Verso l’unidimensionalità umana

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Vi è in atto nell’esistenza attuale un corto circuito tra l’innovazione tecnologica e il trionfo “tecnico” dell’allungamento biologico dell’esistere, il quale viene artefattamente scisso dall’essere, l’innovazione diventa metodo di espulsione di fatto dal circuito lavorativo anche se formalmente negato in termini giuridico/economici, l’adattamento parallelo nel progredire dell’età all’evoluzione tecnologica è solo apparente e comunque progressivamente rallentato, filtrato e supportato da terzi, ne risulta che il mantenimento in servizio di personale sempre più anziano dà luogo a due curve, l’una crescente (l’esperienza)l’altra decrescente (la capacità di adattamento), il punto di incontro costituisce il punto ottimale del massimo dell’efficienza, ossia la capacità di assorbire le innovazioni in funzione dell’ambiente circostante.

La ragioneristica sostenibilità nel breve del bilancio entra in contrasto con la capacità produttiva, intesa come puro aumento della produttività, la qualità dell’esistere e della fruibilità a dimensione umana della produzione che il suo risultato in beni e servizi trasforma in un puro aspetto quantitativo, la dimensione individuale sostenuta inizialmente contro la massa viene in realtà ad essere nel lungo periodo riassorbita in una massa indistinta di unità operativa o di consumo, l’allungamento della vita, quale sogno di una plurisecolare forma di eternità, conduce alla unidimensionalità della vita stessa e al rallentamento dell’evoluzione nel raggiungimento dell’omega in una lotta per il potere inteso come permanentemente consolidato, a seguito del venire meno delle naturali alternanze congelate nella loro dinamicità.

Qualsiasi tentativo di sovrapporre una strategia pensata alla realtà vissuta viene a scontare un “gap” di applicazione, sono gli esseri umani che ne forniscono l’adattamento con le eventuali diseconomie della perdita motivazionale, se la memorizzazione della conoscenza è nel sistema tecnologico e l’applicazione nel sistema organizzativo, è nel sistema sociale che si crea e nel sistema relazionale che si distribuisce, dove instabilità e pressioni ambientali si fondono con la soggettività delle emozioni e delle azioni razionali portando a reazioni letali, vi è un continuo influenzarsi reciproco tra organizzazioni e ambiente (Normann) in un rincorrersi tra velocità, complessità, instabilità e non prevedibilità in cui la diversità dei ruoli e dell’evoluzione biologica umana, seppure rallentata, vengono solo apparentemente confuse e rimescolate ma nella realtà continuamente evidenziate (Scappini – Ferri – Navarra, Governare l’incertezza con la leva organizzativa, 65-76, in E.&M. – SDA Bocconi, Etas, 3/2010).

L’unidimensionalità nella plurifunzionalità sociale che viene imposta al singolo, fa sì che vi sia innanzitutto un’estraniarsi psicologico dall’attività lavorativa che si estende successivamente alle altre attività sociali, un negare le varie dimensioni biologiche della vita che si risolve nel negare la propria partecipazione, d’altronde l’attenzione sugli ambienti di lavoro è più concentrata sugli aspetti fisici che sociali essendo più facile la gestione dei primi, se il licenziamento è dannoso per la salute fisica e mentale (Catalano) lo è altrettanto un forte ridimensionamento aziendale o il non riconoscere le differenze biologiche dell’età come negli orari di lavoro (Kiviamaki, Sullivan, Ferrie), viene meno il senso di controllo sulle proprie capacità e quindi l’adeguatezza; nella ciclicità tra basi culturali e razionalità economica, l’ideologia è comunque un elemento fondamentale di qualsiasi visione (Jost) che conduce a decisioni ottime solo dal punto di vista dell’osservatore, da qui nasce la difficoltà di una contemperanza, considerando che essa diventa potente elemento culturale a sostegno dell’interesse di parte (J. Pfeffer,  Costruire organizzazioni sostenibili : il fattore umano, 9 – 21, E. & M. – SDA Bocconi, Etas 1/2011).

Nella società moderna avviene un passaggio da una società gerarchicamente stratificata a una società funzionalmente differenziata, i concetti di accesso indiscriminato, universalistico, e di specificazione nel successo o insuccesso proprie per ciascun sub-sistema, induce a riconsiderare i rapporti tra le varie età dell’individuo, circostanza che si riflette nel modo di osservare parte del mondo, si crea una distinzione tra fasce di età nei singoli sub-sistemi i quali di per sé sono forniti della capacità di auto descriversi secondo differenze autoreferenziali, lo stesso uso del tempo diventa frazionato per sub-sistemi ma anche vincolante,  con la funzione di coordinare le interazioni tra gli stessi sub-sistemi, si hanno “pianificazioni temporali contingenti ma vincolanti” (Addario – Cavolini), con un moltiplicarsi di “ruoli laici” a fronte tendenzialmente di un solo “ruolo professionale”, dove tuttavia persistere la necessità di evitare la unidimensionalità dell’individuo che viene a riflettersi negli altri ruoli; a riguardo si deve considerare che è l’ambiente che rispecifica la personalità evitando una infinita autoreferenzialità (Luhmann), dando infine luogo alla necessaria complementarietà sociale dei vari ruoli.

La dimensionalità del singolo riflette in sé l’ambiente in cui è immerso nella sua multifunzionalità, in questo viene a perdersi lo stretto legame tra istituzioni pubbliche e individuo, così che l’uscita del singolo dalla massa si trasforma in un isolamento dello stesso e quindi in una perdita di certezze, dove la regola perdendo i riferimenti diventa un puro esercizio linguistico dai risultati sofistici con una disintegrazione della certezza, lo stesso Stato nel perdere la sicurezza dei propri confini “esterni” si trova nell’impossibilità di evitare il crearsi di nuovi confini “interni”, dove viene a formarsi inaffidabilità e incertezza sia nei rapporti tra cittadini che con le promesse delle classi politiche, il potere passa a un livello superiore rispetto alla semplice territorialità locale e statale, in una mancanza di rapporto con gli stessi cittadini, dove la programmazione e le decisioni risentono dell’esternalità di questo potere fluido e dai politici non controllabile, tanto che gli stessi tendono a trasformarsi in un nuovo mestiere a servizio di questo potere “esterno” ( Bauman – Bordoni, Stato di crisi, Einaudi 2015).

Si parla di capacità di ripresa, dobbiamo tuttavia considerare che negli studi di comportamento organizzativo vi è una variabile costituita dal supporto organizzativo percepito (perceived organizational support), che fa sì che nel percepire l’appoggio dell’organizzazione siamo indotti ad impegnarci, purtroppo si è manifestato un diverso concetto dato dalla percezione di una ostilità organizzativa (perceived organizational hostility), che crea sfiducia e ostilità verso l’organizzazione stessa nella quale viene meno quella capacità che è definita come “resilienza”, una fragilità che espone ulteriormente ai dictat dei poteri “esterni” (Perrone, Ora e sempre resilienza!, 3 – 7, in E. & M. – SDA Bocconi, Etas, 2/2010), dove viene meno la capacità non solo di imporre una decisione normativa ma anche l’eccezione, lo Stato vede ridurre a favore di livelli superiori la propria sovranità legislativa perdendo quel potere “teologale”che è proprio del legislatore (Baumann), così come ideato e attuato dal XVII secolo a seguito del pensiero politico di Hobbes e Bodin.

Perrone sottolinea, in un suo editoriale, la necessità di non limitarsi ad affrontare una problematica alla volta ma di alzare lo sguardo per seguire le dinamiche nel loro insieme, considerando gli effetti sistemici delle singole mosse e quindi la necessità di cercare di impostare rapporti di cooperazione stabili ma sempre paritari, infatti in ogni organizzazione multinazionale vi è comunque una tensione tra il livello accentrato del quartiere generale (headquarter) e i vari insediamenti nazionali (country), quello che può facilmente degradare sono le qualità delle decisioni e delle attività a livello locale sempre sottoposte al rischio di chiusura, in particolare nelle ipotesi di basso valore aggiunto, vi è uno stretto rapporto biunivoco tra qualità dell’economia e istituzioni, ancor più nell’epoca attuale dove gli Stati vengono a perdere parte del controllo della funzione di filtro delle frontiere, simbolo di un proprio potere supremo (V. Perrone , E il Piave smise di mormorare. Capitale straniero e sviluppo italiano, 3-9, in E. & M. – SDA Bocconi, Etas 3/2011).

Si deve considerare che una esagerata specializzazione funzionale genera nell’organizzazione schematizzazione e spersonalizzazione, con “rigidità e infedelta” a ogni livello organizzativo, l’individuo proietta in qualsiasi sua attività, da quella lavorativa a quella puramente culturale, la sua visione dell’esistenza che attualmente tende alla unidimensionalità di una tecnologia giovanile, perdendo la capacità di una sintesi, negandone al contempo l’evoluzione biologica e conducendo ad una progressiva afasia. (Rinaldi, Valorizzare le risorse umane ovvero la coerente incoerenza, 73-86, in E. & M. – SDA Bocconi, Etas, 6/2007), risultato di un incompreso “rischio ambientale”.

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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