Com’è noto, ai sensi dell’art. 456, c.c., con il decesso del proprio caro, si apre, nell’ultimo domicilio del defunto, la successione. Il Manuale Pratico per la Successione Ereditaria e le Donazioni, edito da Maggioli Editore, offre una panoramica completa e aggiornata degli aspetti giuridici e fiscali che regolano le successioni e le donazioni, ed è disponibile sullo Shop Maggioli e su Amazon.
Indice
- 1. Cenni sulla successione mortis causa
- 2. La successione dei beni digitali. I beni digitali.
- 3. I beni digitali fruibili online
- 4. Il decesso del titolare dei beni digitali ed il diritto di accesso: il contatto erede
- 5. L’erede universale: acquisto mortis causa o iure proprio e il principio della Persistenza dei diritti oltre la vita della persona fisica
- 6. L’orientamento della giurisprudenza di merito: il ricorso al provvedimento d’urgenza ex art. 700 C.p.c.
- 7. Il ricorso al decreto ingiuntivo ex art. 663 C.p.c.
- 8. Conclusioni
1. Cenni sulla successione mortis causa
Con la successione c.d. mortis causa, ovvero a causa di morte, l’erede, che sia chiamato a succedere sulla base della delazione testamentaria ovvero legittima, subentra nell’universalità dei rapporti attivi e passivi del de cuius.
Nella successione cadono tutti i beni che sono appartenuti in vita al defunto, dai beni immobili ai beni mobili, quale che sia la loro natura, sicché beni registrati e non ovvero il denaro.
Quale che sia la natura dei cespiti oggetto di successione, l’elemento prevalente è di natura patrimoniale.
Nella successione è evidente che l’elemento patrimoniale sia rilevante, poiché è fuor di dubbio che tra i beni cadenti nella successione si possono annoverare i beni immobili, mobili registrati e valori mobiliari.
Dunque, l’elemento patrimoniale acquista evidenza non escludendo, tuttavia, che nell’ambito della complessiva vicenda successoria, possano venir in rilevo anche disposizioni di carattere non patrimoniale tipiche (nomina esecutore testamentario, nomina clausola arbitrale) ovvero atipiche (disposizioni sulla sepoltura, donazione di organi). Il Manuale Pratico per la Successione Ereditaria e le Donazioni, edito da Maggioli Editore, offre una panoramica completa e aggiornata degli aspetti giuridici e fiscali che regolano le successioni e le donazioni, ed è disponibile sullo Shop Maggioli e su Amazon.
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2. La successione dei beni digitali. I beni digitali.
Eppure, dall’avvento dell’era tecnologica d’internet, tramite l’uso dello smarphone, e non solo, la nostra personalità si affaccia nel mondo digitale, rappresentato dai social network, come Instagram ovvero Facebook, per citarne alcuni.
Nell’ambito dei beni mobili, oggi possiamo annoverare anche i c.d. beni digitali.
Potremmo dire che, invero, sia lecito discutere di beni digitali in senso generale, declinandoli, poi, diversamente, secondo la modalità di fruizione.
Pensiamo, per un momento, ad un dispositivo mobile (come, per esempio, un dvd, una chiavetta usb), la quale contenga dei documenti in formati diversi, sicché leggibili in Word piuttosto che in Pdf oppure in jpeg.
Ora, in un mondo tecnologico, è facile comprendere che quei supporti possano contenere dei documenti importanti (documenti d’identità, contratti assicurativi, bancari, acquisto titoli, ecc.) oppure testimonianze della nostra vita, anche familiare (fotografie, reel, video, ecc.…).
Anche questi, dovremmo classificarli come ben mobili, anche se di formato e contenuto diverso da quelli tradizionalmente conosciuti.
In via generale, attingendo dal terzo comma dell’art. 812, C.c., apprendiamo, per sottrazione, che tutti gli altri beni, diversi, pertanto, dai beni immobili, mobili registrati, sono, per l’appunto, beni mobili.
Ebbene, tra i beni mobili, c.d. tradizionali, potremmo annoverare anche i beni digitali.
Di essi, tuttavia, credo che si dovrebbe affermarne anche una classificazione come beni digitali immateriali.
Se da un lato è pur vero che il bene che li contiene, un supporto informatico, che, come, abbiam già detto, può esser anche una chiavetta usb, è materiale, dall’altro, tuttavia, il bene che contiene, ovvero il contenuto digitale, è immateriale.
Potremmo anche offrire un’ulteriore declinazione, nel senso, cioè, che senza il bene materiale non si potrebbe fruire di quello immateriale e viceversa.
Pensiamo all’uso dello smarphone, il quale, come supporto materiale, ci consente, tra l’altro, di fruire di alcuni beni digitali tramite applicazioni, strumenti che ci consentono di connetterci, tramite internet, al fornitore ovvero prestatore di servizi digitali, talvolta dietro il versamento di un corrispettivo.
Al netto delle predette classificazioni, per aver far uso d’una definizione di bene digitale, si potrebbe ricorrere, volendo, alla descrizione offerta dall’art. 128 del Codice del Consumo, di cui al D.lgs. n. 206/2005.
Difatti, l’art. 128, nel definire il bene oggetto di tutela da parte della prefata norma, come modificato dal D.Lgs.n.170/2021, il quale, a sua volta, ha recepito la direttiva UE n. 2019/771, definisce, tra l’altro, alla lett. e), i beni digitali come “…qualsiasi bene mobile materiale che incorpora, o è interconnesso con, un contenuto digitale o un servizio digitale in modo tale che la mancanza di detto contenuto digitale o servizio digitale impedirebbe lo svolgimento delle funzioni proprie del bene (“beni con elementi digitali”)…”.
Possiamo, quindi, predicare l’esistenza di una specie di relazione di accessorietà tra il bene materiale, generalmente un supporto di tipo informatico, ma non solo, ed il bene digitale, inteso come un insieme di codici seriali numerici ovvero algoritmi che danno luogo ad un software oppure come rappresentazione informatica per immagini di foto, video, documenti.
In quest’ultimo senso, valga tener conto della definizione di documento informatico fornito dal Codice dell’Amministrazione Digitale, di cui al D.lgs. 82/2005.
L’art. 1, comma 1, lett. p), della prefata norma, definisce il documento informatico come “…la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti….”..
E, ancora, l’art. 20 della normativa in commento, definisce il valore legale del documento informatico come “…il documento informatico da chiunque formato, la registrazione su supporto informatico e la trasmissione con strumenti telematici conformi alle regole tecniche di cui all’articolo 71 sono validi e rilevanti agli effetti di legge, ai sensi delle disposizioni del presente codice…”.
3. I beni digitali fruibili online
Ciò detto, direi che per beni digitali possiamo ben intendere i “ i blog, gli articoli, gli e-book, i podcast, i webinar, i corsi online, i post sui social media, le pubblicità digitali e le presentazioni multimediali.”.
Possiamo anche riflettere sull’impatto che l’uso dei tali beni digitali ha anche nel mondo delle professioni, mediante i corsi di aggiornamento a distanza.
Possiamo definirlo, quello digitale, un nuovo mondo della connessione, dove anche le nostre memorie, i nostri affetti, possono esser espressi in un formato diverso da quello tradizionale, rappresentato da un album di fotografie.
È, quindi, ben possibile che le istantanee di un nostro evento particolare, come, per esempio, la cerimonia d’una laurea, d’un matrimonio, d’un compleanno, d’un viaggio, d’una riunione di famiglia, sia anche consacrata in un formato digitale e, poi, condivisa sui social mediante la pubblicazione di foto, video, reel, short, in formati, diversi, jpeg, mp4, ecc.
Quanti di noi, in effetti, hanno avuto modo, usufruendo dei social, di “postare” sul proprio profilo delle foto e dei video, condividendoli, poi, ma non solo, con i c.d. propri amici del profilo personale.
Bisogna anche osservare che ciò che esprimiamo con le fotografie e con i video, anche se di contenuto digitale, sono, comunque, opere del nostro ingegno di carattere creativo, come tali protette dalla normativa sui diritti d’autore. (Cfr. art. 1, ss., L.n.633/1941, mod. D.L. n. 113/2024 e dalD.L. n.131/2024).
In tal senso, si afferma che “…pur essendo l’impostazione classica del diritto ereditario imperniata sul passaggio di diritti su beni materiali e tangibili, non solo non vi sia ragione per escludere che vi debbano rientrare anche cespiti immateriali e digitali (c.d. nuove proprietà), ma, viceversa, il principio dell’universalità conduca proprio a tale conclusione. Quanto ai diritti immateriali, come il diritto d’autore, peraltro, la devoluzione in successione è pacifica da tempo e riconosciuta a livello legislativo (art. 23 L. 633/1941)”.(Trib. Civ, Como, Sez.II, Ord. del 26 luglio 2023; R.G. N. 2028/2023).
Questa considerazione ci conduce a riflettere sul fatto che quando noi accettiamo, anche nelle condizioni contrattuali che il prestatore di servizi digitali, come Instagram e Facebook, ci chiede di accettare, di condividere i nostri contenuti digitali sulle piattaforme, noi, implicitamente, autorizziamo i terzi a riprodurre, utilizzare, rielaborare, le nostre opere.
In sostanza, quando condividiamo i nostri beni digitali, implicitamente, cediamo alcuni diritti di utilizzazione anche economica delle nostre opere, anche se di formato digitale, come, per l’appunto, quello di riproduzione.
Ora, la facilità con la quale, ormai, possiamo condividere questi beni digitali, incontra, tuttavia, un limite.
Nel senso, cioè, che in tanto possiamo disporre di tali beni digitali, in quanto abbiamo la possibilità di fruirne tramite un dispositivo materiale connesso, tramite una password, ad un nostro account di un particolare social network.
Pensiamo, per un momento, a che cosa accadrebbe se non fossimo in grado di accedere ai quei beni digitali non avendo la disponibilità della password e di codici di accesso.
Nel caso di decesso del titolare dell’account collegato ad un social network, qualora non si avesse la disponibilità della password, non si potrebbero acquisire i ricordi del defunto quali fotografie e video.
Aggiungasi, che, non di rado, tramite un’applicazione installata sul device, sicché accessibile tramite la password di quest’ultimo, il defunto potrebbe essere titolare di portafogli elettronici, di conti corrente on line, di criprovalute cui accedere tramite chiavi elettroniche.
Ne consegue che la possibilità di accedervi sarebbe necessaria anche per gli eredi universali al fine di ricostruire il patrimonio del de cuius.
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4. Il decesso del titolare dei beni digitali ed il diritto di accesso: il contatto erede
Orbene, a fronte del decesso del titolare dei beni digitali, potremmo domandarci quale sia il soggetto legittimato ad accedere ai suoi dati personali presenti sugli account al medesimo intestati.
I social network, come Facebook ed Instagram, consentono al titolare dell’account la facoltà di nominare un contatto erede.
Si tratta di un soggetto, nominato dal titolare dell’account, al quale quest’ultimo attribuisce il diritto di accedere ai contenuti digitali (foto, video) presenti sulla piattaforma.
Quindi, possiamo, intanto, affermare che un soggetto legittimato ad accedere ai dati sensibili del defunto è anche il contatto – erede. Il titolare dell’account, accedendo a un corretto format, può designare un beneficiario il quale, dopo il suo decesso, maturerà il diritto di accedere ai suoi beni digitali, dati sensibili, presenti sul social network.
Il beneficiario, producendo un certificato di decesso e la nomina a contatto erede, potrà, tramite la messa a disposizione di un corretto account di recupero, fruire dei beni digitali del defunto, quali, per l’appunto, foto, video e quant’altro.
In seno alla giurisprudenza di merito, si è posta la questione di come inquadrare giuridicamente la designazione di un beneficiario quale contatto erede e la risposta la quesito
è stata quella d’inquadrare la fattispecie nel contratto a favore di terzo ex art. 1411,C.c.
A tal riguardo, si afferma che “…Dal punto di vista dogmatico tale facoltà contrattuale può essere inquadrata nella fattispecie prevista dall’art. 1411 c.c. il quale prevede che “È valida la stipulazione a favore di un terzo. Salvo patto contrario, il terzo acquista il diritto contro il promittente per effetto della stipulazione. Questa però può essere revocata o modificata dallo stipulante, finché il terzo non abbia dichiarato, anche in confronto del promittente di volerne profittare….”. (Trib. Civ. Messina, Sez. I, Ordinanza del 26 aprile 2024; N.r.g..1676/2023).
Il ricorso all’istituto del contratto a favore di terzo, secondo l’anzidetta pronuncia, sarebbe unicamente finalizzato a consentire la ricostruzione del rapporto intercorrente tra il beneficiario, ossia il contatto erede, ed una nota casa di produzione di un smarphone, estensibile, tuttavia, a qualsiasi fattispecie analoga, come social network ed altre case produttrici di device.
L’inquadramento nell’alveo del contratto a favore di terzo trova la sua ragione nella circostanza fattuale che, pur non essendo parte del contratto di servizio intercorso tra il titolare dell’account ed il prestatore di servizi digitali, il contatto erede acquisisce, per effetto della designazione fatta dal defunto, il diritto di accedere ai contenuti digitali di quest’ultimo.
In tal modo, il contatto erede “…riceve una chiave univoca, generata al momento della creazione del “contatto erede” che, insieme al certificato di morte, gli permettono di inoltrare una richiesta attraverso una pagina del sito internet di (…).Nel caso in cui non sia stato nominato un “contatto erede” ma vi sia comunque un soggetto che intende accedere all’account del defunto e sia titolare del relativo diritto costui può presentare un’ordinanza del Tribunale del proprio Stato che lo dichiari “erede legittimo delle informazioni personali” del de cuius…”.(Trib. Civ. Messina, Sez. I, Ord. del 26 aprile 2024, cit.).
Nel caso in cui non sia stato nominato un “contatto erede”, ma vi sia comunque un soggetto che intende accedere all’account del defunto e sia titolare del relativo diritto costui può presentare un’ordinanza del Tribunale del proprio Stato che lo dichiari “erede legittimo delle informazioni personali” del de cuius.
Eppur, tuttavia, il diritto del contatto erede di accedere ai contenuti digitali del defunto non è universale, nel senso, cioè, che questi non può disporne come proprietario, esercitando quelle facoltà che attengono all’erede universale del defunto.
E, difatti, si evidenzia che il contatto erede, seppur nei limiti sopra precisati, non sia equiparabile, sul piano giuridico, all’erede universale istituito per legge ovvero per testamento, destinato, pertanto, a succedere, universalmente, in tutti i rapporti patrimoniali del de cuius.
Il conflitto che potrebbe generarsi tra il contatto erede e il successore universale, il vero erede del defunto chiamato all’eredità, si risolverebbe in favore di quest’ultimo, nel senso, cioè, che sarebbe soltanto l’ereditando a esercitare il dominio assoluto su tutti i beni caduti in successione, non esclusi anche i beni digitali.
E ciò in quanto “… nessun diritto di proprietà, di godimento e di gestione dei dati e dei beni immateriali il “contatto-erede” acquisisce (…) in quanto nessuna norma dell’ordinamento giuridico gli consente di opporre il suo diritto contrattuale all’accesso ai dati a colui il quale è, per disposizione mortis causa, erede universale del de cuius e, dunque, (…) proprietario dei dati, delle informazioni e dei beni digitali un tempo appartenuti all’utente non più in vita come foto, video, contatti, messaggi di posta elettronica, post condivisi sui social ma anche account utilizzati per accedere a servizi telematici, portafogli digitali oppure criprovalute contenuti in un dispositivo di memorizzazione fisico (computer, tablet, hard disk) o virtuale (cloud)…”. (Trib. Civ. Messina, Sez. I, Ord. 26 aprile 2024; cit.).
5. L’erede universale: acquisto mortis causa o iure proprio e il principio della Persistenza dei diritti oltre la vita della persona fisica
Trattandosi dati sensibili e personali, in tanto l’erede, laddove non abbia le credenziali per accedere all’account del defunto, può agire in via giudiziaria al fine di tutelare un interesse familiare meritevole di protezione.
Da questo punto di vista, a fronte del rifiuto del prestatore dei servizi digitali ovvero della casa produttrice del device, di fornire le credenziali per consentire all’erede d’accedervi, questi potrebbe agire in forza dell’art.2, terdecies, D.lgs.n.101/2018.
L’anzidetta norma stabilisce che “….I diritti di cui agli articoli da 15 a 22 del Regolamento riferiti ai dati personali concernenti persone decedute possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell’interessato, in qualità di suo mandatario, o per ragioni familiari meritevoli di protezione. 2. L’esercizio dei diritti di cui al comma 1 non è ammesso nei casi previsti dalla legge o quando, limitatamente all’offerta diretta di servizi della società dell’informazione, l’interessato lo ha espressamente vietato con dichiarazione scritta presentata al titolare del trattamento o a quest’ultimo comunicata. 3. La volontà dell’interessato di vietare l’esercizio dei diritti di cui al comma 1 deve risultare in modo non equivoco e deve essere specifica, libera e informata; il divieto può riguardare l’esercizio soltanto di alcuni dei diritti di cui al predetto comma. 4. L’interessato ha in ogni momento il diritto di revocare o modificare il divieto di cui ai commi 2 e 3. 5. In ogni caso, il divieto non può produrre effetti pregiudizievoli per l’esercizio da parte dei terzi dei diritti patrimoniali che derivano dalla morte dell’interessato nonché del diritto di difendere in giudizio i propri interessi”.
La prefata norma consentirebbe all’erede del defunto d’accedere ai dati personali di quest’ultimo, qualora sia necessario per tutelare interessi familiari meritevoli di tutela.
Eppure, la giurisprudenza di merito, in sede di provvedimento d’urgenza, ex art. 700, C.p.c., si è domandata, alla luce della predetta norma, a qual titolo gli eredi del defunto acquisiscono il diritto di accedere ai dati personali del defunto e, indi, anche ai suoi beni digitali.
Si tratterebbe di un acquisto di un diritto, in capo agli eredi, mortis causa, sicché a titolo universale, oppure iure proprio?
La risposta che ne viene è, invero, che, in assenza di una precisa qualificazione giuridica, si dovrebbe parlare di “persistenza dei diritti oltre la vita del defunto”, atteso che “… il legislatore non chiarisce se si tratti di un acquisto mortis causa o di una legittimazione iure proprio, limitandosi a prevedere quello che la più attenta dottrina ha qualificato in termini di “persistenza” dei diritti oltre la vita della persona fisica…”. (Trib. Civ., Milano, Sez.I, Ord. del 20 giugno 2022; N. R.G. 14272/2022).
E tali diritti, i quali, per l’appunto, ai sensi del Codice della Privacy e del Reg. Ue n.679/2016 (recepito dal D.Lgs.n.101/2018) stabiliscono, in capo alla persona fisica, il diritto d’accesso, di rettifica, di limitazione, di trattamento, d’opposizione, ma anche il diritto alla cancellazione ed alla portabilità dei dati.
Nondimeno, con il decesso della persona fisica, sulla scorta di quello che è definita la persistenza dei diritti oltre la vita della persona fisica, ecco che i prefati diritti verranno, poi, esercitati dagli eredi, con i limiti anzidetti, essendo chiara la scelta normativa di dar continuità ai diritti dell’interessato deceduto, escludendo la loro decadenza per il sopraggiungere del mero decesso.
È fuor di dubbio, che il bisogno degli eredi del defunto di disporre dei ricordi del loro caro, onde coltivarne nel tempo la memoria, risponde ad un interesse fondamentale della persona, costituzionalmente tutelato ex art. 2 Cost., se in tal senso riconosciamo la famiglia quale nucleo primitivo embrione della società.
Tali oggettive ragioni sono ben rappresentate nel corpo di diverse pronunce giudiziarie laddove, tra l’altro, la domanda cautelare degli eredi è accolta considerando che “…per tentare di colmare, almeno in parte, attraverso le fotografie, i video ed ogni altro materiale presente sui devices, il senso di vuoto e l’immenso dolore che si accompagna alla prematura ed improvvisa perdita di un proprio caro, ma anche per ricostruire compiutamente l’asse ereditario del de cuius….”. (Trib. Civ., Modena, Ord. del 18 marzo 2025; N. R.G 360/2025).
L’attenzione del legislatore domestico, verso quest’aspetto, si è manifestata introducendo, rispetto al corpo normativo del Reg. UE n.679/2016, tramite il D.Lgs.n.101/2018, la norma in scrutinio.
Tanto vale sol considerando che, invero, il detto regolamento europeo, nel considerando n. 27, aveva escluso che esso potesse applicarsi ai dati personali delle persone defunte.
Vero è che la richiesta d’accesso ai dati personali del defunto, ove non fosse sorretta dalla necessità di tutelare un interesse famigliare, potrebbe esser accolta laddove sia necessario tutelare diritti patrimoniali, ai sensi del 5 comma dell’art. 2 terdecies.
In tal senso, la necessità dell’erede di conoscere se il defunto avesse o meno acceso anche una polizza vita, comporta il trattamento di dati personali, con una richiesta indirizzata alla compagnia assicurativa.
È, tuttavia, ben possibile, che il defunto, in vita, abbia preferito la non estensibilità dei suoi dati personali, anche dei suoi beni digitale, agli eredi.
La giurisprudenza, sul punto, si è espressa in modo chiaro, non valorizzando, giuridicamente, il negato consenso prestato dal defunto all’ostensibilità dei suoi dati personali agli eredi, giudicando, in tal senso, inefficace la clausola delle condizioni generali di contratto predisposte dal prestatore di servizi digitali che non siano approvate specificamente dal contraente, in quanto “…La mera adesione alle condizioni generali di contratto, in difetto di approvazione specifica delle clausole predisposte unilateralmente dal gestore nella materia de qua non appare soddisfare i requisiti sostanziali e formali espressi dalla norma richiamata, tenuto conto che le pratiche negoziali dei gestori in cui le condizione generali di contratto si radicano non valorizzano l’autonomia delle scelte dei destinatari.” (Trib. Civ. Roma, Sez. VIII, Ord. del 9 febbraio 2022; RGN 63936/2021).
L’unico soggetto legittimato a disporre, pienamente, dei predetti beni digitali, è l’erede, ossia il successore universale del defunto.
Qualora, questi non possa accedere ai contenuti digitali del defunto, perché non avendo la disponibilità della password, potrebbe ricorrere all’Autorità Giudiziaria.
Vale la pena rammentare che i beni digitali in oggetto, in quanto rappresentati da foto, video, contengono anche dati sensibili.
Alle immagini e ai video, i post, ma all’account stesso, sono riferibili i dati personali d’una persona, quelli che possiamo ben definire i dati sensibili.
Pare ragionevole riflettere sul fatto che con i beni digitali si comunicano, d’altronde, anche alcuni dei nostri dati sensibili, quali l’orientamento politico, sessuale, religioso, per esempio.
6. L’orientamento della giurisprudenza di merito: il ricorso al provvedimento d’urgenza ex art. 700 C.p.c.
Come osservato innanzi, l’erede può agire, in via giudiziaria, al fine d’ottenere la possibilità di accedere ai beni digitali del defunto.
Dal formante giurisprudenziale, emerge che l’invocata tutela è attuata tramite il ricorso al provvedimento d’urgenza, ex art. 700, C.p.c, onde consentire all’erede l’accesso ai dati personali del defunto.
Naturalmente, l’accessoai dati personali del defunto, comporta anche l’accesso ai beni digitali, come sopra descritti.
Quanto, ora, esposto, è corroborato dall’orientamento della giurisprudenza di merito, la quale, negli ultimi cinque anni, si è espressa in modo pressoché univoco.
Cosicché, in materia, ad una nota società di produzione di dispostivi mobili, oltre a determinare una penale per ogni giorni di ritardo nell’eseguire il provvedimento del giudice, è stato ingiunto di “…di fornire assistenza e di consentire immediatamente alla ricorrente l’accesso completo a tutti i dati e ai contenuti digitali presenti nell’account i-Cloud del defunto indicati in ricorso. Come richiesto dalla ricorrente, per garantire l’effettività della tutela, va disposta la fissazione di una penale per ogni giorno di ritardo nel conformarsi all’ordine del giudice. Tale penale dovrà esser applicata a decorrere dal quindicesimo giorno successivo alla notificazione della presente ordinanza…”. (Trib. Civ. Milano, Sez.II, Ord. del 27 gennaio 2025; r.g. 31394/2024).
Con ordinanza, ex art. 700, C.p.c., s’ingiunge agli eredi del professionista mandatario di cdi recuperare dal computer di quest’ultimo, la documentazione pertinente agli investimenti finanziari fatti per conto del mandante, sicché “…di rendere disponibile al perito informatico il personal computer del de cuius…”. (Trib. Civ. Reggio Emilia, Ord. del 14 giugno 2024; N. R.G. 1076/2024 ).
In merito alla ricorrenza dei presupposti dell’ordinanza ex art. 700, C.p.c., si precisa che “….Sussistente il requisito del fumus boni juris nel caso va ritenuto sussistente anche il presupposto del periculum in mora, non contestato ed anzi previsto dalle stesse condizioni generali di contratto predisposte dalla resistente che in caso di decesso dell’utente “l’Account potrà essere chiuso e tutti i contenuti al suo interno potranno essere eliminati”, sicché il tempo occorrente per la definizione del giudizio a cognizione piena potrebbe incidere irreparabilmente sull’esercizio dei diritti connessi ai dati personali del padre defunto…”( Trib. civ., Mantova, Ord. del 31 maggio 2023; N.R.G.. 1126/2023 ).
Ed, ancora, sulla sussistenza del requisito del periculum in mora, si afferma il diritto degli eredi di accedere all’account del defunto, atteso che “…sussistente anche il requisito del periculum in mora risultando dimostrato dalle condizioni del contratto di fornitura dei servizi (cfr. doc. 3 pag. 11 punto VII, lett. B) che la società, con un preavviso di trenta giorni inviato all’indirizzo e-mail associato all’account “può chiudere l’account rimasto inattivo per un (1) anno … ”. (Trib. Civ., Rovigo, Ord. del 9 febbraio 2023; R.G. 2029/2022).
Si statuisce che “…va ordinato (…) di fornire assistenza (…) nel recupero dei dati contenuti nei dispositivi smarphone appartenuti al figlio e di cui in ricorso, oltre che dei dati contenuti nell’account contrassegnato (…), nonché in ogni altro account riferibile al defunto , consentendo agli stessi l’acquisizione delle credenziali di accesso ai predetti dispositivi ed account…..” .(Trib. Civ., Catania, Sez. v, Ord. del 4 luglio 2021; N. R.G. 2021/3613 ).
Ed, infine, si afferma, con riguardo alla legittimazione di una madre, rispetto al diritto di accedere ai contenuto digitali del defunto figlio, che “…Con riferimento al caso di specie, si rileva che qui è la sola madre, qualificatasi altresì erede (ma forse non unica), in base al doc. 3, del figlio, ad agire in giudizio; cionondimeno, si ritiene, alla luce delle allegazioni contenute nel ricorso e nella memoria integrativa, e non contestate, che la stessa, agendo iure proprio, sia titolare di un interesse proprio ad esercitare i diritti già spettanti al figlio, o che comunque agisca per ragioni familiari meritevoli di protezione, circostanze tutte che inducono a ritenere sussistente il fumus boni iuris; pare utile richiamare l’intero testo dell’art. 2 terdecies d.lgs. 196/2003, aggiornato al d.lgs. 101/2018…”. (Trib. Civ., Bologna, Sez.I, Ord. del 25 novembre 2021; N. R.G. 2021/9686).
Una breve nota vale la pena riportare circa la concezione bifasica del procedimento cautelare d’urgenza ex art. 700 C.p.c.
Trattasi di un procedimento sommario a contraddittorio differito ed eventuale, in tal sede lo strumento processuale de qua, è finalizzata a ottenere dall’ingiunto l’accesso ai beni digitali del defunto.
Pertanto, salvo il reclamo avverso l’emessa ordinanza, ex art. 669, terdecies, C.p.c., l’erede potrà domandare il risarcimento degli eventuali danni subiti a seguito dell’illegittimo rifiuto opposto dal prestatore dei servizi digitali, qualora, entro 60 giorni dalla pronuncia del provvedimento cautelare, incardini il giudizio di cognizione ordinaria, ove il provvedimento d’urgenza troverà conferma, modifica o revoca dal giudice del merito.
7. Il ricorso al decreto ingiuntivo ex art. 663 C.p.c.
Dal formante giurisprudenziale, è emerso anche il ricorso allo strumento processuale del decreto ingiuntivo. Trattasi, naturalmente, di un procedimento a contradditorio eventualmente differito, da farsi valere in sede di opposizione al decreto monitorio, sicché sussumibile nell’alveo del procedimento sommario, similmente al provvedimento d’urgenza innanzi scrutinato.
Pertanto, tramite un decreto ingiuntivo telematico, ex artt. 633, 642, C.p.c., provvisoriamente esecutivo, si è ingiunto, non soltanto la riconsegna di alcuni beni, nella fattispecie anche dispositivi mobili, bensì anche le chiavi digitali per accedere agli account “…consegnare le seguenti credenziali attinenti ai servizi digitali e/o informatici della Società: credenziali di accesso all’account che fa da hosting al dominio…”.(Trib. Civ., Milano, Decreto Ingiuntivo dell’8 maggio 2024; N.R.G. 5549/2024).
Ed, ancora, sulla stessa riga, tramite decreto ingiuntivo telematico, immediatamente esecutivo, si ordina di“…consegnare le seguenti credenziali attinenti ai servizi digitali e/o informatici della Società: credenziali di accesso all’account che fa da hosting al dominio www.studio, il sito della Società…”..(Trib. Civ., Milano, Decreto Ingiuntivo telematico del 24 marzo 2024; N. R.G. 5539/2024).
8. Conclusioni
Sulla base delle superiori argomentazioni giuridiche, possiamo giungere alle seguenti brevi conclusioni.
Anzitutto, i frammenti temporali della nostra esistenza che sono consacrati in un formato digitale, rappresentano dei beni, sì, certamente, di un formato diverso da quello tradizionale, il quale, a seguito del decesso del loro autore, cade in successione.
L’erede, pertanto, qualora non abbia la possibilità d’accedervi, potrà rivolgersi al prestatore dei servizi digitali, quale detentore e custode, tramite le piattaforme digitali, dei dati del de cuius, anche di natura sensibile, oltre che dei ricordi della propria esistenza.
A fronte del rifiuto del prestatore dei servizi digitali di consentire all’erede d’accedere ai beni digitali del defunto, l’erede potrà adire l’autorità giudiziaria al fine d’ottenere al concessione di un’ordinanza che, ai sensi dell’art. 700, C.p.c., ingiunga al predetto prestatore di servizi di collaborare con il ricorrente mettendolo, indi, nelle condizioni di avere i beni digitali ereditati.
Infine, aggiuntasi, la possibilità dell’erede ovvero di chi reclami la proprietà di alcani dispositivi e di chiavi di accesso digitali, in disparte il provvedimento d’urgenza, d’agire, laddove ricorrano i presupposti, ex art. 633, C.p.c., in sede monitoria, al fine d’ottenere un’ingiunzione di consegna dei predetti beni.
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