Verso una coscienza nell’Intelligenza Artificiale

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Vi è una doppia visione nell’I. A. , mentre in Oriente è vista come una possibile compagna dell’essere biologico quale è l’uomo, in Occidente si percepisce il rischio di un potenziale futuro conflitto, dove la sua dichiarata superiorità logica tenderà a soppiantare la nostra natura imperfetta piena di arcaiche pulsioni frutto quale residuato della nostra evoluzione, tendiamo quindi a proiettare su di essa le nostre emozioni, un avatar dotato sia di attrazione che repulsione, a cui noi vogliamo affidarci ma di cui al contempo diffidiamo (Berthoz).

Vi è un punto di non ritorno che fa sì che rimanga una distinzione fra I. A. e intelligenza umana, è la capacità di potere avere una coscienza fondata sulle emozioni, nel preciso momento in cui la scienza fornirà alla tecnologia i mezzi per innescare nell’I. A. tale coscienza, un fenomeno che potrà verificarsi in parte per auto-organizzazione, non sarà più possibile considerarla in “esclusivo servizio” dell’uomo acquisendo di per sé caratteristiche umane con possibili nascenti conflitti, tanto più che ormai si riconoscono alcuni diritti allo stesso mondo animale.

Si è appurato che anche nell’uomo una buona parte delle sue azioni si basano su precise regole che sono alla base di processi inconsci, circostanza che permette di risparmiare energia con azioni veloci e automatiche necessarie ai fini selettivi, la coscienza è qualcosa di successivo molto più lento che richiede nella riflessione tempo ed energia, è la coscienza che fornisce la spiegazione razionale e innesca la ricerca partendo da pochi input iniziali, se si diventa esperti sviluppando sistemi automatici per compiti particolari è la riflessione che ne fornisce la spiegazione, cerca schemi per dedurre cause, analizza le frequenze (appaiamento per frequenze) e tenta di mettere ordine nel caos facendo ipotesi sulla struttura del mondo, fornendo spiegazioni degli eventi (Gazzaniga).

In questa ricerca vengono utilizzati non solo input dal mondo esterno ma anche dallo stesso mondo interno del cervello che provvede alla loro elaborazione, causalità e casualità sono modelli complementari del mondo (Pattee) entro cui tenta di porre un ordine la nostra mente, ma la coscienza è anche il frutto di una cooperazione sociale necessaria per lo sviluppo di strutture complesse, pertanto la competizione sociale non può essere esclusiva ed è affiancata dalla necessità della cooperazione (ipotesi dell’intelligenza vigotskiana – Moll  e Tornasello), si ha quella che è stata definita come coevoluzione tra ambiente ed essere, un effetto Baldwin allargato alla coscienza (Waddington).

Si è osservato che le teorie computazionali del cervello entro cui ritrovare la coscienza non sono sufficienti, vi è un qualcosa di più dato dalla nostra consapevolezza cosciente, una teleodinamica dei processi organizzativi autogenerata nel tempo “tra i vari livelli della dinamica dei processi cerebrali” (Deacon), base per l’esperienza delle emozioni, nei limiti della logica che Godel ha evidenziato si è superata una visione puramente razionale della morale (fallacia naturalistica) e quindi della stessa coscienza che diventa pertanto una necessaria connessione di istinto, emozioni e schematizzazioni, in una visione multipla tra sé e l’esterno e dall’esterno verso il sé (Seung).

Si può definire la coscienza come “una consapevolezza di sé, la consapevolezza di essere consapevoli”  ( Kandel), in altre parole la capacità di riflettere su se stessi e sulle relative esperienze calate in un vissuto storico aventi le due caratteristiche dell’unitarietà e della soggettività (Searle, Nagel), ossia della unificazione delle singole esperienze individuali e della loro consapevolezza, ne deriva la difficoltà di formulare una definizione generale della coscienza basata sul requisito principe soggettivo dell’esperienza personale considerato l’aspetto fortemente riduzionista della scienza, pertanto, l’idea sostenuta da alcuni scienziati è che i cervelli sono automatici ma le libertà sono proprie dei singoli.

La coscienza è al contempo frutto e artefice della cultura, essa risulta il prodotto dell’esperienza ma anche il suo costruttore, determinata in parte dalla vicinanza degli altri stati di coscienza, l’esperienza è di per sé capace di modificare la stessa espressione genica, un’esperienza che può essere generata anche internamente (Marcus), nella formazione della coscienza il linguaggio gioca un ruolo essenziale sia inquadrando le idee che influenzandone il ricordo e l’aspetto modulare dello stesso risulta fondamentale nella possibilità di continue rimodulazioni, elemento necessario è quindi la sua “ricorsività” (Marcus).

Si parla non solo di manipolazione al fine di eventuali “accrescimenti genetici”, ma anche di possibili ricombinazioni tra intelligenza artificiale e biologia umana, con possibili rischi derivanti dalla complessità biologica nonché pesanti ricadute sul sistema etico (Fukuyama), tuttavia lo sviluppo dell’I. A. verrà a porre in futuro delle problematiche nel preciso momento in cui questa acquisterà la capacità di possedere elementi di coscienza, quando non solo avrà possibilità autonome ma i costituenti biologici saranno integrati nei circuiti e in essi verranno trasfusi elementi della nostra stessa coscienza, quello che è stato definito come il transumanesimo ossia la volontà umana di trascendere la propria condizione imponendo il proprio futuro, sia nell’ipotesi di trasfondersi nell’I. A. che nel semplice integrarsi (Seung).

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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