L’esperienza applicativa ha fatto emergere alcune problematiche ricorrenti nella gestione delle divisioni endoesecutive, offrendo anche soluzioni attraverso prassi consolidate. Una delle questioni più comuni riguarda il coordinamento tra giudizio di divisione e procedura esecutiva in caso di eventi sopravvenuti. Per approfondimenti sul tema, abbiamo pubblicato il volume La divisione endoesecutiva dei beni immobili, disponibile sullo Shop Maggioli e su Amazon.
Indice
1. Problematiche generali emerse nella prassi
Ad esempio, può accadere che durante il giudizio di divisione endoesecutiva il debitore esecutato paghi integralmente il creditore procedente o comunque quest’ultimo perda interesse a proseguire. In tale ipotesi, come evidenziato dalla Cassazione, il giudizio divisorio non può proseguire d’ufficio: se non subentrano altre parti legittimate (altro creditore intervenuto munito di titolo, comproprietario, ecc.), esso si estinguerà.
Nella prassi, pertanto, i creditori intervenuti nell’esecuzione (ad esempio altri creditori chirografari del debitore) monitorano l’andamento del giudizio divisorio e, in caso di venir meno del procedente originario, si attivano per assumere la titolarità dell’azione divisoria, evitando che lo scioglimento della comunione resti incompiuto e l’esecuzione si estingua senza risultato. Allo stesso modo, i comproprietari non debitori a volte preferiscono prendere l’iniziativa (se il creditore desistesse), pur di ottenere la divisione e scongiurare il ritorno allo status quo ante (che li lascerebbe in comunione col debitore o esposti a un nuovo pignoramento). Per approfondimenti sul tema, abbiamo pubblicato il volume La divisione endoesecutiva dei beni immobili, disponibile sullo Shop Maggioli e su Amazon.
La divisione endoesecutiva dei beni immobili
Soluzioni di Diritto è una collana che offre soluzioni operative per la pratica professionale o letture chiare di problematiche di attualità. Uno strumento di lavoro e di approfondimento spendibile quotidianamente. L’esposizione è lontana dalla banale ricostruzione manualistica degli istituti ovvero dalla sterile enunciazione di massime giurisprudenziali. Si giunge a dare esaustive soluzioni ai quesiti che gli operatori del diritto incon- trano nella pratica attraverso l’analisi delle norme, itinerari dottrinali e giurisprudenziali e consigli operativi sul piano processuale. Il volume si propone come strumento operativo per avvocati, professionisti delegati e operatori del settore delle esecuzioni immobiliari che intendano affrontare con competenza le questioni più complesse della divisione endoesecutiva, uno snodo cruciale nell’attuale esecuzione forzata immobiliare. Dalle fasi preliminari del pignoramento alla gestione del giudizio divisionale, dall’intervento degli ausiliari del giudice fino alla formazione del piano di riparto, l’opera guida il lettore lungo un percorso completo e approfondito.Il testo è arricchito da un formulario ragionato e dalla selezione delle pronunce giurisprudenziali più rilevanti, offrendo un valido supporto teorico e pratico all’attività professionale. Maria Teresa De LucaAvvocato cassazionista. Si occupa di diritto civile e, in particolare, di diritto bancario ed esecuzioni immobiliari. Svolge la funzione di Professionista delegato alle vendite immobiliari presso il Tribunale di Taranto. Autrice di volumi e contributi su riviste giuridiche e portali online.
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2. La divisione in natura e le problematiche di conguaglio
Un’altra casistica frequente concerne le modalità di attuazione della divisione in natura. Sebbene rara (molti beni non sono comodamente divisibili senza perdita di valore), vi sono situazioni in cui l’immobile pignorato può essere frazionato in lotti.
In tal caso il giudice, con l’ausilio di un CTU, elabora un progetto di divisione attribuendo a ciascun comproprietario uno o più lotti di valore corrispondente alle rispettive quote. Se uno dei lotti assegnati spetta al debitore esecutato, solo tale porzione verrà venduta nell’esecuzione, mentre le porzioni assegnate agli altri comproprietari restano nelle loro mani libere da vincoli. Questa soluzione, ideale quando praticabile, evita del tutto di coinvolgere la quota dei contitolari nella vendita forzata.
Un problema pratico può sorgere però qualora i lotti individuati non abbiano esattamente lo stesso valore delle quote ideali (cosa frequente): in sede di divisione andranno previsti dei conguagli in denaro tra i condividenti. Se al condividente-debitore viene assegnata una porzione di valore eccedente la sua quota, egli dovrebbe versare un conguaglio agli altri (il che è irrealistico se è insolvente); viceversa, se la porzione del debitore vale meno, saranno gli altri a dovergli versare la differenza.
Appare evidente che in un contesto esecutivo tali conguagli dovranno essere regolati nel piano di riparto finale: ad esempio, se i comproprietari non debitori risultano debitori di conguaglio verso l’esecutato, quella somma potrà essere direttamente destinata ai creditori procedenti, riducendo l’importo che costoro dovranno riscuotere dalla vendita della porzione pignorata. Questa materia, complessa, è in parte rimessa alla sensibilità del giudice e degli ausiliari, che devono predisporre un progetto equo e tecnicamente solido.
3. Creditori terzi e riparto finale
Ulteriori problematiche si sono riscontrate sul fronte del coordinamento con creditori terzi. Se sul bene comune o sulla quota del comproprietario non debitore gravano ipoteche o pignoramenti a favore di altri creditori (ad esempio creditori personali del comproprietario non esecutato), essi devono essere coinvolti.
In base al principio della pubblicità degli atti esecutivi, il delegato alla vendita dell’intero immobile dovrà notificare l’avviso di vendita anche ai creditori ipotecari del comproprietario e agli eventuali pignoranti sul medesimo bene, equiparandoli ai creditori dell’esecutato: infatti la vendita forzata dell’intero esplica effetto purgativo verso tutti i gravami, sicché i creditori iscritti (anche se riferiti alla quota altrui) hanno diritto di intervenire per veder soddisfatte le proprie ragioni sul riparto.
Diversamente, i creditori chirografari del comproprietario non debitore – non avendo vincoli sul bene pignorato – non possono partecipare al processo esecutivo in corso, dovendo piuttosto eventualmente pignorare il ricavato spettante al loro debitore all’esito della vendita. Questa distinzione, evidenziata dalla giurisprudenza di merito, fa sì che nel piano di riparto finale il comproprietario non debitore riceva il suo “controvalore” al netto solo di eventuali garanzie reali iscritte sulla sua quota, mentre rimane estraneo alle pretese di creditori non garantiti (i quali dovranno agire separatamente).
Si tratta di accorgimenti tecnici che i professionisti delegati e i giudici devono ben conoscere per evitare errori nella distribuzione delle somme.
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4. Spese di divisione e rimborso
Infine, merita menzione la questione delle spese di divisione e del loro recupero. Nella prassi, le spese del giudizio divisorio (onorari del notaio o del CTU, eventuali compensi legali se liquidati, ecc.) vengono anticipate in genere dal creditore-attore (cioè dal creditore procedente che ha promosso la divisione).
Al termine, se le spese sono poste a carico della massa, il creditore anticipatario ha diritto di ripetere pro quota tali esborsi dal ricavato complessivo prima che questo sia distribuito ai condividenti o ai creditori. In pratica, nel progetto di riparto dell’esecuzione si accantoneranno le somme necessarie a rifondere al creditore procedente le spese di divisione da lui sostenute in anticipo, suddividendole tra tutti i condividenti secondo le proporzioni stabilite (salvo appunto i casi di condanna specifica per eccessi).
Questa modalità garantisce che il creditore procedente non sia penalizzato per aver intrapreso la divisione nell’interesse comune, ma al contempo che anche i comproprietari contribuiscano ai costi di un giudizio che ha comunque risolto la comunione a loro beneficio.
5. Prospettive di riforma e criticità residue
Nonostante la disciplina della divisione endoesecutiva sia oggi abbastanza delineata, permangono alcune questioni aperte e spunti di riflessione per possibili interventi riformatori.
Un primo profilo riguarda la durata dell’intera operazione: l’introduzione di un giudizio di divisione nell’ambito dell’esecuzione immobiliare può dilatare in modo significativo i tempi di soddisfazione dei creditori. Il legislatore, con la riforma Cartabia, ha già mostrato attenzione al problema riducendo da 6 a 3 mesi il termine massimo per la riassunzione del processo esecutivo sospeso, ma tale misura interviene dopo che il giudizio divisorio si è concluso. Rimane quindi il tema di come accelerare il giudizio di divisione in sé.
Alcune proposte dottrinali auspicano un maggiore utilizzo di strumenti conciliativi o arbitrali nella fase divisoria, ad esempio incentivare accordi di divisione tra comproprietari (magari mediante mediazione delegata dal giudice), così da evitare di giungere a una sentenza. Un accordo ratificato dal G.E. potrebbe sciogliere la comunione più rapidamente.
In alternativa, si è ipotizzato di attribuire al professionista delegato maggiori poteri già nella fase della divisione: il notaio delegato potrebbe essere autorizzato a tentare una composizione bonaria tra i condividenti o a predisporre un progetto di divisione da sottoporre al giudice per rapida approvazione.
Dal punto di vista normativo, una riforma più radicale potrebbe consistere nel semplificare il procedimento rendendo facoltativa (e non necessaria) la parentesi cognitiva. Attualmente, il G.E. deve attivare il giudizio di divisione a meno che non reputi conveniente la vendita della quota indivisa. Una norma più elastica potrebbe consentire, in taluni casi, di procedere direttamente alla vendita della quota indivisa, eventualmente con diritto di prelazione al comproprietario non debitore, senza attivare un giudizio divisorio potenzialmente antieconomico.
Tuttavia, la tutela del comproprietario non debitore – che rischia di perdere il proprio bene – esige garanzie procedurali che la divisione assicura. Pertanto, eventuali riforme dovranno bilanciare l’esigenza di celerità con quella di garantire il giusto coinvolgimento di tutti i condividenti.
6. Ambito di applicazione e coordinamento informatico
Un altro fronte critico è l’ambito di applicazione delle norme attuali. La prassi e parte della dottrina escludono le comunioni legali fra coniugi dalla disciplina degli artt. 599 ss. c.p.c., impostazione confermata dalla giurisprudenza ma non espressamente dichiarata dalla legge.
Una riforma potrebbe chiarire definitivamente la non applicabilità della divisione endoesecutiva alle comunioni ex art. 177 c.c., prevedendo una procedura ad hoc per la vendita dell’intero bene comune tra coniugi con garanzie per il coniuge non debitore (avviso, diritto al controvalore, ecc.), eliminando dubbi interpretativi e disomogeneità applicative.
Infine, si segnala la prospettiva di un coordinamento informatico tra registri delle esecuzioni e delle divisioni civili. Attualmente il giudizio divisorio è spesso gestito come fascicolo separato e non monitorato efficacemente. Sistemi informatizzati integrati faciliterebbero il controllo dei termini e il lavoro degli uffici giudiziari, prevenendo dimenticanze e disallineamenti procedurali.
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