organico in Italia sulla disciplina dell’AI, affiancandosi al Regolamento UE 2024/1689 (AI Act) recentemente adottato. Per una panoramica sulla legge e per scaricare il testo in PDF, ti invitiamo a leggere il nostro articolo dedicato. Il legislatore italiano mira a un uso dell’AI corretto, trasparente e responsabile, in una dimensione antropocentrica, enunciando principi generali quali la centralità della persona umana, la trasparenza e spiegabilità dei sistemi, la non discriminazione, la protezione dei dati personali e la responsabilità degli operatori. In questo contesto, risulta fondamentale comprendere le novità introdotte per gli avvocati, le professioni legali e il sistema giustizia. Di seguito analizziamo gli impatti salienti della legge sull’esercizio della professione forense e sull’attività giudiziaria, soffermandoci sulle disposizioni chiave (artt. 13, 15, 12, 24, 25) e offrendo alcune indicazioni pratiche per gli studi legali che dovranno adeguarsi. Sulla nuova legge sull’Intelligenza Artificiale abbiamo pubblicato il volume “La legge Italiana sull’Intelligenza Artificiale – Commento alla Legge 23 settembre 2025, n. 132”, disponibile su Shop Maggioli e Amazon. Per approfondire il tema, ti consigliamo i corsi Maggioli Legal Prompting – Dal prompting ai workflow pratici: nuovi modelli di AI per lo studio legale.
Indice
- 1. Esercizio della professione forense: Intelligenza Artificiale come supporto (Art. 13)
- 2. L’Intelligenza Artificiale nell’attività giudiziaria: limiti e garanzie (Art. 15)
- 3. Formazione e organizzazione del lavoro nelle professioni legali (Artt. 12, 24, 25)
- 4. Art. 12 – Osservatorio sull’AI e lavoro
- 5. Art. 24 – Delega per formazione digitale e “equo compenso”.
- 6. Art. 25 – Proprietà intellettuale delle opere generate da AI
- 7. Adeguarsi alla rivoluzione AI: consigli per gli studi legali
- 8. Conclusioni
- Formazione per professionisti in materia
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1. Esercizio della professione forense: Intelligenza Artificiale come supporto (Art. 13)
Legge 132/2025 dedica l’articolo 13 alle professioni intellettuali – ambito in cui rientra a pieno titolo la professione forense – definendo principi e limiti per l’uso dell’intelligenza artificiale. In base a tale norma, l’impiego di sistemi di AI da parte dei professionisti deve essere limitato alle funzioni strumentali e di supporto, mentre l’attività principale e il “cuore” della prestazione restano saldamente ancorati al pensiero critico umano. In altre parole, l’avvocato può avvalersi di strumenti di AI per velocizzare o migliorare taluni compiti (ad esempio ricerche giurisprudenziali, analisi documentali, bozze di atti), ma il contributo automatizzato non può mai sostituire la valutazione giuridica e la capacità argomentativa del professionista. La legge afferma infatti il principio della prevalenza del lavoro intellettuale umano nella prestazione d’opera professionale. Un secondo aspetto cruciale introdotto dall’art. 13 riguarda il rapporto con il cliente. La norma è volta ad assicurare il rapporto fiduciario tra professionista e cliente, imponendo al professionista un obbligo di informativa chiara, semplice ed esauriente sull’eventuale utilizzo di sistemi di AI nell’esecuzione dell’incarico. Ciò significa, ad esempio, che l’avvocato dovrà avvisare il cliente se per la bozza di un contratto o di un ricorso si è avvalso di un sistema di generazione automatica di testi. Questa trasparenza operativa diventa a tutti gli effetti un nuovo dovere deontologico: l’obbligo di informare il cliente sull’uso di AI si inserisce nel più ampio dovere di lealtà e correttezza professionale, rafforzando la fiducia e la consapevolezza del cliente stesso. Il risultato è che l’adozione dell’AI nello studio legale dovrà avvenire con estrema cautela e chiarezza contrattuale, mantenendo centralità del ruolo dell’avvocato e massima trasparenza verso l’assistito. Sulla nuova legge sull’Intelligenza Artificiale abbiamo pubblicato il volume “La legge Italiana sull’Intelligenza Artificiale – Commento alla Legge 23 settembre 2025, n. 132”, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon.
La legge Italiana sull’Intelligenza Artificiale
Il volume presenta il primo articolato commento dedicato alla Legge 23 settembre 2025, n. 132, che detta le norme che consentono di disciplinare in ambito italiano il fenomeno dell’intelligenza artificiale e il settore giuridico degli algoritmi avanzati.Il testo offre una panoramica completa delle principali questioni giuridiche affrontate dal legislatore italiano, tra cui la tutela del diritto d’autore e la disciplina della protezione dei dati personali raccolti per l’addestramento dei modelli e per il funzionamento dei sistemi di intelligenza artificiale.Sono analizzate tutte le modifiche normative previste dalla nuova legge, che è intervenuta anche sul codice civile, sul codice di procedura civile e sul codice penale, introducendo nuove fattispecie di reato. La puntuale analisi della riforma e il confronto con le fonti europee (l’AI Act e il GDPR) sono accompagnati da schemi e tabelle, e da un agile glossario giuridico. Vincenzo FranceschelliCome professore straordinario prima, e poi come ordinario, ha insegnato nelle Università di Trieste, Siena, Parma, Milano e Milano Bicocca. È Vicepresidente del CNU – Consiglio Nazionale degli Utenti presso l’AGCom Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. È stato Visiting Professor presso la Seton Hall University Law School di New Jersey, USA. Direttore responsabile della Rivista di Diritto Industriale e autore di numerose monografie e contributi scientifici in varie riviste.Andrea Sirotti GaudenziAvvocato e docente universitario. Svolge attività di insegnamento presso Atenei e centri di formazione in Italia e all’estero. È responsabile scientifico di vari enti, tra cui l’Istituto nazionale per la formazione continua di Roma. Direttore di collane e trattati giuridici, è autore di numerosi volumi, tra cui “Manuale pratico dei marchi e brevetti”, “Il nuovo diritto d’autore” e “Codice della proprietà industriale”. I suoi articoli vengono pubblicati su varie testate giuridiche.
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2. L’Intelligenza Artificiale nell’attività giudiziaria: limiti e garanzie (Art. 15)
Accanto alla sfera professionale privata, la legge incide in modo significativo anche nell’ambito giudiziario, fissando paletti rigorosi per l’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale nei tribunali. L’articolo 15 stabilisce anzitutto che in ogni caso in cui si impieghi AI nell’attività giudiziaria, restano riservate al magistrato tutte le decisioni sostanziali: dall’interpretazione e applicazione della legge, alla valutazione dei fatti e delle prove, fino all’adozione dei provvedimenti finali. Viene quindi esclusa qualsiasi forma di “giustizia predittiva” automatizzata o delega di funzioni decisorie a macchine. L’AI potrà trovare spazio solo in funzioni ausiliarie e organizzative: la gestione amministrativa dei procedimenti, l’analisi statistica dei dati processuali, la ricerca di precedenti giurisprudenziali, lo smistamento degli atti – tutti strumenti di supporto che possono semplificare il lavoro senza intaccare il ruolo decisionale del giudice. La legge introduce inoltre specifiche garanzie di trasparenza e controllo nell’uso forense di algoritmi. Si prevede un regime di “trasparenza
rafforzata”, imponendo l’obbligo di segnalare espressamente nei provvedimenti ogni apporto derivante da sistemi di AI. In pratica, se un giudice (o la cancelleria) utilizza un software di intelligenza artificiale per analisi o supporto nella stesura di una sentenza, tale fatto dovrà essere tracciato e dichiarato nel provvedimento, così che le parti ne siano informate e possano eventualmente valutarlo in sede di impugnazione. Questo accorgimento normativo mira a garantire tracciabilità e verificabilità dell’intervento algoritmico, evitando decisioni “opache” influenzate da meccanismi automatici sconosciuti alle parti.
Dal punto di vista organizzativo, l’art. 15 demanda al Ministero della Giustizia di disciplinare con appositi atti le modalità di impiego dell’AI per l’organizzazione dei servizi giudiziari e la semplificazione del lavoro. Inoltre, fino all’attuazione dell’AI Act europeo, ogni progetto di sperimentazione di sistemi di AI negli uffici giudiziari dovrà essere previamente autorizzato dal Ministero, sentite le Autorità nazionali competenti – un meccanismo di vigilanza che sottolinea la cautela con cui si intende introdurre l’innovazione tecnologica nei tribunali.
Da segnalare anche la formazione mirata per i magistrati e il personale di cancelleria: la legge prevede l’implementazione di attività formative sul tema AI in ambito giudiziario, volte a sviluppare competenze digitali avanzate e consapevolezza dei benefici e rischi di queste tecnologie. Ciò significa che la Scuola Superiore della Magistratura e gli altri enti preposti dovranno aggiornare i programmi includendo moduli sull’uso consapevole degli algoritmi, sulla loro affidabilità e sugli aspetti etico-giuridici correlati. In definitiva, l’avvocato si troverà a operare in procedimenti in cui l’AI sarà presente “dietro le quinte” per organizzare, gestire e analizzare dati processuali. Pur restando immutato il contraddittorio tradizionale in
udienza, il contesto processuale diverrà più digitale e data-driven. Vale la pena notare, infine, che la legge interviene anche sul Codice di procedura civile: l’art. 17 attribuisce al tribunale (escludendo il giudice di pace) la competenza esclusiva sulle cause riguardanti il funzionamento di sistemi di AI. Si prospetta dunque la nascita di un contenzioso specializzato in materia di algoritmi, ove saranno richieste elevate competenze tecniche e giuridiche – un terreno su cui gli avvocati potranno sviluppare nuove aree di attività professionale.
3. Formazione e organizzazione del lavoro nelle professioni legali (Artt. 12, 24, 25)
Oltre alle norme immediatamente precettive su professioni e giustizia, la Legge 132/2025 predispone strumenti di carattere più generale per accompagnare la trasformazione digitale nel mondo del lavoro – incluse le professioni legali – e tutelare diritti e interessi coinvolti. In particolare, meritano attenzione le disposizioni sugli aspetti formativi e organizzativi (artt. 12 e 24) e quelle in tema di diritto d’autore (art. 25), che indirettamente incidono sull’attività degli studi legali.
4. Art. 12 – Osservatorio sull’AI e lavoro
La legge istituisce presso il Ministero del Lavoro un Osservatorio sull’adozione dei sistemi di AI nel mondo del lavoro, con il compito di definire una strategia sull’utilizzo dell’AI in ambito lavorativo, monitorarne l’impatto sul mercato del lavoro e individuare i settori più interessati dall’automazione intelligente. Tale Osservatorio avrà anche il mandato di promuovere la formazione dei lavoratori e dei datori di lavoro in materia di AI. Questa iniziativa prospetta che, parallelamente alle figure aziendali, anche gli operatori del settore legale (avvocati, praticanti, personale di studi professionali) possano beneficiare di programmi formativi orizzontali sulle competenze digitali. Il monitoraggio dei settori più colpiti dall’AI potrebbe infatti includere le professioni regolamentate, segnalando il fabbisogno di riqualificazione e aggiornamento nel comparto legale.
5. Art. 24 – Delega per formazione digitale e “equo compenso”.
L’art. 24 contiene una delega al Governo per adottare, entro 12 mesi, uno o più decreti legislativi di adeguamento dell’ordinamento nazionale all’AI Act europeo. Nell’elencare i principi e criteri direttivi per tali futuri decreti, la legge indica espressamente la necessità di prevedere percorsi di alfabetizzazione e formazione sull’utilizzo dei sistemi di AI. In particolare, gli Ordini professionali e le associazioni di categoria dovranno attivarsi per offrire formazione specifica ai professionisti del settore sull’uso dell’AI. Ciò si tradurrà, ad esempio, per il Consiglio Nazionale Forense e gli Ordini degli Avvocati locali, nell’organizzazione di corsi, seminari e linee guida per istruire gli avvocati all’impiego consapevole degli strumenti di intelligenza artificiale nell’attività legale. Non solo: la stessa lettera f) del comma 2 prevede la possibilità di introdurre il riconoscimento di un equo compenso modulabile in base alle responsabilità e ai rischi connessi all’uso di sistemi di AI da parte dei professionisti. Questa indicazione è significativa per gli avvocati: in futuro, i parametri tariffari e i compensi professionali potrebbero tenere conto dell’utilizzo di tecnologie AI – sia per valorizzare nuove competenze digitali, sia per bilanciare gli eventuali rischi aggiuntivi assunti dal legale quando utilizza algoritmi. Si delinea dunque un adeguamento non solo culturale, ma anche economico-organizzativo della professione forense all’era digitale.
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6. Art. 25 – Proprietà intellettuale delle opere generate da AI
Un ulteriore fronte di impatto riguarda la tutela dei diritti d’autore sulle creazioni generate mediante intelligenza artificiale. L’art. 25 modifica la legge sul diritto d’autore (l. 633/1941) stabilendo che saranno protette solo le opere dell’ingegno umano, anche se realizzate con l’ausilio di strumenti di AI, purché frutto del lavoro intellettuale dell’autore umano. In pratica, si esclude la protezione per il materiale completamente autonomo dell’AI, mentre sono tutelate le opere create con AI assistita se vi è un apporto creativo umano determinante. Questa novità tocca da vicino gli avvocati sia come utilizzatori sia come consulenti legali: ad esempio, un documento o parere generato in bozza da un sistema di AI e poi rifinito dall’avvocato sarà considerato opera dell’ingegno dell’avvocato stesso (protetta da copyright), ma occorrerà saper distinguere la mera generazione automatica dalla creazione assistita per valutare la titolarità dei diritti. Inoltre, si aprono nuove aree di consulenza e contenzioso in materia di proprietà intellettuale: studi legali specializzati potranno assistere aziende e autori nella gestione dei diritti su contenuti prodotti con AI, nonché nei contratti di licenza e utilizzo di algoritmi generativi. Anche questo fa parte dei cambiamenti di “organizzazione del lavoro” dell’avvocato: aggiornarsi su tematiche prima estranee (come il copyright di opere AI) per offrire servizi legali adeguati all’evoluzione tecnologica.
7. Adeguarsi alla rivoluzione AI: consigli per gli studi legali
Di fronte a questo nuovo quadro normativo, gli studi legali e i singoli professionisti sono chiamati ad adeguare modalità operative, competenze e protocolli interni. Ecco alcune raccomandazioni pratiche per non farsi trovare impreparati e cogliere al meglio le opportunità, mitigando al contempo i rischi:
- Aggiornare le competenze digitali: Investire in formazione specialistica sull’AI è ormai imprescindibile. La legge incoraggia Ordini e istituzioni a offrire corsi dedicati, ma è bene che ogni avvocato si attivi personalmente per acquisire nozioni di base su machine learning, funzionamento degli algoritmi e loro ambiti di applicazione. Ciò include apprendere l’uso di strumenti come sistemi di document analysis, legal analytics e piattaforme di legal tech. Un avvocato formato saprà dialogare efficacemente con l’AI, sfruttandone i vantaggi e riconoscendone i limiti.
- Trasparenza verso i clienti: È fondamentale introdurre prassi di trasparenza proattiva sull’uso di strumenti di AI nello studio. Come visto, l’art. 13 obbliga a informare il cliente se si utilizza l’AI nell’attività professionale. Conviene quindi aggiornare lettere d’incarico e informative privacy inserendo clausole che spiegano in modo semplice l’eventuale impiego di software di intelligenza artificiale nel caso, rassicurando però che le decisioni strategiche e le valutazioni legali restano in capo all’avvocato. Questa chiarezza rafforza il rapporto fiduciario e mette il cliente in condizione di prestare un consenso informato alla modalità di svolgimento dell’incarico professionale.
- ● Uso consapevole e verifiche rigorose: Qualunque strumento di AI venga adoperato, il suo impiego deve essere criticamente supervisionato dal professionista. Non ci si può permettere un atteggiamento passivo o di eccessiva fiducia verso il risultato generato dalla macchina. È buona prassi verificare sempre l’accuratezza e la pertinenza delle informazioni fornite dall’AI, soprattutto se utilizzate in atti o pareri. Le allucinazioni e le inesattezze sono rischi concreti. Per evitarle, lo studio legale dovrebbe implementare un workflow in cui ogni output dell’AI viene riesaminato attentamente da un umano, con controlli incrociati sulle fonti. L’IA va utilizzata come bussola, non come pilota automatico.
- Policy etica interna e codici di condotta: Gli studi legali dovrebbero dotarsi di una policy interna sull’uso dell’intelligenza artificiale, in linea con i principi fissati dalla legge e dalle future linee guida degli Ordini. Una policy interna può definire quali strumenti sono autorizzati, per quali scopi, con quali misure di sicurezza e riservatezza dei dati, nonché chi è responsabile della supervisione. È utile anche prevedere un registro delle attività di AI in studio, dove annotare i casi in cui si è utilizzata l’AI e le relative modalità. Sul piano deontologico, è atteso che il Consiglio Nazionale Forense elabori linee guida etiche sull’uso dell’AI nella professione forense.
- Interazione con le Autorità e compliance normativa: La rivoluzione AI impone agli studi legali anche di rafforzare la propria compliance rispetto alle normative tecnologiche e di dialogare con le Autorità competenti. Gli studi legali dovranno dunque tenersi aggiornati su linee guida, pareri e provvedimenti emanati dalle Autorità in materia di intelligenza artificiale. In caso di utilizzo di sistemi di AI “ad alto rischio” o trattamenti di dati personali attraverso AI, potrebbe rendersi necessaria una consultazione preventiva o la predisposizione di valutazioni d’impatto specifiche. Inoltre, di fronte all’emergere di eventuali best practice o standard tecnici promossi a livello nazionale, aderirvi tempestivamente consentirà allo studio di dimostrare la propria conformità.
8. Conclusioni
In conclusione, la nuova legge italiana sull’intelligenza artificiale segna un passaggio storico per il settore legale e la giustizia, ponendo l’Italia all’avanguardia nel tentativo di governare l’AI in modo armonizzato con l’Europa ma al tempo stesso calibrato sulle peculiarità nazionali. Per gli avvocati e gli operatori del diritto si apre una fase di transizione in cui principi generali ambiziosi dovranno tradursi in pratiche quotidiane virtuose. Le sfide principali consisteranno nel mantenere la coerenza con il diritto UE, chiarire le nuove responsabilità e i doveri professionali, tutelare in modo effettivo i diritti di clienti e cittadini di fronte all’automazione e, al contempo, non frenare l’innovazione ma anzi sfruttarne le potenzialità a vantaggio della giustizia.
Il vero banco di prova sarà l’attuazione concreta di questi intenti: solo attraverso decreti legislativi ben calibrati, linee guida tecniche efficaci e un dialogo costante con gli operatori si potranno trasformare i principi della legge in strumenti regolatori tangibili ed efficaci. Gli studi legali che per primi sapranno adattarsi – aggiornando competenze, adottando policy responsabili e interagendo con il nuovo ecosistema digitale – potranno non solo evitare rischi, ma anche offrire servizi innovativi e qualificati. L’AI porta con sé incertezze ma anche opportunità: spetterà ai giuristi italiani coglierle con intelligenza umana e senso etico, continuando a garantire quella tutela dei diritti e quella fiducia nel sistema legale che costituiscono il fondamento dello Stato di diritto, anche nell’era degli algoritmi.
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