Superbonus e revoca del decreto ingiuntivo dell’appaltatore per assenza di clausola penale e insufficienza probatoria: quando la domanda monitoria non è fondata. Per un supporto ai professionisti che si trovano ad affrontare ipotesi di contenzioso in materia di bonus edilizi ed in particolare di Superbonus 110% consigliamo il volume “Come gestire il contenzioso dei bonus edilizi -Guida pratica con 110 casi risolti”, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon. In materia, abbiamo anche organizzato il Master in diritto condominiale – Responsabilità dell’amministratore, gestione dei conflitti e casi pratici
riferimenti normativi: artt. 1456 c.c.
precedenti giurisprudenziali: Cass. civ., Sez. II, Sentenza del 22/03/2017, n. 7313
Indice
1. La vicenda: revoca del decreto ingiuntivo dell’appaltatore
La vicenda si sviluppa all’interno di un complesso rapporto contrattuale tra un condominio e una ditta appaltatrice, incentrato su due interventi edilizi distinti: uno per il rifacimento delle facciate finanziato tramite Bonus 90%, l’altro per la riqualificazione energetica agevolata tramite Superbonus 110%. Entrambi gli interventi erano regolati da contratti (stipulati tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022 per un valore complessivo significativo) che prevedevano espressamente l’impegno del condominio in qualità di committente a occuparsi di tutti gli adempimenti tecnici e amministrativi necessari all’avvio e all’autorizzazione dei lavori.
I contratti contenevano una clausola risolutiva espressa che attribuiva all’impresa il diritto di sciogliere l’accordo in caso di inadempienza del condominio, incluso il mancato ottenimento di permessi o autorizzazioni. A febbraio 2024, con due lettere raccomandate, l’impresa ha formalmente notificato al condominio la risoluzione del contratto per inadempimento, contestando una gestione lacunosa e carente delle pratiche necessarie all’avvio dei cantieri.
Dopo aver dichiarato la risoluzione dei contratti per presunto inadempimento del committente, l’impresa ha proceduto a quantificare i danni economici che ritiene di aver subito. Da un lato, l’appaltatore ha richiesto il risarcimento per mancato guadagno (lucro cessante), calcolato come una percentuale del valore complessivo delle opere previste ma non eseguite. Dall’altro, ha aggiunto le spese sostenute per la gestione amministrativa, come l’elaborazione delle pratiche burocratiche, l’inserimento dei dati su piattaforme telematiche legate alla cessione del credito, e l’assistenza legale necessaria per tutelare la propria posizione.
Successivamente l’impresa appaltatrice ha emesso una serie di fatture per penali e rimborsi in seguito alla risoluzione contrattuale per presunto inadempimento del committente (il condominio), fatture che sono state azionate in sede monitoria. Il condominio si è opposto al decreto ingiuntivo, domandando, in via principale, la revoca del decreto, a tal fine eccependo la nullità della clausola risolutiva espressa azionata dalla società appaltatrice, nonché la mancata pattuizione di penali per il caso di inadempimento, e, in via riconvenzionale, la risoluzione dei contratti di appalto per inadempimento della società appaltatrice e la conseguente restituzione delle somme versate. Nel giudizio si è costituita l’impresa, la quale ha domandato il rigetto dell’opposizione e la conferma del decreto ingiuntivo. Per un supporto ai professionisti che si trovano ad affrontare ipotesi di contenzioso in materia di bonus edilizi ed in particolare di Superbonus 110% consigliamo il volume “Come gestire il contenzioso dei bonus edilizi -Guida pratica con 110 casi risolti”, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon.
Come gestire il contenzioso dei bonus edilizi
Il volume, aggiornato ai più recenti orientamenti dell’Agenzia delle Entrate e giurisprudenziali, si pone come strumento di supporto ai professionisti che si trovano ad affrontare ipotesi di contenzioso in materia di bonus edilizi ed in particolare di Superbonus 110%, fornendo una comprensione chiara dei principali aspetti giuridici, fiscali e delle problematiche associate a questo ambito. Il testo offre una panoramica completa delle controversie più comuni che possono sorgere nel contesto dei bonus edilizi, come la violazione delle norme di accesso, le dispute sulla qualità dei lavori eseguiti e le questioni relative alla documentazione richiesta, analizzando i diritti e le responsabilità delle numerose parti coinvolte: committenti e appaltatori, general contractor, architetti e ingegneri, asseveratori e “vistatori”, istituti di credito e amministratori di condominio.Fabiola PietrellaDottore commercialista e Revisore legale dei conti, è CEO e socia dello Studio associato Pietrella Bruè. Già Professore a contratto presso l’Università degli Studi di Macerata, è consulente tecnico in ambito contabile, bancario e aziendale. Relatore innumerosi convegni e autrice di pubblicazioni giuridiche.
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2. La questione
Il contratto di appalto deve considerarsi validamente risolto ai sensi della clausola risolutiva espressa, in presenza della violazione dell’obbligo del committente relativo alla gestione amministrativa, senza che sia necessaria la prova della gravità dell’inadempimento ai sensi dell’art. 1455 c.c.?
3. La soluzione
Il Tribunale ha revocato il decreto ingiuntivo, ritenendo che la domanda di pagamento basata sulle fatture azionate in sede monitoria fosse priva di adeguata giustificazione contrattuale, in quanto nei due contratti di appalto non risultava espressamente pattuita alcuna clausola penale idonea a fondarne il riconoscimento. Il giudice lombardo ha notato che l’articolo 15, invocato dalla società opposta, disciplinava esclusivamente la clausola risolutiva espressa, stabilendo che, in caso di risoluzione del contratto, l’impresa dovesse restituire il cantiere libero da attrezzature e procedere alla redazione del SAL (Stato Avanzamento Lavori) per la liquidazione delle opere eseguite fino a quel momento. Viene inoltre riconosciuto, in via generale, il diritto al risarcimento dei danni causati dalla parte inadempiente, ma non si fa menzione di penali predeterminate. Il Tribunale ha rilevato che l’impresa non ha redatto alcun SAL, né ha documentato le opere eseguite, limitandosi a richiedere il pagamento di penali senza fornire alcuna prova del danno effettivamente subito. In assenza di una clausola penale, l’impresa non può beneficiare dell’esonero probatorio previsto dall’art. 1382 c.c., e pertanto avrebbe dovuto dimostrare il danno subito secondo le regole ordinarie di cui agli artt. 1218 e 2697 c.c. Come ha osservato lo stesso giudicante, l’impresa non ha fornito alcuna prova concreta né ha allegato elementi sufficienti a sostenere la propria pretesa risarcitoria, rendendo la domanda giuridicamente infondata. Il Tribunale ha ritenuto che, una volta accertata la risoluzione dei contratti per effetto della clausola risolutiva espressa, non fosse più necessario esaminare le domande riconvenzionali proposte dall’opponente.
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4. Le riflessioni conclusive
Con la clausola risolutiva espressa le parti prevedono lo scioglimento del contratto qualora una determinata obbligazione non venga adempiuta affatto o lo sia secondo modalità diverse da quelle prestabilite. Ai sensi dell’art. 1456 c.c., infatti, laddove le parti abbiano espressamente previsto che il contratto si risolva in caso di inadempimento di una specifica obbligazione, la risoluzione opera di diritto nel momento in cui la parte interessata comunica all’altra la volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa.
Tale risoluzione non può essere pronunziata d’ufficio, ma esige che la parte nel cui interesse la clausola è stata inserita, dichiari di volersene avvalere, con manifestazione volontaria recettizia che può essere resa in ogni modo idoneo, anche implicito, purché inequivocabile, ed in particolare può essere contenuta anche in un atto giudiziale, senza che ne sia in tal caso necessaria la preventiva formulazione in via stragiudiziale (Cass. civ., sez. III, 05/01/2005, n. 167). Nel caso in esame, il Tribunale ha ritenuto accertata l’avvenuta risoluzione dei contratti di appalto sulla base della clausola risolutiva espressa contenuta negli accordi stipulati tra l’impresa e il condominio. Al momento della risoluzione, le disposizioni contrattuali prevedevano che l’impresa appaltatrice procedesse alla redazione del conto finale delle opere eseguite fino a quel momento, riservandole in ogni caso la facoltà di richiedere il risarcimento dei danni derivanti dall’inadempimento della controparte. L’impresa ha formulato una richiesta di pagamento fondata su clausole penali inesistenti, senza dimostrare l’effettivo pregiudizio derivante dall’inadempimento del committente.
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