Con la sentenza n. 18563 dell’8 luglio 2025, la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione affronta una questione centrale nel sistema della protezione giuridica delle persone fragili: la possibilità per gli eredi del beneficiario deceduto di accedere integralmente agli atti del procedimento di amministrazione di sostegno. Il tema impone una riflessione sul rapporto tra privacy post mortem, tutela dell’identità relazionale e familiare, e diritti connessi alla posizione successoria, anche in chiave di controllo ex post sull’operato dell’amministratore. Per chi desidera approfondire in modo pratico ed efficace i nuovi strumenti a disposizione degli operatori del diritto, si consiglia il “Manuale pratico dell’amministrazione di sostegno”, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon.
Indice
- 1. Il rilievo giuridico dell’accesso post mortem: tra privacy e identità familiare
- 2. Il fondamento normativo dell’accesso: fonti interne e diritto dell’Unione
- 3. La posizione degli eredi e il controllo ex post sull’amministratore
- 4. La decisione della Corte e le sue implicazioni sistemiche
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1. Il rilievo giuridico dell’accesso post mortem: tra privacy e identità familiare
La pronuncia in esame prende le mosse da un caso in cui due figlie del beneficiario, all’epoca minorenni all’apertura della misura, avevano richiesto di accedere all’intero fascicolo dell’amministrazione di sostegno del padre, deceduto, al fine di valutarne le cure ricevute, ricostruire le circostanze del decesso e verificare l’operato dell’amministratore. Il rigetto dell’istanza da parte del giudice tutelare e, successivamente, del tribunale in sede di reclamo si fondava sulla presunta mancanza di un interesse giuridicamente protetto in capo alle ricorrenti e sull’estinzione del procedimento di protezione.
La Suprema Corte, ribaltando tale impostazione, valorizza il diritto all’identità relazionale e familiare, già riconosciuto dalla Corte costituzionale (sent. n. 13/1994) come componente dell’identità personale. Sebbene il diritto alla privacy cessi con la morte del titolare, permane un interesse meritevole di tutela in capo ai prossimi congiunti, funzionale alla ricostruzione della verità familiare e alla salvaguardia del patrimonio affettivo e relazionale. La Corte attribuisce rilievo autonomo alla posizione soggettiva dei parenti, in linea con l’art. 2-terdecies del Codice Privacy (D.lgs. 196/2003), che consente l’esercizio di diritti in materia di dati personali riferiti a soggetti defunti da parte di chi agisce per motivi familiari meritevoli di tutela. Per chi desidera approfondire in modo pratico ed efficace i nuovi strumenti a disposizione degli operatori del diritto, si consiglia il “Manuale pratico dell’amministrazione di sostegno”, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon.
Manuale pratico dell’amministrazione di sostegno
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2. Il fondamento normativo dell’accesso: fonti interne e diritto dell’Unione
Sotto il profilo normativo, la Corte si confronta con il limite oggettivo del GDPR, che esclude dal proprio ambito di applicazione i dati dei soggetti deceduti. Tuttavia, il legislatore nazionale ha previsto, all’art. 2-terdecies del Codice della privacy, una disciplina che consente l’accesso a tali dati da parte degli eredi o di soggetti che agiscono in nome di un interesse legittimo e giuridicamente rilevante. La norma si pone come strumento di bilanciamento tra riservatezza del defunto e diritto alla conoscenza da parte dei familiari, specie in casi in cui l’accesso sia funzionale alla tutela dell’onore, della memoria o dell’integrità morale del de cuius.
Il diritto interno, pur nel rispetto della cornice europea, riconosce quindi la possibilità di accedere alle informazioni relative alla sfera personale del defunto, a condizione che ciò avvenga in funzione della protezione di un bene giuridico attuale, come accade nel caso di chiamati all’eredità che intendano valutare il proprio subentro nella titolarità del patrimonio o sindacare condotte gestionali potenzialmente pregiudizievoli.
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3. La posizione degli eredi e il controllo ex post sull’amministratore
Oltre al profilo relazionale, la Cassazione riconosce la legittimazione degli eredi a ottenere l’accesso anche in quanto titolari di un interesse patrimoniale diretto. In qualità di chiamati all’eredità, essi possono esercitare poteri di verifica e di impugnazione relativi agli atti compiuti dall’amministratore di sostegno. In tale prospettiva, l’estinzione della misura non esclude il controllo successivo sull’operato dell’amministratore, né fa venir meno eventuali profili di responsabilità ai sensi degli artt. 382, 387 e 411 c.c.
La Corte richiama la giurisprudenza di legittimità (Cass. 9470/2000; 4029/2022; 35680/2023), secondo cui gli atti dell’amministratore di sostegno restano sindacabili anche dopo la cessazione della misura, in virtù del principio generale di responsabilità gestoria e della trasmissibilità delle relative azioni in sede successoria. Il diniego di accesso opposto dai giudici di merito si fondava, pertanto, su un’erronea concezione della posizione successoria come mera aspettativa, anziché come fonte di un interesse attuale e azionabile.
4. La decisione della Corte e le sue implicazioni sistemiche
Con la sentenza n. 18563/2025, la Cassazione accoglie il ricorso, cassa la pronuncia impugnata e decide nel merito ai sensi dell’art. 384, comma 2, c.p.c., riconoscendo il diritto delle ricorrenti ad accedere integralmente agli atti dell’amministrazione di sostegno del padre, inclusi quelli inerenti alla fase decisoria e alla gestione ordinaria e straordinaria. La pronuncia afferma in modo netto che la tutela dell’identità e della dignità familiare del defunto, unita all’interesse patrimoniale degli eredi, prevale sull’invocata esigenza di riservatezza, non più attuale.
Il decisum si colloca in una prospettiva evolutiva del diritto successorio e della protezione dei dati personali, nella quale le relazioni familiari assumono valenza giuridica autonoma anche dopo la morte, e in cui il principio di trasparenza della gestione dell’amministratore di sostegno viene riaffermato con forza. Si tratta di un indirizzo destinato ad avere ricadute sistemiche nella prassi dei giudici tutelari e nella gestione contenziosa dei rapporti tra eredi e amministratori, valorizzando il ruolo attivo della famiglia nel presidio degli interessi del soggetto vulnerabile, anche oltre la vita.
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