Violazioni amministrative in materia di assegni bancari e postali

Redazione 07/07/03
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di Francesco Campolo

Il Decreto Legislativo 30 dicembre 1999 n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio) ha dato attuazione alla delega contenuta nell’art. 1 della L. 25.6.1999 n. 205, trasformando la rilevanza giuridica di alcuni illeciti da penale ad amministrativa e modificandone la relativa disciplina sanzionatoria ed inserendosi in un complesso di interventi collegati alla istituzione del “giudice unico di primo grado”.

In tale contesto, il titolo V del Decreto Legislativo citato ha attuato la delega prevista dall’art. 8 L. 205/99, depenalizzando i reati di emissione di assegni senza autorizzazione (art. 1 L. 15.12.1990 n. 386) e senza provvista (art. 2 L. 15.12.1990 n. 386) e prevedendo specifiche sanzioni pecuniarie, accessorie e, ricorrendo determinati presupposti, anche interdittive.

La ratio della riforma, oltre quella intesa ad eliminare la trattazione di migliaia di procedimenti giudiziali (da uno studio condotto qualche anno addietro dal Consiglio Superiore della Magistratura è risultato che gli “assegni a vuoto” rappresentavano circa un ottavo delle sopravvenienze delle procure circondariali), è altresì quella di tentare di aumentare la fiducia del cittadino nell’utilizzo dello strumento dell’assegno, che, si ricorda, svolge un ruolo centrale nel sistema italiano dei pagamenti.

L’art. 4 della L. 386/90, come sostituito dall’art. 30 del D. Lgs. 507, individua la competenza del “Prefetto del luogo di pagamento dell’assegno” per l’applicazione delle sanzioni previste dagli artt. 1 e 2 e delle conseguenti sanzioni amministrative accessorie.

Il Legislatore ha presumibilmente rimesso al Prefetto tale competenza sia per ragioni attinenti alla tutela dell’ordine pubblico – lato sensu – sia per la generale competenza prefettizia in materia di illeciti amministrativi  (art. 17 –  comma – L. 689/81).

La giurisprudenza e la dottrina, al proposito, hanno chiarito che per “luogo di pagamento dell’assegno” deve intendersi il luogo ove ha sede l’istituto bancario ove è stato aperto il conto corrente e che ha provveduto a rilasciare il relativo blocchetto degli assegni. Mutuando dal criterio già previsto per la determinazione della competenza territoriale dell’Autorità giudiziaria in sede penale, la competenza territoriale è quindi connessa al Prefetto (ed al Giudice di Pace per gli eventuali gravami) di tale luogo.

L’art. 10-bis della L. 386/90, introdotto dall’art. 36 del D. Lgs. 507/99, ha altresì previsto l’istituzione dell’archivio informatico degli assegni bancari e postali e delle carte di pagamento irregolari, altrimenti definito “Centrale d’Allarme Interbancaria” (C.A.I.), disciplinato nella attuazione dal “Regolamento sul funzionamento dell’archivio informatizzato degli assegni bancari e postali e delle carte di pagamento”, emanato dal Ministro della Giustizia con decreto n. 458 del 7.11.2001 (G.U. n. 3 del 4.1.2002 n. 3) e dal “Regolamento sul funzionamento dell’archivio degli assegni bancari e postali e delle carte di pagamento”, emanato dalla Banca d’Italia il 29.1.2002 (G.U. n. 27 del 1.2.2002).

L’archivio C.A.I. si compone di una sezione centrale presso la Banca d’Italia e di sezioni remote presso le banche, gli uffici postali, gli intermediari vigilati emittenti carte di pagamento e le Prefetture – Uffici Territoriali del Governo ed è destinato a ricevere i dati relativi a:

  • soggetti che hanno emesso assegni privi di copertura economica ovvero in assenza della necessaria autorizzazione da parte dell’istituto bancario emittente;
  • soggetti ai quali è stato revocato l’uso della carta di pagamento (bancomat/carta di credito);
  • soggetti destinatari di sanzioni amministrative e/o penali applicate per l’emissione di assegni senza autorizzazione e/o provvista;
  • assegni segnalati smarriti, rubati o revocati;
  • carte di pagamento segnalate smarrite, rubate o revocate.

Vediamo quindi, in sintesi, le varie fasi dell’iter procedimentale relativo alla fattispecie in esame.

La “revoca di sistema”, eseguita tramite l’inserimento del nominativo del correntista (o ex correntista) nel menzionato archivio informatico, rappresenta, a buona ragione, una variante alle ipotesi sanzionatorie “ordinarie” già previste dalla normativa in materia di assegni bancari e postali (l. 15.12.1990 n. 386) prima della riforma disposta dal D. Lgs. 507/99 – artt. 28-36.

L’operatività della suddetta revoca discende infatti dalla entrata in funzione della Centrale Operativa Interbancaria (C.A.I.), già funzionalmente attivata fra la Banca d’Italia ed i vari Istituti creditizi a decorre dal mese di giugno 2002.

Probabilmente tale revoca costituisce la prima ipotesi di fattispecie sanzionatoria con efficacia generale, a carattere e di origine esclusivamente “telematico”. Infatti, l’art. 9-bis della L. 386/90 (art. 34 D. Lgs. 507/99) prescrive che: “Nel caso di mancato pagamento, in tutto o in parte, di un assegno per difetto di provvista, il trattario comunica al traente che, scaduto il termine indicato nell’art. 8 senza che abbia fornito la prova dell’avvenuto pagamento, il suo nominativo sarà iscritto nell’archivio di cui all’art. 10-bis (informatico) e che dalla stessa data gli sarà revocata ogni autorizzazione ad emettere assegni. Con la comunicazione il traente è invitato a restituire, alla scadenza del medesimo termine e sempre che non sia effettuato il pagamento, tutti i moduli di assegno in suo possesso alle banche e agli uffici postali che li hanno rilasciati”.

Il procedimento, pertanto, prende le mosse (I° punto) dalla redazione di un verbale di protesto per un assegno non potuto incassare in quanto privo della necessaria provvista. Accertata la scopertura patrimoniale, l’istituto bancario interessato (II° punto) trasmette (entro dieci giorni dalla data di presentazione del titolo all’incasso) al correntista incapiente, il c.d. preavviso di revoca (art. 9-bis L. 386/90).

Decorsi sessanta giorni dalla scadenza del termine di presentazione del titolo e comunque almeno dieci giorni dalla ricezione da parte del correntista del preavviso di revoca, la banca, in mancanza del pagamento liberatorio di cui all’art. 8 L. 386/90, inserisce (telematicamente) il nominativo del soggetto interessato nella C.A.I. Tale “iscrizione” determina un divieto immediato e generalizzato per tutte le banche e gli uffici postali d’Italia, di cambiare per un periodo di sei mesi assegni emessi dal soggetto sopra indicato, ancorché il relativo conto sia munito di provvista.

Le banche, in tal caso, protestano gli assegni con la dicitura “carenza di autorizzazione” (causale 12).

La carenza di autorizzazione, tuttavia, a differenza di quella che viene ordinariamente definita “revoca aziendale” (art. 1 L. 386/90), non deriva dall’invio al correntista di una lettera raccomandata con la quale viene data notizia della revoca della convenzione ad emettere assegni con contestuale richiesta di restituzione dei moduli in bianco, bensì discende da un ordine telematico impartito da una qualunque banca d’Italia, a seguito della redazione di un verbale di protesto per difetto di provvista e del conseguente invio del preavviso di revoca, non seguito dal pagamento liberatorio.

Appare necessario ed utile, quindi, che la Prefettura riceva la notizia del protesto di un assegno per “difetto di autorizzazione” (su revoca di sistema) con l’ulteriore e specifica informazione, oltre al particolare numero identificativo della causale del protesto, anche delle altre notizie che concernono la banca che ha provveduto all’iscrizione C.A.I. ed all’assegno emesso in difetto di copertura cui non ha fatto seguito il pagamento liberatorio nei termini di legge.

La susseguente “contestazione degli estremi della violazione amministrativa”, da eseguirsi, si rammenta, entro il termine perentorio di novanta giorni dalla ricezione della documentazione (art. 8-bis – III comma – L. 386/90), comporterà l’avvio di un procedimento sanzionatorio a carico di Tizio, per avere il medesimo emesso l’assegno n. xxxxxxx, della banca xxxxx, senza l’autorizzazione della banca trattaria.

Tale specifica dizione, tuttavia e per evidenti motivi, è imprecisa, poiché la banca trattaria che ha rilasciato quel determinato assegno, poi protestato, potrebbe non aver mai revocato l’autorizzazione al traente, ma è stata costretta a protestare l’assegno a causa della valenza generalizzata di una revoca (di sistema) attuata da un’altra banca (per esempio: con sede in Lombardia o Sardegna).

Proprio per evitare facili opposizioni e ricorsi, è necessario pertanto porre particolare attenzione ai protesti emessi per difetto di autorizzazione. Il provvedimento prefettizio dovrà contenere i riferimenti alla revoca di sistema e l’indicazione –almeno- della banca che l’ha attuato.

Eventuali conseguenze:

la contestazione degli estremi della violazione di cui all’art. 1 l. 386/90 (non è possibile procedere alla contestazione ex art. 9-bis) non consente, in quanto la legge non lo prevede, di dichiarare l’improcedibilità dell’iter sanzionatorio per l’intervenuto e tempestivo pagamento satisfattivo (cfr. art. 8 l. 386/90 che prevede siffatta possibilità solo per l’ipotesi di assegni emessi in difetto di provvista).

            Tuttavia, nella ipotesi di revoca di sistema (cui consegue la contestazione della violazione dell’art. 1 cit.), il pagamento satisfattivo del titolo protestato per difetto di provvista (ancorché accertato successivamente alla scadenza dei termini di cui all’art. 8 ma con dichiarazione attestante il pagamento nei termini di legge), consente di interrompere il relativo procedimento e di cancellare il nominativo già iscritto nella C.A.I.

            Il provvedimento prefettizio stesso, di conseguenza, dovrebbe essere annullato (in autotutela), in caso di pagamento liberatorio dell’importo capitale (oltre penale, interessi e spese) di un assegno xxxxx emesso da una banca xxxxx e del quale, salvo esplicita dichiarazione e dimostrazione della parte interessata, l’Ufficio Territoriale del Governo rischia di non avere conoscenza.

            Sarebbe questa cioè una ipotesi, non prevista dalla legge, di annullamento di un provvedimento emesso ex art. 1 l. 386/90, a seguito della presentazione di una dichiarazione liberatoria (relativa ad un assegno diverso da quello per il quale si procede).

            La domanda che può essere posta a questo punto è la seguente: il trasgressore, cui è stata contestata la violazione dell’art. 1 su revoca di sistema, potrebbe ottenere l’annullamento dell’atto amministrativo (notifica, ingiunzione), dimostrando di aver pagato il proprio debito (nel termine di legge)?

La disciplina legislativa lo esclude, in quanto la “contestazione” nel caso di specie è per carenza di autorizzazione (v. sopra). Peraltro, nel caso in esame non esiste (può non esistere) una lettera di revoca (di quella banca), derivando il verbale di protesto da un riflesso sanzionatorio (di carattere precipuamente affittivo) imposto da una diversa banca e per un diverso assegno e che, per precetto normativo, ha efficacia generalizzata per tutto il sistema creditizio.

            In altre parole, come detto prima: le –altre- banche protestano per obbligo di legge e non per l’accertamento di specifiche responsabilità del correntista.

            L’ulteriore domanda è: siamo –comunque- in presenza di un reale “difetto di autorizzazione”, oppure no?

            La stessa Banca d’Italia dubita del mantenimento dell’esistenza della revoca aziendale (canonica – art. 1 L. 386/90), a seguito dell’avvio della disciplina di cui all’art. 9-bis, ritenendola fattispecie superata dalle mutate regolamentazioni normative.

            L’intreccio del procedimento amministrativo sanzionatorio con le procedure del sistema creditizio imporrebbe di prendere –altresì- in considerazione ulteriori problematiche, connesse, ad es., ai conti cointestati, ovvero intestati al soggetto iscritto C.A.I., a cui favore però permarrebbe la facoltà di emettere assegni per conto terzi in qualità rispettivamente di amministratore, procuratore o delegato (!).

            Ma la risoluzione delle singole vicende attiene ad aspetti particolarmente complessi che dovranno essere esaminati nelle singole circostanze contingenti.

Redazione

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